lunedì 19 aprile 2010

Vittorio Messori: Il dolore e la vergogna di cui parla il Papa vengono da autentica sofferenza, non sono certo melodramma ipocrita


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Su segnalazione di Eufemia leggiamo:

UN DOLORE VERO PER RIDARE FIDUCIA

Benedetto XVI e il silenzio dei «cattivi maestri»

di Vittorio Messori

Nessuno si aspetta che il Ministro da cui dipendono i Convitti Nazionali incontri gli «abusati» da qualche insegnante o inserviente, esprimendo «dolore e vergogna».
Altrettanto vale per gli armatori di navi, dove la sorte dei minori imbarcati è nota a tutti. Né esprimono pubblica contrizione i responsabili dello sport giovanile, dove spogliatoi e docce attraggono, com’è risaputo, anche una fauna di adulti ben prevedibile.
La pedofilia (o pederastia che sia, il limite di età è incerto e varia a seconda di gusti e culture) è presente da sempre, ovunque ci siano uomini e donne. E, spesso, è presente in modo non clandestino, è addirittura lodata e raccomandata da filosofi, come avvenne nell’antica Grecia e com’è avvenuto nel Sessantotto europeo e americano.
Il leader dei Verdi all’Europarlamento, Daniel Cohn-Bendit, il già carismatico capo della contestazione, si è vantato di avere non solo raccomandato ma praticato il sesso con i minori quando era insegnante. Mario Mieli, ideologo e iniziatore del movimento omosessuale in Italia, in un’opera di culto stampata dall’allora austera Einaudi, considerava «opera redentiva» per entrambi il sesso tra un adulto e un giovanissimo. Sartre, la de Beauvoir, Foucault, Jack Lang, il futuro ministro francese, firmarono con altri intellettuali un famoso manifesto dove — in nome della «liberazione sessuale» — esigevano la depenalizzazione dei rapporti con minori, bambini compresi.
In quei «maestri» riviveva una lunga tradizione europea. Il filosofo venerato dai giacobini, a partire da Robespierre, e dalla maggioranza dell’élite rivoluzionaria, non era certo il blasfemo Voltaire bensì l'edificante Jean Jacques Rousseau, apostolo della educazione infantile. In tutti i sensi, visto che scrisse compiaciuto di avere comprato a Venezia una bambina di 10 anni, che seppe liberarlo dalla depressione.
Eppure, malgrado i pulpiti da cui vengono tante prediche siano risibili; malgrado sia impenetrabile il silenzio di coloro che rappresentano ambiti ampiamente coinvolti; malgrado questo, Benedetto XVI continua a voler mostrare che la Chiesa «è differente», sino a umiliarsi personalmente.
A Malta ha ripetuto quanto già aveva fatto in Australia e negli Stati Uniti: incontrare alcuni di coloro che furono vittime, spesso decenni fa, delle attenzioni di religiosi «educatori». Come ha fatto nella drammatica, commovente, lettera aperta ai cattolici d’Irlanda, rifiuta di fare appello alle circostanze attenuanti o di puntare il dito su altri ricordando, come pur potrebbe, che molti giudici di oggi farebbero meglio a tacere.
Il fatto è che papa Ratzinger è del tutto consapevole che il peccato dei sacerdoti del Cristo non ha soltanto conseguenze canoniche e penali, ma ha echi metafisici. Nella prospettiva evangelica, il volto dei piccoli è quello stesso di Dio; chi dà scandalo, qui, meglio farebbe a mettersi al collo una macina da mulino e a gettarsi in un pozzo. Parola, terribile, di Vangelo. Il Papa sa con quale fiducia non solo i genitori cattolici ma, spesso, anche quelli di altre fedi e convinzioni, affidassero i figli alle istituzioni ecclesiali, ispirate all’ideale evangelico. Il tradimento di quelle attese gli pare intollerabile. Così mostra che la Chiesa, anche nella caduta, non è un luogo come altri: è un ambito dove, nell’istituzione, il peccato è presente. Ma la colpa, qui, è assai più grave che ovunque altrove, perché l’ideale è il più alto, i doveri i più pressanti, il Maestro il più esigente.
Il dolore e la vergogna di cui parla vengono da autentica sofferenza, non sono certo melodramma ipocrita. Eppure, per il paradosso evangelico, la sua umiliazione non ne sminuirà ma ne accrescerà la credibilità di guida e garante della cristianità.

© Copyright Corriere della sera, 19 aprile 2010 consultabile online anche qui.

5 commenti:

sonny ha detto...

Altra segnalazione da Via Solferino:

http://www.ilsussidiario.net/News/Politica/2010/4/19/PAPA-1-De-Bortoli-grazie-Benedetto-vero-difensore-della-ragione-laica/80526/

Anonimo ha detto...

OT, Raffa
C'è da chiedersi perché questo signore abbia ritenuto di dover scrivere al Papa e non alla Diocesi di Milano, come sarebbe stato giusto visto che è stato un l'incaricato del Card. Tettamanzi ad amministrare la comunione al premier al funerale di Vianello.
Si sta forse tentando di forzare la mano al Papa?

La Comunione del divorziato Berlusconi
Un avvocato scrive al Papa: «Mi spieghi»
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=98607&sez=HOME_INITALIA&ssez=PRIMOPIANO
Alessia

Syriacus ha detto...

Un interessante passo dell'intervista a De Bortoli segnalata da Sonny:

"C’è stato, aggiungo, uno sforzo di trasparenza che francamente alla Chiesa non è nemmeno dato. La Chiesa ha un ruolo diverso: non è chiamata a perseguire i reati e non ha un compito di magistratura civile. Abbiamo mai incolpato le istituzioni laiche e repubblicane di reati personali commessi da coloro che stanno in Parlamento, o che ricoprono pro tempore la funzione di presidente del Consiglio o della Repubblica?"

Raffaella ha detto...

Cara Alessia, ho pensato anche io la stessa cosa!
Il gentile avvocato scriva a Tettamanzi, non al Papa!
R.

Anonimo ha detto...

Comunque mi sembra che ora Berlusconi non conviva più con nessuno. La comunione non la possono ricevere i divorziati conviventi, perché del divorzio ci si può pentire, ma per la convivenza bisogna anche smetterla. Poi, anche Giuliani a New York quando fece la comunione alla messa del Papa, si beccò un rimprovere da parte del vescovo, ma nessuno si sogno di tirare in ballo il Papa. Eufemia