lunedì 18 gennaio 2010

Il Papa: «Antisemitismo e antigiudaismo. Queste piaghe siano sanate per sempre» (Bobbio)


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Il Papa: «Antisemitismo e antigiudaismo. Queste piaghe siano sanate per sempre»

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«Dal Concilio un decisivo impulso». E sulla Shoah: «Intendevano uccidere il Dio di Abramo, il Dio comune»

Alberto Bobbio

Il canto mette i brividi sotto queste luci. I volti dei sopravvissuti allo sterminio si rigano di poche lacrime e di severità. Benedetto XVI ha appena finito di parlare. Ora in piedi si ascolta questo canto, che intreccia lamenti e inchioda la coscienza.
Era il canto che i deportati intonavano andando verso la morte nei lager nazisti. Nessuna memoria è più struggente. Nessuna memoria serve come questa a non dimenticare. Benedetto XVI scende dall'auto nera in un tramonto livido accanto al Portico d'Ottavia.
S'inchina davanti alla lapide che ricorda il giorno tragico della deportazione degli ebrei di Roma. Accompagna con la mano la deposizione di un gran mazzo di fiori rossi, mentre Marcello Pezzetti, direttore del museo della Shoah di Roma, riepiloga in tedesco quegli avvenimenti. Ma c'è un'altra violenza da ricordare. Pochi passi a piedi verso un'altra lapide, altro dolore, la morte per mano di terroristi palestinesi di un bambino di due anni, il piccolo Stefano Taché. Altri fiori, bianchi. La storia del popolo ebraico attraversa confini drammatici, le guerre della Bibbia, l'antisemitismo e l'antigiudaismo dei secoli. Fino alla richiesta di perdono di Wojtyla, fino alla riabilitazione da parte del Concilio.
Benedetto XVI legge piano, seduto nella grande sala del Tempio Maggiore, e ribadisce: «Questa mia visita si inserisce nel cammino tracciato per confermarlo e rafforzarlo». Ripete le parole pronunciate ad Auschwitz, perché sia chiara per tutti l'analisi di quanto fecero agli ebrei i nazisti: «Con l'annientamento di questo popolo intendevano uccidere quel Dio che chiamò Abramo, che parlando sul Sinai stabilì i criteri orientativi dell'umanità che restano validi in eterno».
È il Dio comune, Dio di ebrei e cattolici, il Dio del decalogo che Joseph Ratzinger chiama il «codice etico dell'umanità» a essere ucciso ad Auschwitz, simbolo e memoria di ogni atrocità. Vale per gli ebrei, ma vale per l'intera umanità. Sono state le «ideologie terribili» affogate nell'«idolatria dell'uomo, della razza, dello Stato, che hanno portato ancora una volta il fratello a uccidere il fratello».

«Nessuno dimentica»

La Shoah, osserva Benedetto XVI, è un dramma «singolare e sconvolgente» e rappresenta «il vertice di un cammino di odio che nasce quando l'uomo dimentica il suo Creatore e mette se stesso al centro dell'universo». Dice che nessuno può dimenticare, nemmeno «i volti, i nomi, le lacrime, la disperazione» degli ebrei di Roma deportati.
Denuncia che molti «purtroppo rimasero indifferenti», ma molti, anche «fra i cattolici italiani, reagirono con coraggio», soccorrendo gli «ebrei braccati e fuggiaschi a rischio della propria vita e meritando una gratitudine perenne». Poi aggiunge: «Anche la Sede apostolica svolse un'azione di soccorso, spesso nascosta e segreta». Non fa nessun accenno a Pio XII, ma le sue parole sono state assai chiare e sono piaciute anche al presidente della comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici, che ha indicato come «punto comune» il riconoscimento di quella rete di protezione cattolica. Per il Papa, la memoria di allora deve servire a rafforzare e far crescere «comprensione, rispetto e accoglienza».

«Lavorare insieme»

Il Concilio è stato un «decisivo impulso» e ora, rileva Ratzinger, il «cammino è irrevocabile» riguardo a «dialogo, fraternità e amicizia». La Chiesa, ricorda il Papa, «non ha mancato di deplorare» le sue «mancanze», ha chiesto «perdono» per tutto ciò che ha potuto «favorire le piaghe dell'antisemitismo e dell'antigiudaismo». Ma a Ratzinger forse non basta ed esclama nella sinagoga: «Possano queste piaghe essere sanate per sempre».
Così ebrei e cattolici potranno lavorare insieme, per «la pace, la dignità, la libertà, i diritti dell'essere umano», per la «protezione della vita contro ogni ingiustizia e sopruso», insomma per diffondere «l'amore di Dio» e «la misericordia verso il prossimo».
Benedetto XVI la indica come una «regola» che impegna ebrei e cristiani, oggi, a esercitare «una generosità speciale verso i poveri, le donne, i bambini, gli stranieri, i malati, i deboli e i bisognosi». Ma c'è un'altra indicazione che dà il Papa, e riguarda l'impegno contro il relativismo, cioè contro la «tentazione di costruirsi altri idoli», perché «molti non conoscono Dio o lo ritengono superfluo, senza rilevanza per la vita». Ciò è un «servizio prezioso», rimarca il Papa, che ebrei e cristiani «possono offrire insieme».
L'altro campo di impegno, indicato da Benedetto XVI, è il lavoro comune per l'ambiente. Domani si riunirà a Roma proprio per approfondire l'insegnamento cattolico ed ebraico sull'ambiente, per la nona volta, la commissione mista di dialogo tra la Santa Sede e il Gran Rabbinato d'Israele. Benedetto XVI alla fine invoca pace in Terra Santa e in tutto il mondo. Poi recita in ebraico, tra la commozione di tutti, il salmo 117: «Genti tutte, lodate il Signore…».

© Copyright Eco di Bergamo, 18 gennaio 2010

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ti segnalo il commento degli amici messa in latino alla visita del santo Padre in Sinagoga :-)
Alessia