sabato 6 febbraio 2010
Se il “fattore B” inquina la Chiesa (Vincenzo Faccioli Pintozzi)
Vedi anche:
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Ripensare il modello di sviluppo basato su profitto e individualismo: così il Papa nell'udienza all'Acea
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Se il “fattore B” inquina la Chiesa
di Vincenzo Faccioli Pintozzi
[06 febbraio 2010]
Lo spunto viene da una fonte non sospetta, che a onor del vero mette le mani avanti e spiega di «non poter confermare nulla». Ma basta la voce per mettersi a indagare su quella che, alla fine, sembra essere molto più che una diceria: dietro la querelle Vittorio Feltri - Dino Boffo (e tanti, tantissimi altri personaggi di spicco del mondo cattolico e politico italiano) ci sarebbe la mano del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Ed è questo che viene detto, in questi giorni, in Vaticano.
Ricordando che la firma del primo attacco «è sotto gli occhi di tutti». Se questa suggestione fosse vera, il nostro premier potrebbe dunque iscrivere nel taccuino dei suoi "successi" anche una spaccatura interna alla Chiesa cattolica. Realtà mai del tutto pacifica, a essere onesti, ma mai come oggi così tirata per la giacca su giornali e televisioni nazionali. Strumenti che per sua natura la Curia romana e il mondo della gerarchia cattolica non hanno mai apprezzato più di tanto; figuriamoci arrivare a usarli in quella che verrà ricordata come una guerra senza precedenti, per numero di titoli dedicati e vittime cadute sul campo. Per capire meglio è necessario riepilogare: nella calura estiva, il Giornale del neo-direttore Feltri sbatte in prima pagina un titolo a quattro colonne («Il supermoralista condannato per molestie») che sottolinea l'ipocrisia di criticare il governo quando si hanno ben altri scheletri nell'armadio. Il riferimento è ovviamente all'allora direttore di Avvenire, Dino Boffo, colpevole di aver autorizzato o persino scritto un fondo contro la morale berlusconiana.
Il "moralizzatore", come viene definito dalla penna al vetriolo di Feltri, è uno «che ha nel suo passato una torbida storia di molestie e di relazioni omosessuali».
A riprova di quanto affermato, campeggerà in pagina il giorno dopo un documento che attesta un patteggiamento fra Boffo e un nome, ovviamente secretato, che poi verrà individuato. Una brutta storia di stalking telefonico in cui rientra una liason omosessuale che si conclude con il pagamento di una sanzione pecuniaria da parte dell'allora direttore. Dopo una bufera senza precedenti, Boffo fa un passo indietro e viene sostituito dal suo vice Tarquinio, che verrà poi confermato dalla Cei sulla poltrona.
Fino a questo punto, la tesi sulla genesi dello scontro è condivisa.
L'idea generale parla di un Feltri che risponde a palle incatenate alla campagna d'odio che la stampa (di sinistra, ma anche cattolica) ha lanciato contro il suo editore. Eppure, la storia è ben lontana dall'essere conclusa: alcuni mesi dopo, e siamo ai giorni nostri, il direttore del Giornale mette in bella evidenza e in prima pagina la risposta a una lettrice che gli chiede conto dell'affaire Boffo. In sostanza, risponde Feltri, c'è stato un errore nella gestione del linciaggio mediatico: le accuse erano avallate da documenti poi rivelatisi falsi, di cui si era fatto latore «un personaggio al di sopra di ogni sospetto. Di cui bisogna istituzionalmente fidarsi».
Quel termine "istituzionalmente" suona come una campana a festa per tutti coloro che vedevano, nella brusca caduta del Boffo, una volontà esplicita della Segreteria di Stato vaticana, dominata dal cardinale salesiano Bertone. Qui entrano in gioco altri fattori di cui è necessario tenere conto: da una parte il pranzo "riparatore" offerto da Feltri al collega defenestrato, in cui è presumibile che si siano spiegati, e soprattutto la ridda di voci e controvoci che si sovrastano cercando di indicare chi e come, in Curia, abbia ordito il tutto. La tesi dominante vuole che la querelle sia nata per dirimere una "guerra fra bande": da una parte il "partito Bertone", in cui militano il cardinale e la sua Curia, il direttore dell'Osservatore Romano Gian Maria Vian e, secondo alcuni, anche un ristretto gruppo di intellettuali laici che ruotano nell'ambito del Corriere della Sera.
Dall'altra il "partito Ruini", di cui Boffo è un fedelissimo, che conta dalla sua Sandro Magister - autorevole vaticanista de L'Espresso, che ha contribuito alla rissa indicando in Vian il vero manovratore di Feltri - lo stesso cardinale ispiratore del Family Day e una parte considerevole del giornalismo di destra, che avrebbe però fallito nell'arginare gli attacchi del Giornale. La teoria della longa manus berlusconiana sembra perdersi dunque in un dedalo di tonache e ostensori, mischiati in maniera blasfema con tipografie e caffè scandenti.
Ma appena si parla con esponenti di Curia, a cui è stato garantito il totale anonimato, torna prepotentemente in prima fila.
Secondo uno dei minutanti che lavorano all'ombra del Palazzo Apostolico, infatti, «non è pensabile che l'attacco primario, quello sulla prima pagina del Giornale, sia partito senza il placet dell'editore Berlusconi. Non scordiamo che fra il premier e la Chiesa il feeling non è mai stato totale, ma meglio la versione "soft" e internazionalista di Bertone rispetto a quella più dura, e tutta italiana, di Ruini».
Secondo un quadro dirigenziale di un'importante Congregazione, quella per la Dottrina della Fede, questa è più di un'ipotesi: «Il fatto che l'eminenza grigia di Berlusconi, Gianni Letta, sia stato visto due giorni fa alle celebrazioni liturgiche sia di Bertone che di Bagnasco indica un interesse particolare. E dopo ha chiesto a entrambi un colloquio in forma privata. L'impressione è quella di una persona che deve chiarire molte cose, o che ha bisogno di un aiuto». Un prelato, conosciuto anche in ambito internazionale, non ha molti dubbi: «All'epoca dei fatti, Berlusconi disse pubblicamente di dissociarsi dalle accuse del Giornale. Un bel gesto, che ne fa un editore libero e liberista. Ma non basta a levare il sospetto che sia lui, e non un suo sottoposto, l'artefice di tutto questo. La Chiesa è scomoda, e il detto divide et impera vale anche e soprattutto per noi. Quale che sia la verità dei fatti, e spero che presto venga a galla, uno strumento in mano al premier ha ottenuto una spaccatura profonda, e soprattutto pubblica, in un campo che non gli è propriamente amico». Un risultato non da poco, considerando che da Attila in giù sono moltissimi coloro che, contro le mura vaticane, hanno finito per deporre le armi. Che stia per riuscire a Berlusconi quello che non è riuscito ad Attila?
© Copyright Liberal, 6 febbraio 2010 consultabile online anche qui.
Mah...siamo ancora nel campo delle fonti anonime.
Io credo che, come sempre, la verita' stia nel mezzo e che a molti convenga, politicamente e ecclesiasticamente, questa situazione.
R.
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7 commenti:
Io sono d'accordo, perchè non dobbiamo scordare da dov'è nato tutto ciò, compreso paragoni con Marrazzo e dimissioni di Giordano, poi ovvio questa situazione fa comodo anche all'altra parte, soprattutto per le elezioni in Lazio, ma anche per vecchie e stantie campagne(vedi scalfari e veronesi) e allora vai, poi se qualcuno in curia può anche goderci sopra perché rimosso, facciamo tris. Fuoco da tre parti sul vaticano, o meglio sul palazzo apostolico, non precisato se sull'ultimo piano o quello prima, comunque é difficile abbatterne uno senza colpire anche l'altro, speriamo il Papa sfoltisca la curia, magari togliendo un buon numero di italiani.
Max
Liberal? Alleanza Democratica? Phua!
Non credo che Berlusconi sia così stupido da scontrarsi con il Vaticano e la CEI. La tesi che sia stato l'ispiratore e la fonte instituzionale non sta in piedi, non regge al comune buon senso ed all'analisi dei fatti.
Del resto che l'armonia tra alcuni vertici della Chiesa non sia sempre stata al massimo livello, non è una novità e certamente la colpa non è attribuibile a Berlusconi
Ma certo, anche Liberal si accoda all'identificazione del nuovo satana, cui attribuire tutto e ogni male possibile.
Dopo aver inquinato le televisioni,l'Italia e gli italiani, adesso anche la Chiesa...
Intanto non è difficile trovare curiali chiacchierini, rigorosamente anonimi, a sostenere la tesi precostituita e preelettorale. Comunque se fosse vero, più che testimoniare il potere del fattore B ne testimonierebbe la stupidità. Come farsi male da soli. E d'altra parte questi signori devono pur giustificare in qualche modo l'alleanza, in Piemonte, con la pasionaria anticlericale Bresso. Alla faccia degli sbandierati "valori non negoziabili". Scusate, la troppa politica ma se questi sono i moderati...
Dimenticavo. Quanto a dividere la Chiesa certi ecclesistici ci riescono benissimo da soli senza bisogno di alcun fattore B.
Ipotesi, solo ipotesi. Valide, come tutte le altre, sino a prova contraria. La posta in gioco interna alla Chiesa è di ben altro livello.
Alessia
Concordo con Raffaella. Tanto piu' che anche molta della politica "cristiana" dei nostri tempi, è puramente di facciata ed avere un "alleato" indebolito, fa piu' comodo ai reali interessi di partito.
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