martedì 4 maggio 2010

La modernità di Benedetto XVI: il commento di Francesco Antonio Grana


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IL PAPA A TORINO: LE FOTO DI CRONACA QUI

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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:

La modernità di Benedetto XVI

Francesco Antonio Grana

I segreti di Fatima sono quattro. Per la Chiesa cattolica a Medjugorie appare veramente la Madonna. I sacerdoti sono tutti (o quasi) pedofili. E i vescovi, che sempre preti sono, non fanno eccezione. Il Papa è un anziano retrogrado, isolato nelle sue raffinate ricerche teologiche che non portano soluzioni concrete al mondo globalizzato che affronta una difficile crisi economica. Se ciò è vero, come spiegare allora le scrupolose verifiche di Ratzinger e Bertone con l’ultima veggente di Fatima, suor Lucia dos Santos, prima della divulgazione del terzo e ultimo segreto, voluta da Giovanni Paolo II durante l’anno giubilare 2000? Come motivare la scelta di Benedetto XVI di costituire una commissione di teologi, presieduta dal Cardinale Camillo Ruini, per indagare il fenomeno Medjugorie? Come spiegare la lettera del Papa ai cattolici irlandesi sugli abusi sessuali su minori commessi da preti pedofili? Come spiegare l’enciclica sociale di Ratzinger Caritas in veritate che affronta con chiarezza e senza scappatoie la crisi economica mondiale? Eppure c’è chi ancora attacca la Chiesa adoperando questi argomenti. La realtà è sotto gli occhi di tutti, ma sembra invisibile. Nel gravissimo problema dei preti pedofili, che Ratzinger sta affrontando con il bisturi alla mano, intervenendo con la radicalità che è propria al chirurgo quando opera un malato di cancro, c’è chi vuole coinvolgere Giovanni Paolo II e il suo processo di beatificazione. Poco importa se la verità dei documenti ufficiali affermi tutt’altro. E conta ancor meno l’importanza dei gesti compiuti da Benedetto XVI che, dopo la lettera indirizzata ai cattolici irlandesi, ha incontrato nuovamente nel suo recente viaggio a Malta alcune vittime di abusi sessuali commessi da sacerdoti. C’è chi accusa il Papa di aver fatto troppo poco, chi lo invita a chiedere scusa pubblicamente e chi vorrebbe perfino le sue dimissioni. La barca di Pietro avrà anche imbarcato tanta acqua in questi mesi, ma non affonderà di certo. Il suo timoniere invita i marinari della Chiesa, i cardinali, i vescovi e i preti di tutto il mondo, particolarmente in questo anno sacerdotale, a issare le vele e a prendere il largo. Non ha gli occhi offuscati dai fumi d’incenso Papa Benedetto. Al suo sguardo di padre e pastore non sfugge che, purtroppo, anche nella vigna del Signore c’è chi lavora perché la zizzania soffochi la crescita del grano. Del resto per il Papa teologo questa non è una scoperta. Cardinale di Curia per oltre vent’anni, aveva denunciato la sporcizia della Chiesa nelle sue ormai famosissime meditazioni per la Via Crucis al Colosseo del 2005, durante l’ultima Pasqua di Giovanni Paolo II. Mai avrebbe allora immaginato il custode della fede, che dopo soltanto venticinque giorni, i cardinali elettori, e per chi crede lo Spirito Santo, lo avrebbero scelto per la guidare la Chiesa dopo il lungo regno del grande Wojtyla. L’agenda del pontificato si è subito riempita di appuntamenti, in parte segnati dallo stesso predecessore, in parte voluti da Ratzinger. Ma soprattutto, e questo è un dato su cui riflettere, dettati dai suoi più agguerriti critici e perfino dai media che, a volte, hanno alimentato incredibili polveroni. Basti citare la famosa lezione di Ratisbona. Ai giornalisti, il Papa ha recentemente indicato le vie del continente digitale invitandoli a «spianare la strada a nuovi incontri, assicurando sempre la qualità del contatto umano e l’attenzione alle persone e ai loro veri bisogni spirituali, superando «l’inquinamento dello spirito che ci porta a non guardarci in faccia». È un Papa retrogrado? È una Chiesa anacronistica? A chi la guarda con attenzione e senza pregiudizi, non sembra irreale quanto affermò Benedetto XVI nell’omelia della Messa per l’inizio del suo ministero petrino, e cioè che la Chiesa è viva e giovane. Il suo volto, seppur a volte sfigurato da alcuni suoi uomini, risplende per la bontà e la coerenza di coloro, il Papa per primo, che la amano e lavorano quotidianamente per il bene di ogni uomo. «La Pasqua – ha ricordato il Papa – non opera alcuna magia. Come al di là del Mar Rosso gli ebrei trovarono il deserto, così la Chiesa, dopo la Risurrezione, trova sempre la storia con le sue gioie e le sue speranze, i suoi dolori e le sue angosce. E tuttavia, questa storia è cambiata, è segnata da un’alleanza nuova ed eterna, è realmente aperta al futuro. Per questo, salvati nella speranza, proseguiamo il nostro pellegrinaggio». Certi che i lupi non mancheranno.

© Copyright L'Avanti, 4 maggio 2010

1 commento:

laura ha detto...

Niente da obiettare. L'articolo è bello e onesto, ma sono del parere che i pregiudizi non siano scalzati neppure dall'evidenza. E' quello che accade di fronte a un miracolo: a chi crede non serve e a chi non crede non basta.... per credere.