sabato 30 gennaio 2010

Il richiamo del Papa alla Rota Romana: i giudici non cedano alle richieste soggettive, l'indissolubilità va rispettata (Bobbio)


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Il Papa: "Occorre prendere atto della diffusa e radicata tendenza, anche se non sempre manifesta, che porta a contrapporre la giustizia alla carità, quasi che una escluda l’altra. In questa linea, riferendosi più specificamente alla vita della Chiesa, alcuni ritengono che la carità pastorale potrebbe giustificare ogni passo verso la dichiarazione della nullità del vincolo matrimoniale per venire incontro alle persone che si trovano in situazione matrimoniale irregolare. La stessa verità, pur invocata a parole, tenderebbe così ad essere vista in un'ottica strumentale, che l’adatterebbe di volta in volta alle diverse esigenze che si presentano" (Discorso alla Rota Romana)

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All'inaugurazione dell'anno giudiziario il monito: niente scorciatoie per essere riammessi ai sacramenti

Alberto Bobbio

Città del Vaticano
L'annullamento del matrimonio non deve essere la scorciatoia per le coppie divorziate per essere riammesse a ricevere la Comunione e il sacramento della riconciliazione, negati agli ex coniugi. Anzi, bisogna «rifuggire da questi richiami pseudopastorali».
Ieri Benedetto XVI è stato particolarmente severo parlando in Vaticano all'apertura dell'anno giudiziario della Rota Romana – l'ex Sacra Rota, riformata dal Concilio Vaticano II –, il tribunale ecclesiastico che si occupa della nullità dei matrimonio, su richieste presentate dai cinque continenti.
Le preoccupazioni dell'attuale Pontefice sono le stesse che Giovanni Paolo II aveva più volte indicato ai giudici rotali, visto che costantemente negli ultimi anni si vede crescere il numero dei pronunciamenti di nullità.
La Rota Romana è tuttavia solo un tribunale di terza istanza, che si occupa dei casi più controversi. Eppure anche qui le cause sono in aumento, come raggiungono cifre elevate gli scioglimenti dei matrimoni religiosi nei tribunali ecclesiastici delle singole diocesi.
Secondo l'«Annuarium statisticum ecclesiae», nel 2008 quasi 70 mila matrimoni sono stati annullati da una sentenza di primo grado e solo il 5 per cento delle cause finisce male per chi le chiede, cioè con una sentenza «contra nullitatem». Solo negli Stati Uniti nel 2005, ultimi dati disponibili, sono stati annullati 24 mila matrimoni, contro circa 900 sentenze a favore della validità. Di qui la preoccupazione della Santa Sede di un certo lassismo nella valutazione delle cause. Alla Rota Romana, il tribunale supremo vaticano, due anni fa – secondo i dati comparsi sull'ultimo volume delle «Attività della Santa Sede» – sono state approvate 192 cause di nullità. All'inizio del 2009 pendevano ancora circa 1.100 cause di cui 421 provenienti dall'Italia, contro le 215 di dieci anni fa. Nel 2007 le cause di nullità accertate erano state 160.
Di questi numeri in aumento si era molto preoccupato Karol Wojtyla, che già nel 1990 aveva messo in guardia i giudici circa i rapporti delicati tra pastorale e diritto per evitare che una «malintesa compassione» scadesse «in sentimentalismo, solo apparentemente pastorale». Ieri Joseph Ratzinger ha ripreso la questione rilevando che bisogna «rifuggire da richiami pseudopastorali» per cui «ciò che conta è soddisfare le richieste soggettive per giungere ad ogni costo alla dichiarazione di nullità al fine di poter superare, tra l'altro, gli ostacoli alla ricezione dei sacramenti della Penitenza e dell'Eucarestia».
Il Papa rimarca che sarebbe «un bene fittizio» per i coniugi «spianare la strada» verso i sacramenti in questo modo, perché permane il «pericolo di farli vivere in contrasto oggettivo con la verità della propria condizione personale». Il ragionamento di Benedetto XVI fa riferimento ad un dibattito in corso da tempo nella Chiesa sul rapporto tra diritto, in questo caso canonico, e misericordia. Ratzinger lo riassume nella tendenza «diffusa e radicata, anche se non sempre manifesta» che porta a «contrapporre giustizia e carità». Spiega il Papa che alcuni ritengono che «la carità pastorale possa giustificare ogni passo verso la nullità del matrimonio».
In questo caso, tuttavia, si sarebbe di fronte ad una strumentalizzazione delle verità, e ad una concezione del diritto canonico come «mero strumento tecnico al servizio di qualsiasi interesse soggettivo, anche non fondato sulla verità». Dunque i giudici devono state molto attenti a non «condiscendere ai desideri e alle aspettative delle parti», ma anche ai «condizionamenti dell'ambiente sociale». Invece devono adoperarsi se appena si vede qualche spiraglio per la riconciliazione tra i coniugi, anche inducendoli a «convalidare eventualmente il matrimonio», se già sono divorziati, e a «ristabilire la convivenza coniugale».
Il Papa ieri ha colto l'occasione anche per parlare agli avvocati, che patrocinano le cause davanti alla Rota romana e ai tribunali ecclesiastici nelle diocesi di tutto il mondo.
Anch'essi, come i giudici, devono essere guidati dalla giustizia e non fare pasticci tra giustizia e carità, evitando «con cura di assumere il patrocinio di cause che, secondo la loro coscienza, non siano oggettivamente sostenibili». In «caso di dubbio», ha precisato il Papa, il matrimonio «si deve ritenere valido fino a che non sia stato provato il contrario, altrimenti si corre il grave rischio di rimanere senza un punto di riferimento oggettivo, trasformando ogni difficoltà coniugale in un sintomo di mancata attuazione di un'unione il cui nucleo essenziale di giustizia, il vincolo indissolubile, viene di fatto negato». Tutto ciò perché, spiega il Papa, un processo e una sentenza, in questi casi, non hanno rilevanza soltanto per le parti, ma riguardano in qualche modo «il bene pubblico della Chiesa».

© Copyright Eco di Bergamo, 30 gennaio 2010

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