mercoledì 2 giugno 2010

Visita apostolica in Irlanda, nuovo intervento nella linea della fermezza voluta dal Pontefice (Mazza)


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Quello di ieri un nuovo intervento nella linea della fermezza voluta dal Pontefice. Di cui la missiva del 19 marzo è segno incontrovertibile

Salvatore Mazza

DA ROMA

Prima gli incontri, ripetuti, coi vescovi irlandesi.
Poi la Lettera alla Chiesa d’Irlan­da, densa e sofferta quanto chiara e dura, accompagnata dalle prime dimissioni di alcuni vescovi «col­pevoli » di aver sottovalutato, o co­perto, casi di abusi sessuali a dan­no di minori. E ieri l’annuncio del­la visita apostolica che, dal prossi­mo autunno, passerà al setaccio alcune diocesi e le istituzioni cat­tolica dell’isola, a completare quel­l’opera di «purificazione» così for­temente voluta e sollecitata.
Benedetto XVI continua dunque, come aveva promesso, a portare avanti la propria linea inflessibile rispetto a un problema che ha sconvolto la Chiesa d’Irlanda, e non solo quella. La nomina dei vi­sitatori apostolici – scelti, come ha sottolineato padre Federico Lom­bardi, portavoce della Santa Sede, tra «personalità di altissimo livel­lo » – è l’ultimo passo compiuto per completare quell’opera di bonifi­ca ritenuta necessaria per evitare che quei «gravissimi delitti», come li aveva definiti lo stesso Papa nel­la sua lettera, possano ripetersi in futuro.
In questo senso, la Lettera del 19 marzo scorso ha segnato un vero e proprio punto di non ritorno, a suggellare da un lato il lavoro av­viato dal Pontefice già dai tempi in cui era prefetto della Congrega­zione per la dottrina della fede e, dall’altro, a rappresentare un pun­to di riferimento preciso per tutti.
«Pentimento», «guarigione», «rin­novamento » sono, per Benedetto XVI, gli obiettivi imprescindibili, come egli stesso aveva spiegato due giorni prima della pubblica­zione della Lettera ai fedeli in piaz­za San Pietro per l’udienza gene­rale, definendo il testo un «segno della mia profonda preoccupazio­ne preoccupazione» per affronta­re «questa situazione dolorosa».
Prima di arrivare a questo, il Papa aveva voluto personalmente, e a più riprese, incontrare i presuli ir­landesi: sia per analizzare i rap­porti sugli abusi perpetrati in quel­le diocesi, sia, soprattutto, per met­tere molto bene in chiaro il punto forse più delicato: che, cioè, nes­sun tipo di tolleranza sarebbe sta­ta applicata non solo, ovviamente, per i colpevoli diretti, ma anche per qualsivoglia condiscendenza o copertura fosse stata loro accor­data in passato, da parte di chiun­que, anche da vescovi, per qual­siasi ragione. A sancire che nessun «bene maggiore» o «prudenza» de­ve distogliere dalla solidarietà alle vittime.
Il risultato è stato una se­rie di dimissioni senza precedenti da parte di vescovi, che, a riprova di come la Lettera alla Chiesa d’Ir­landa abbia un valore universale, non ha toccato solo quell’isola ma anche altre nazioni. L’ultima, ieri, la Nigeria.

© Copyright Avvenire, 1° giugno 2010

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