martedì 22 giugno 2010

Bertone non ha affatto gradito i messaggi obliqui contenuti nell’autodifesa dell’arcivescovo di Napoli indagato per corruzione (Galeazzi)


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Il "caso" Propaganda Fide e l'indagine sul card. Sepe: lo speciale del blog

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Retroscena

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GIACOMO GALEAZZI

DALL’INVIATO A NAPOLI

Sepe non è un cardinale qualsiasi, dunque la preoccupazione degli attuali vertici vaticani è proporzionata all’influenza esercitata sotto il pontificato di Karol Wojtyla dall’arcivescovo ora indagato a Perugia.
Con la protezione del segretario papale Stanislao Dziwisz, infatti, ha scalato la Curia e ne conosce come pochi i segreti e gli equilibri di potere.
Sepe fa parte del ristrettissimo numero di porporati in grado di reggere l’onda d’urto del regolamento di conti tra vecchio e nuovo corso che ha già marginalizzato o messo fuori gioco «pezzi da novanta» della piramide vaticana come Camillo Ruini, Angelo Sodano e Leonardo Sandri.
Finora tutti coloro che si sono frontalmente contrapposti al Segretario di Stato, Tarcisio Bertone (che gode della totale fiducia di Benedetto XVI) sono entrati in un cono d’ombra da cui non sono più usciti e anche il Sostituto, Fernando Filoni si è di fatto allineato al braccio destro del Pontefice per quanto le loro difficoltà di collaborazione lasci aperta l’ipotesi di un imminente trasferimento alla guida di «Propaganda Fide».
Bertone non ha affatto gradito i messaggi obliqui contenuti nell’autodifesa dell’arcivescovo di Napoli indagato per corruzione: aver chiamato in causa il Pontefice e la Segreteria di Stato potrebbe costargli caro.
Il Segretario di Stato ha piazzato alla Prefettura degli affari economici della Santa Sede (messa in mezzo ieri da Sepe per l’approvazione dei bilanci durante la sua gestione del ministero delle Missioni) il fedelissimo Velasio De Paolis, prossimo commissario dei Legionari di Cristo. Da presidente della commissione cardinalizia che vigilia sulla Banca vaticana, Bertone ha disposto un’ispezione interna per conoscere gli effettivi titolari dei conti correnti e per appurare se i «Sepe-boys» abbiano personalmente o attraverso prestanome la titolarità di somme di denaro Oltretevere.
L’operazione-trasparenza sulla finanza vaticana riserverà la possibilità di aprire conti a enti e persone che siano realmente riconducibili alla Santa Sede e alla Chiesa. Niente più «tesoretti» depositati da collaboratori di dicasteri vaticani, uomini di fiducia di esponenti delle gerarchie ecclesiastiche e beneficiari di cariche onorifiche come il Gentiluomo di Sua Santità, Angelo Balducci. Oltre a spulciare i nominativi dei correntisti dello Ior, la Segreteria di Stato sta blindando anche «Propaganda Fide». Dal dicastero delle Missioni, sempre più nella bufera per l’indagine sui grandi appalti, era arrivata nei giorni scorsi alla Terza Loggia del Palazzo Apostolico un’informativa con la richiesta di poter rendere noti, attraverso i mass media, i canali di approvigionamento e l’utilizzo nel Terzo Mondo dei flussi finanziari che derivano dal patrimonio immobiliare e dalle donazioni.
Una sorta di «glasnost» mediatica in un momento nel quale rischiano di essere snaturate e infangate l’immagine e la storia di un ministero-chiave della Curia. Per far conoscere all’opinione pubblica da dove arrivano e dove vanno a finire i soldi di «Propaganda Fide» il dossier ipotizza modalità analoghe a quelle applicate dalla Cei nelle campagna sull’otto per mille. Risposta della Segreteria di Stato: tutto bloccato. Il ministero delle Missioni va complessivamente riorganizzato, i suoi vertici sono in procinto di essere cambiati e quindi non è adesso che si possono accendere i riflettori. Tanto più che la vicenda Sepe dimostra che i conti sono tutt’altro che sotto controllo: una parte consistente dei 2,5 milioni stanziati dallo Stato italiano per il restauro dello storico palazzo di piazza di Spagna (sede di «Propaganda Fide») e l’allestimento del museo dedicato alla storia dell’evangelizzazioni non sono mai entrati nelle casse della congregazione. Dunque, «prima si mettono in ordine le cose poi se ne parla».
Bertone non vuole barricate a difesa di Sepe come accadde nel 1982 nel mandato di arresto a Marcinkus per il crack Ambrosiano. Se la procura di Perugia invierà in Vaticano una rogatoria sull’attività svolta da Propaganda Fide, da parte del Tribunale vaticano, ci sarà un «atteggiamento collaborativo», conferma Piero Antonio Bonnet, giudice unico d’Oltretevere. Sull’iter che deve percorre la rogatoria, Bonnet spiega: «Queste cose avvengono per via diplomatica. I giudici inoltrano una richiesta attraverso il ministero della Giustizia che a sua volta lo gira al ministero degli Esteri, poi passa all’ambasciata poi alla nunziatura e infine arriva al tribunale vaticano dove sarà valutata». Dipende, ovviamente, «da ciò che viene chiesto, di sicuro gli organi vaticani avranno un atteggiamento collaborativo».
Basterà vedere se «c’è la competenza perché siamo di fronte a un tribunale dello Stato quindi va accertato se si tratta di qualcosa che riguarda lo Stato». Ci potrebbe anche essere «la competenza della Chiesa», però di fronte ad una rogatoria non si farà finta di nulla. In Curia ammettono la difficoltà di appigliarsi a problemi procedurali legati al possesso di un passaporto diplomatico anche se (su suggerimento del cardinale Nicora) non si rinuncia a forme concordatarie di cautela nel caso le indagini andassero troppo a fondo nei meccanismi interni di un dicastero di uno Stato, quello vaticano, che gode di sovranità propria.

© Copyright La Stampa, 22 giugno 2010 consultabile online anche qui.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Questa indicata da Galeazzi mi sembra la linea migliore che la Segreteria di Stato possa seguire. Avanti così.
Alberto

Anonimo ha detto...

Ma i giudici dello stato italiano, sono onesti e vogliono veramente fare giustizia?

Raffaella ha detto...

La magistratura fa il suo lavoro.
Inoltre ci sono organi di garanzia e ben tre gradi di processo.
R.

Caterina63 ha detto...

E' davvero triste quando un cardinale per difendersi tira in ballo un confratello....è davvero un pessimo spettacolo...

aggiungo, non in difesa, ma con l'onestà dei fatti, almeno quelli giunti a noi all'epoca attraverso le cronistorie, che Bertone all'epoca era segretario alla Congregazione per la Dottrina della Fede... sta a vedè che mo aritirano in ballo anche Ratzinger allora Prefetto....

Bertone non aveva alcun titolo per occuparsi di quegli affari di cui si occupava e si occupa la Congregazione per la Propganada Fidei, ognuno deve rispondere dei PROPRI riferimenti e non tirare in ballo gli altri...

aveva ragione ancora una volta Cristo: quando vi trascineranno nei tribunali, NON RISPONDETE, LO SPIRITO SANTO PARLERA' IN VOSTRA DIFESA....

è evidente che chi parla troppo ha troppo da giustificare...

Anonimo ha detto...

L'impostazione difensiva del Cardinale Sepe non regge perché ormai si è capito dove realmente vuole andare a parare.
Tenetevi forte!

euge ha detto...

Caro anonimo delle 17.34 anch'io credo di sapere dove Sepe vuole andare a parare!!!!!!!! sostengo la tesi di Caterina!!!!!!!!!!!!!!
SI LASCI FUORI BENEDETTO XVI DA QUESTO SCHIFO!
Chi sa di essere colpevole di tutto questo maneggio, faccia lui unaq volta tanto un " Mea Culpa" ma, non di quelli che piacciono tanto ai giornalisti di quelli che hanno un senso ed un vero fondamento di pentimento!