mercoledì 16 giugno 2010

Il discorso del Papa al convegno della diocesi di Roma: La regola suprema (Sir)


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Il Papa: "La Santa Messa, celebrata nel rispetto delle norme liturgiche e con un’adeguata valorizzazione della ricchezza dei segni e dei gesti, favorisce e promuove la crescita della fede eucaristica. Nella celebrazione eucaristica noi non inventiamo qualcosa, ma entriamo in una realtà che ci precede, anzi che abbraccia cielo e terra e quindi anche passato, futuro e presente" (Discorso)

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BENEDETTO XVI - La regola suprema

Il discorso al convegno della diocesi di Roma

Benedetto XVI ha aperto, questa sera, i lavori del convegno diocesano di Roma, che ha per tema “Eucaristia domenicale e testimonianza della carità”. “La fede – ha detto il Papa – non può mai essere presupposta, perché ogni generazione ha bisogno di ricevere questo dono mediante l’annuncio del Vangelo e di conoscere la verità che Cristo ci ha rivelato. La Chiesa, pertanto, è sempre impegnata a proporre a tutti il deposito della fede; in esso è contenuta anche la dottrina sull’Eucaristia”, che “oggi purtroppo non è sufficientemente compresa nel suo valore profondo e nella sua importanza per l’esistenza dei credenti. Per questo è importante che una conoscenza più approfondita del mistero del Corpo e del Sangue del Signore sia avvertita come un’esigenza dalle diverse comunità cristiane di Roma”.

Un’unica famiglia. “Nello spirito missionario che vogliamo alimentare – ha evidenziato il Pontefice –, è necessario che si diffonda l’impegno di annunciare tale fede eucaristica, perché ogni uomo incontri Gesù Cristo che ci ha rivelato il Dio ‘vicino’, amico dell’umanità, e di testimoniarla con una eloquente vita di carità”. Secondo il Papa, “la Santa Messa, celebrata nel rispetto delle norme liturgiche e con un’adeguata valorizzazione della ricchezza dei segni e dei gesti, favorisce e promuove la crescita della fede eucaristica”. Il Santo Padre ha quindi rivolto un invito a “riscoprire la fecondità dell’adorazione eucaristica” per “portare molto frutto” ed “evitare che la nostra azione apostolica si riduca a uno sterile attivismo, ma sia invece testimonianza dell’amore di Dio”. È l’Eucaristia, ha ricordato Benedetto XVI, che “trasforma un semplice gruppo di persone in comunità ecclesiale: l’Eucaristia fa la Chiesa”. È dunque “fondamentale che la celebrazione della Santa Messa sia effettivamente il culmine, la ‘struttura portante’ della vita di ogni comunità parrocchiale”. Nutrendoci di Cristo, ha osservato il Pontefice, “siamo liberati dai vincoli dell’individualismo e, per mezzo della comunione con Lui, diventiamo una cosa sola, il suo Corpo mistico. Vengono così superate le differenze dovute alla professione, al ceto, alla nazionalità, perché ci scopriamo membri di un’unica grande famiglia, quella dei figli di Dio, nella quale a ciascuno è donata una grazia particolare per l’utilità comune”.

Il linguaggio dell’amore. Per il Santo Padre, “il mondo e gli uomini non hanno bisogno di una ulteriore aggregazione sociale, ma della Chiesa, che è in Cristo come un sacramento, ‘cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano’, chiamata a far risplendere su tutte le genti la luce del Signore risorto”. A giudizio di Benedetto XVI, “quando riceviamo Cristo, l’amore di Dio si espande nel nostro intimo, modifica radicalmente il nostro cuore e ci rende capaci di gesti che, per la forza diffusiva del bene, possono trasformare la vita di coloro che ci sono accanto”. “La carità – ha spiegato – è in grado di generare un cambiamento autentico e permanente della società, agendo nei cuori e nelle menti degli uomini”. Dunque, “la testimonianza della carità per il discepolo di Gesù non è un sentimento passeggero, ma al contrario è ciò che plasma la vita in ogni circostanza”. Di qui l’incoraggiamento “a impegnarsi nel delicato e fondamentale campo dell’educazione alla carità, come dimensione permanente della vita personale e comunitaria”. Roma, ha affermato il Papa, “chiede ai discepoli di Gesù, con un rinnovato annuncio del Vangelo, una più chiara e limpida testimonianza della carità. È con il linguaggio dell’amore, desideroso del bene integrale dell’uomo, che la Chiesa parla agli abitanti di Roma”. Nella capitale sono vari i “luoghi dove la carità è vissuta in modo intenso”. Di qui la gratitudine per “quanti si impegnano nelle diverse strutture caritative, per la dedizione e la generosità con le quali servono i poveri e gli emarginati”.

Gesti di condivisione. “I bisogni e le povertà di tanti uomini e donne ci interpellano profondamente: è Cristo stesso che ogni giorno, nei poveri, ci chiede di essere sfamato e dissetato, visitato negli ospedali e nelle carceri, accolto e vestito”, ha avvertito Benedetto XVI. “L’Eucaristia celebrata – ha sostenuto – ci impone e al tempo stesso ci rende capaci di diventare a nostra volta pane spezzato per i fratelli, venendo incontro alle loro esigenze e donando noi stessi. Per questo una celebrazione eucaristica che non conduce ad incontrare gli uomini lì dove essi vivono, lavorano e soffrono, per portare loro l’amore di Dio non manifesta la verità che racchiude”. I gesti di condivisione “creano comunione, rinnovano il tessuto delle relazioni interpersonali, improntandole alla gratuità e al dono, e permettono la costruzione della civiltà dell’amore”. “In un tempo come il presente di crisi economica e sociale – è stata l’esortazione –, siamo solidali con coloro che vivono nell’indigenza per offrire a tutti la speranza di un domani migliore e degno dell’uomo”. Infine, un invito ai giovani a non aver paura di “scegliere l’amore come la regola suprema della vita”, sia “nel sacerdozio” sia nel “formare famiglie cristiane che vivono l’amore fedele, indissolubile e aperto alla vita!”.

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