mercoledì 27 ottobre 2010

1974-2012: due Sinodi, la stessa missione. Da Montini a Ratzinger il cerchio si chiude (Folena)

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1974-2012: DUE SINODI, LA STESSA MISSIONE

Da Montini a Ratzinger il cerchio si chiude

Dopo 38 anni, il tema dell’assemblea dei vescovi sarà di nuovo l’evangelizzazione

UMBERTO FOLENA

E il cerchio si chiude. Dopo 38 anni, al termine di un cammino di sorprendente coerenza, si torna al punto di partenza. E non è un difetto, ma un pregio.
Il tema della prossima assemblea sinodale del 2012 sarà 'La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana'. Nel 1974 i vescovi si erano riuniti per la loro terza volta attorno a un argomento pressoché identico: 'L’evangelizzazione nel mondo moderno'.
Il cerchio si chiude e torniamo all’essenziale – al centro della fede – più ricchi e consapevoli di prima. Il numero dei praticanti, nel mondo occidentale, è calato; varie tempeste hanno scosso la nave della Chiesa; ma la navigazione lunga 38 anni di assemblee sinodali è stata coerente e ha toccato tutti i porti essenziali della fede e della pastorale: la catechesi (1977), la famiglia (1980), i laici (1987), i presbiteri (1990), i religiosi (1994), i vescovi (2001), l’eucaristia (2005) e la Parola di Dio (2008). La Parola che, ascoltata e accolta e approfondita nella catechesi vissuta e testimoniata in famiglia, laici, sacerdoti, religiosi e vescovi, riuniti attorno all’eucaristia, sono chiamati a testimoniare. Una rotta impeccabile, suggerita dal Concilio Vaticano II.
Al termine del cerchio si riparte, più consapevoli e cresciuti. E tornando indietro le sorprese non sono poche. All’assemblea del 1974 tra i relatori troviamo un certo cardinale Karol Wojtyla, l’arcivescovo di Marsiglia Etchegaray e quello di Mar del Plata Pironio, protagonisti di primo piano della Chiesa degli anni seguenti. E l’esortazione apostolica di Paolo VI, Evangelii nuntiandi, del 1975, è come se sottintendesse che l’evangelizzazione dev’essere sempre 'nuova', perché nuovo è il contesto in perenne mutamento. Già allora il Papa, traducendo le suggestioni dell’assemblea, avverte che «la rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca, come lo fu anche di altre» (20). Oggi possiamo aggiungere: altre nel passato, altre nel futuro.
Sottolinea «situazioni di scristianizzazione (...), per moltitudini di persone che hanno ricevuto il battesimo, ma vivono completamente al di fuori della vita cristiana» (52). E aggiunge concetti di straordinaria attualità: «Si è obbligati a constatare nel cuore stesso di questo mondo contemporaneo il fenomeno che diviene quasi la sua nota più sorprendente: il secolarismo» (55).
Paolo VI lo distingue dalla secolarizzazione e così descrive il «vero secolarismo: una concezione del mondo, nella quale questo si spiega da sé senza che ci sia bisogno di ricorrere a Dio, divenuto in tal modo superfluo ed ingombrante. Un simile secolarismo, per riconoscere il potere dell’uomo, finisce dunque col fare a meno di Dio ed anche col negarlo». Sembra di leggere Benedetto XVI e il legame tra i due papi, Montini e Ratzinger, appare sorprendentemente stretto.
Nuove forme di ateismo, un ateismo antropocentrico, non più astratto e metafisico ma pragmatico, programmatico e militante – prosegue Paolo VI – sembrano derivarne. In connessione con questo secolarismo ateo, ci vengono proposti tutti i giorni, sotto le forme più svariate, la civiltà dei consumi, l’edonismo elevato a valore supremo, la volontà di potere e di dominio, discriminazioni di ogni tipo».
Il cerchio si chiude. Oggi ne sappiamo di più.
Abbiamo più duramente sperimentato la disumanità di questo secolarismo che esclude Dio dal suo orizzonte, riempiendolo ora di ideologie ora di merci ora di puro e semplice potere. Il cerchio si chiude, e si riparte.

© Copyright Avvenire, 27 ottobre 2010

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