martedì 19 gennaio 2010

Il Papa in sinagoga: anche «la Sede Apostolica svolse un’azione di soccorso, spesso nascosta e discreta» (Galeazzi)


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“La Santa Sede agì in modo discreto”

GIACOMO GALEAZZI

ROMA

Abbraccia commosso il vecchio rabbino Toaff, si alza e si inchina di fronte ai sopravvissuti di Auschwitz, invoca pace in Terra Santa e si emoziona per il «dramma sconvolgente della Shoah». Benedetto XVI conquista la comunità ebraica che lo accoglie con imbarazzato rispetto chiamandolo «Signor Pontefice» e lo saluta da amico leale interrompendo con continui applausi il suo vibrante discorso. Lontano dai riflettori delle tv di tutto il mondo (550 giornalisti accreditati, inclusa Al Jazeera), il rabbino capo Di Segni chiede al Papa di aprire gli archivi religiosi sui bambini ebrei battezzati durante le persecuzioni naziste e il leader degli ebrei italiani, Gattegna gli propone una «unità di crisi» per risolvere le tensioni nei rapporti tra ebrei e cattolici.
La blindatissima visita alla Sinagoga di Roma si è svolta in un clima di grande cordialità, nonostante le polemiche della vigilia per Pio XII beato e ritorno dei lefebvriani. Il primo gesto del Papa è stato un omaggio, al Portico d’Ottavia, alle lapidi che ricordano i deportati del 1943 e il bimbo ucciso dai terroristi nel 1982.
Antigiudaismo e antisionismo accomunati nella condanna. Per Ratzinger l’Olocausto «rappresenta il vertice di un cammino di odio che nasce quando l’uomo dimentica il suo Creatore e mette se stesso al centro dell’universo». Infatti, «i potentati del Terzo Reich volevano schiacciare il popolo ebraico nella sua totalità» e «con l’annientamento di questo popolo, intendevano uccidere quel Dio che chiamò Abramo, che parlando sul Sinai stabilì i criteri orientativi dell’umanità che restano validi in eterno».
Nel Tempio Maggiore, il Papa ricorda «gli ebrei romani che vennero strappati da queste case, davanti a questi muri, e con orrendo strazio vennero uccisi ad Auschwitz». Impossibile «dimenticare i loro volti, i loro nomi, le lacrime, la disperazione di uomini, donne e bambini». Lo sterminio del popolo dell’Alleanza di Mosè, «prima annunciato, poi sistematicamente programmato e realizzato nell’Europa sotto il dominio nazista, raggiunse tragicamente il 16 ottobre 1943 anche Roma». Ma molti «rimasero indifferenti». Senza nominare direttamente Pio XII (criticato anche ieri dal presidente della Comunità Ebraica Pacifici e al cui silenzio ha fatto riferimento indiretto anche Segni) Ratzinger ha rivendicato che «molti, anche fra i cattolici italiani, sostenuti dalla fede e dall’insegnamento cristiano, reagirono con coraggio, aprendo le braccia per soccorrere gli ebrei braccati e fuggiaschi, a rischio spesso della propria vita, e meritando una gratitudine perenne». Anche «la Sede Apostolica svolse un’azione di soccorso, spesso nascosta e discreta». Una chiara difesa di Pio XII, osserva il ministro Cei della Dottrina della fede, Forte. «La memoria di questi avvenimenti deve spingerci a rafforzare i legami che ci uniscono perché crescano sempre di più la comprensione, il rispetto e l’accoglienza», esorta Benedetto XVI, ricordando che «la Chiesa non ha mancato di deplorare le mancanze di suoi figli e sue figlie, chiedendo perdono per tutto ciò che ha potuto favorire in qualche modo le piaghe dell’antisemitismo e dell’antigiudaismo». Piaghe «da sanare per sempre».
Fuori protocollo uno dei reduci gli ha consegnato una lettera. «Abbiamo le stesse radici ma non ci conosciamo - evidenzia Benedetto XVI -. La dottrina del Concilio Vaticano II ha rappresentato per i cattolici un punto fermo a cui riferirsi costantemente nell’atteggiamento e nei rapporti con il popolo ebraico, segnando una nuova e significativa tappa». Il Concilio «ha dato un decisivo impulso all’impegno di percorrere un cammino irrevocabile di dialogo, di fraternità e di amicizia». Una prospettiva che si è «approfondita e sviluppata in questi quarant’anni con passi e gesti importanti e significativi». Momenti importanti, la visita di Wojtyla alla stessa sinagoga, il suo viaggio in Terra Santa, nonché le visite che Ratzinger ha compiuto alle sinagoghe di Colonia e New York, ad Auschwitz e in Israele.

© Copyright La Stampa, 18 gennaio 2010

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