martedì 16 febbraio 2010

Il Papa nelle strutture della Caritas alla stazione di Roma. L' abbraccio commosso con una senzatetto (Vecchi)


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La visita

Nelle strutture della Caritas alla stazione di Roma. L' abbraccio commosso con una senzatetto. «Senza volontari non si fa niente»

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Il cardinale Vallini «Non ci siano ingiusti ridimensionamenti degli aiuti alle fasce più deboli della popolazione»

Gian Guido Vecchi

ROMA - «Vorremmo dare un senso a questo nostro saluto: noi, santità, le chiediamo di resistere alle fatiche del mondo, di ricordare che se le chiediamo di pregare per noi è perché le garantisco che noi pregheremo per lei».
La signora Giovanna legge al Papa il testo preparato dai tanti clochard, poveri, immigrati che trovano asilo nell' ostello della Caritas alla stazione Termini, «perché Dio le dia la forza di essere sereno e forte e pieno di speranza come lo siamo noi»: l' emozione, la malattia, tremano il foglio e la mano e la voce della signora, ospite storica dell' ostello, e prima delle parole del pontefice la cosa che più conta è lo sguardo commosso di Benedetto XVI, il Papa è venuto qui per dire la sua vicinanza e consolare gli «ultimi» e invece sono loro che consolano lui, gli occhi di Ratzinger si riempiono di lacrime mentre la signora, così fragile, gli dice: «Qui lei trova dolore, certamente, ma se dovesse, nel viaggio di ritorno, poter portare con lei una cosa soltanto, porti, la prego, la speranza».
La «carità», il «dono», la «gratuità». Benedetto XVI ripete i termini chiave dell' enciclica Caritas in veritate e indica ciò che qui accade come modello dei grandi «rapporti sociali, economici, politici» del pianeta: «Tutto ciò diventa sempre più urgente in un mondo nel quale, invece, sembra prevalere la logica del profitto e della ricerca del proprio interesse».
Così il Papa sorride a chi ha trovato rifugio, «sappiate che la Chiesa vi ama profondamente e non vi abbandona», e si rivolge soprattutto a Stato e istituzioni quando scandisce: «Desidero incoraggiare non solo i cattolici, ma ogni uomo di buona volontà, in particolare quanti hanno responsabilità nella pubblica amministrazione e nelle diverse istituzioni, ad impegnarsi nella costruzione di un futuro degno dell' uomo, riscoprendo nella carità la forza propulsiva per un autentico sviluppo e una società più giusta e fraterna». Il pontefice, ieri mattina, è rimasto per un' ora e ha salutato i responsabili della struttura, i medici, i farmacisti, gli oltre duecento volontari («senza volontari non si fa niente!») che fanno servizio negli ambulatori, nella mensa che serve cinquecento pasti al giorno, nell' ostello che dall' 87 ha contato un milione e duecentomila presenze. Quando parla, alle sue spalle domina una frase di don Luigi Di Liegro, il fondatore della Caritas di Roma cui è dedicato l' ostello: «Una città in cui un solo uomo soffre meno è una città migliore». Tra le autorità c' è il sindaco Alemanno, il Papa raccomanda «le zone nella nostra città dove più si avvertono le conseguenze della crisi economica e maggiori sono i rischi dell' esclusione sociale».
Per parte sua la Chiesa, «nel rispetto delle competenze dello Stato, si adopera perché ad ogni essere umano venga garantito ciò che gli spetta». E il cardinale vicario Agostino Vallini: «La Chiesa incoraggia le istituzioni perché lo stato sociale non subisca ingiusti ridimensionamenti e le fasce più deboli della popolazione non siano mortificate». Italiani, stranieri, bambini. Il Papa si avvicina a tutti, cerca di salutare tutti.
Abbraccia la signora Giovanna. E se ne va accompagnato dalle sue ultime parole: «Quando i giorni di pioggia si alterneranno ancora a quelli di sole, non pensi a noi ma anche a noi, che da qui non cessiamo di inviarle il nostro saluto fraterno, il nostro amore filiale».

© Copyright Corriere della sera, 15 febbraio 2010

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