giovedì 10 giugno 2010

Carlo Di Cicco: Il futuro della Chiesa è già oggi, seminato con l'anno sacerdotale che volge al termine (Osservatore Romano)


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Il seme del rinnovamento

Il futuro della Chiesa è già oggi, seminato con l'anno sacerdotale che volge al termine. Un anno opportuno e sofferto per i cattolici.
Le infedeltà anche gravi di alcuni preti in diverse aree del mondo hanno, infatti, offuscato la credibilità della Chiesa agli occhi di tanta gente. La ferita chiederà tempo per rimarginarsi e niente potrà essere come se nulla fosse accaduto.
Qualcuno ha parlato di annus horribilis, ma in realtà è stato un anno di grazia. Il seme piantato del rinnovamento interiore dei sacerdoti e di una loro testimonianza più incisiva del Vangelo darà i suoi frutti. Il tempo della prova si è rivelato occasione per una crescita di coscienza sul ministero nella Chiesa. Il sacerdozio ordinato è un bene indispensabile per l'intero popolo di Dio, un bene comune che può disperdersi se vissuto come privilegio di casta anziché in spirito di servizio.
Lo stupore e il dolore per gli abusi sessuali documentati sono stati quasi insopportabili a motivo della percezione della singolarità dei sacerdoti cattolici diffusa nella pubblica opinione.
Uomini, ma speciali, chiamati a un compito che getta un ponte tra l'esperienza e il mistero, tra le cose che sono e quelle che saranno. E perciò essi stessi tanto affascinati dal sacro da non cedere a nessuna lusinga terrena. Si trattava di una visione all'origine di aspettative improprie, ma altrettanto smisurate quanto il recente disincanto. Il sacerdote cattolico in verità si coglie nella sua profondità solo collegandolo a Gesù di Nazaret, Figlio di Dio per i credenti, per tutti un uomo per gli altri come nessuno mai è stato. La lettura biblica ci offre una visione vera del sacerdote, non come ciascuno se lo ritaglia, ma come Cristo ha pensato coloro ai quali lasciò l'incarico di celebrare il memoriale della sua passione, morte e risurrezione. "Icona di Cristo" - come li chiama il cardinale segretario di Stato - i preti sono immagine di Dio che è amore, della sua misericordia, dell'amore crocifisso. Fratelli di ogni persona umana, degli uomini e delle donne da amare e da servire con totale dedizione, nessun attaccamento e senza ricerca del proprio interesse. Un prete così è garanzia di umanità che si apre a una ricerca seria su Dio.
Le discussioni sul prete, la sua identità nei mutamenti storici, l'obbligo o l'opportunità del suo celibato, la connessione misteriosa e profonda con l'eucaristia - segno di Dio con noi, pegno di vita futura - e con il confessionale dove in nome e con l'autorità di Cristo i peccati vengono perdonati, continueranno sino alla fine dei tempi. Anche di Gesù si discuterà sino alla fine della storia, ma non è tanto il discutere di Cristo che cambia la nostra vita, quanto la decisione di seguirlo o di ignorarlo. I preti, in genere, non hanno sorte migliore di colui che li ha scelti. Hanno bisogno di una forza straordinaria per essere intermediari visibili dell'invisibile, di colui che rimane unico ponte tra Dio e l'uomo, Gesù figlio di Maria.
Per questa loro prossimità alla meravigliosa storia dell'incarnazione, morte e risurrezione di Gesù che noi percepiamo a intermittenza nella sua validità; per la prossimità capace di tenerezza e fraternità universale, scelgo di stare dalla parte dei preti. Scelgo di stare dalla loro parte quando la loro umanità viene disconosciuta, quando la burocrazia li usa come manovali dello spirito, quando li si costringe a una spiritualità disincarnata, quando la teologia biblica del sacerdozio viene scalzata da teorie conservatrici o da nuovismi senza radici, quando vengono rimproverati perché condividono angustie e pianto dei poveri e dei sofferenti, quando gridano contro ogni ingiustizia pagando con la vita, quando fanno argine a ogni potere prevaricatore in difesa degli umili e dei deboli. Allora sto dalla loro parte perché pagano un prezzo alla sequela del Signore. Sto con i preti, ma non con chi compie abusi. Infatti in quel caso si diventa carnefici.
Nei messaggi conclusivi del concilio all'umanità voluti da Paolo vi si legge: "Ci sembra di sentire alzarsi d'ogni parte del mondo un immenso e confuso rumore: l'interrogazione di tutti coloro che guardano verso il concilio e ci domandano con ansietà: non avete voi una parola da dirci?". Ebbene, l'asticella della domanda si è alzata e ormai ai cristiani si chiede una testimonianza credibile su Gesù di Nazaret. I preti sono gli animatori di questa testimonianza per riuscire a sperare.
Benedetto XVI l'ha compreso e va in questa direzione: portare la Chiesa su una linea cosciente della testimonianza cristiana. Egli offre il vino nuovo del suo magistero. Sta a ognuno superare la tentazione di chiudere questo vino nuovo in otri vecchi.

c. d. c.

(©L'Osservatore Romano - 11 giungo 2010)

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