giovedì 17 giugno 2010
Dai sacerdoti un primo bilancio della grande iniziativa voluta dal Papa: «Il dono di un Anno che darà frutto» (Careddu)
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Il Papa: "La fede consolida, integra e illumina il patrimonio di verità che la ragione umana acquisisce. La fiducia che san Tommaso accorda a questi due strumenti della conoscenza – la fede e la ragione – può essere ricondotta alla convinzione che entrambe provengono dall’unica sorgente di ogni verità, il Logos divino, che opera sia nell’ambito della creazione, sia in quello della redenzione" (Catechesi)
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Card. Caffarra: "Come pastore cui è affidata una comunità cristiana vedo che ho due responsabilità: l’una da svolgere "nel Santuario"; l’altra nel "cortile dei gentili". La prima riguarda, è la difesa dei fedeli dall’oscuramento della loro coscienza circa la propria dignità di persone; la seconda mi pone il problema di come aiutare chi vaga nel deserto del senso in conseguenza della perdita di se stessi, a ritrovare se stesso"
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«Il dono di un Anno che darà frutto»
DAI SACERDOTI UN PRIMO BILANCIO DELLA GRANDE INIZIATIVA VOLUTA DAL PAPA
DI STEFANIA CAREDDU
Andare avanti con fiducia, nonostante difficoltà e amarezze, consapevoli del dono ricevuto e del valore della propria testimonianza. Con questo spirito i preti di tutto il mondo tornano al proprio lavoro e agli studi, incoraggiati dalle parole di Benedetto XVI che venerdì scorso ha celebrato la Messa conclusiva dell’Anno Sacerdotale.
Quando cala il sipario su un grande avvenimento – e si tentano i primi bilanci, come tenteremo di fare su questa pagina anche nelle prossime settimane – c’è sempre la tentazione di pensare che tutto sia finito lì, con l’emozione di un memorabile incontro. Ma come ogni evento di Chiesa, anche l’Anno Sacerdotale ha rappresentato un’esperienza forte, destinata a dare molti frutti. Ne offrono un’eco le voci raccolte in piazza San Pietro subito dopo la conclusione della grande iniziativa aperta dal Papa il 19 giugno 2009. «È stato un anno molto ricco: è servito a recuperare la fonte del nostro ministero che è Cristo, ma allo stesso tempo – confida padre Agustin Rodriguez, dal Messico – è stato utile per dare conto al popolo delle nostre fragilità, per far capire ai fedeli di quanto bisogno abbiamo che ci sostengano e preghino per noi». Specialmente in «un momento difficile in cui sono necessarie penitenza e purificazione». Lo scandalo degli abusi sessuali compiuti da alcuni preti ha sicuramente segnato l’Anno Sacerdotale. «In questi ultimi tempi la Chiesa è stata attaccata, a volte in modo severo, ma questo non deve spaventarci, sia perché non dobbiamo avere paura della verità sia perché abbiamo la sicurezza che il Signore ci accompagna sempre», rileva don Raffaele Tarice, della diocesi di Anagni-Alatri. «Quello che viviamo è un tempo di speranza. Quando infatti la Chiesa è perseguitata, si fa sacramento, e quanto più è perseguitata tanto più cresce», gli fa eco con convinzione padre Gilberto Stanisle, brasiliano. L’Anno Sacerdotale, continua, «esige dal prete una risposta seria: ci ha ricordato che il sacerdote è un vero dono di Dio per l’umanità». «Noi che abbiamo cura delle anime nelle parrocchie e in diversi luoghi dove si porta Cristo dobbiamo mostrare al mondo la gioia di essere sacerdoti», osserva da parte sua don Ernesto Salvia, parroco di San Telmo, in Argentina, per il quale l’intero Anno è stato «un periodo di profondo lavoro a livello parrocchiale e diocesano, ma soprattutto un tempo di rinnovamento, di preghiera, di offerte e sacrifici per la santificazione». «Un’occasione per riscoprire se stessi come ministri della fede e uno stimolo a non scoraggiarsi mai», aggiunge don Agostino Santucci, anch’egli della diocesi di Anagni-Alatri. Secondo padre Gentile Pereira, della diocesi di Campo Grande in Brasile, si è trattato di «un grande incentivo a vivere la nostra fedeltà a Cristo Gesù e ad andare avanti con fiducia». Ma anche a riscoprire il senso e il valore del sapersi fermare, come evidenzia padre Juan Manuel Guerrero, messicano, che è rimasto particolarmente colpito dal riferimento del Papa al riposo. «Per noi sacerdoti – spiega – questo è quanto mai vero. In America Latina infatti c’è tanto da fare per svolgere la nostra missione, dobbiamo occuparci di moltissime comunità e dobbiamo correre tutto il giorno».
Del resto, vivere la vocazione nella dimensione del dono significa spendersi completamente per gli altri, ed essere «sull’esempio del Curato d’Ars santi e disponibili – ricorda monsignor Mario Carpentieri, della diocesi di Teggiano-Policastro –, perché più siamo santi più possiamo santificare il popolo che ci è affidato, proprio come fa il Buon Pastore che ha cura delle sue pecorelle».
«Essere veramente un buon pastore» è la spinta per padre Tommaso Rastislav Höger, della parrocchia di Havlickuv Brod, nella Repubblica Ceca, che si è sentito spronato dal «sapere che tanta gente prega per noi sacerdoti e dal vedere quanto hanno bisogno di sentire la parola di Dio e di nutrirsi dell’Eucaristia». «In parrocchia – racconta – abbiamo promosso incontri sulla figura del presbìtero nella Bibbia e attività speciali per i ragazzi: ognuno per esempio pregava per un prete che veniva estratto a sorte. Nelle Messe domenicali dello scorso ottobre abbiamo ricordato i nostri missionari in Africa, tutti i giovedì c’è stata l’adorazione eucaristica per nuove vocazioni. Un’esperienza che proseguirà anche se l’Anno è terminato».
Se l’Anno Sacerdotale ha funzionato da specchio per guardarsi dentro, riscoprire e rinnovare la propria vocazione, ha anche rappresentato una finestra aperta sulle comunità, un’opportunità per fare comunione.
«Abbiamo cercato di vivere l’Anno Sacerdotale non solo in tono ufficiale ma soprattutto con senso pastorale. Nei ritiri spirituali mensili per i presbìteri, nell’omiletica, nelle catechesi, nelle attività di associazioni e movimenti c’è stato sempre il riferimento alla proposta del Papa», come spiega don Sandro Serreri, della diocesi sarda di Tempio-Ampurias. «In questo Anno è accaduto di tutto, ma questo è segno che Dio ci ama ed è infinitamente misericordioso», afferma don Serreri sottolineando che «in un tempo in cui viene messo in discussione il sacerdozio nella sua identità, nel suo essere 'sacramento', le parole del Santo Padre sono state di grande incoraggiamento». «Sono prete da 19 anni, ma non avevo mai provato le emozioni vissute durante la veglia e la Messa in piazza San Pietro. Per questo – conclude – devo dire grazie al Papa. Un Papa che entra nel cuore».
© Copyright Avvenire, 16 giugno 2010
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