lunedì 21 giugno 2010

Il Papa: la Chiesa non scelga il potere ma la trasparenza (Izzo)


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Il Papa: chi si fa prete non pensi alla sicurezza nella vita o ad avere una posizione sociale (AsiaNews)

Il Papa: "Prendere la croce significa impegnarsi per sconfiggere il peccato che intralcia il cammino verso Dio, accogliere quotidianamente la volontà del Signore, accrescere la fede soprattutto dinanzi ai problemi, alle difficoltà, alla sofferenza" (Angelus)

Padre Lombardi sulle indagini riguardanti il cardinale Sepe: abbiamo fiducia che la situazione venga chiarita rapidamente (Radio Vaticana)

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Il Papa: "Chi aspira al sacerdozio per un accrescimento del proprio prestigio personale e del proprio potere ha frainteso alla radice il senso di questo ministero. Chi vuole soprattutto realizzare una propria ambizione, raggiungere un proprio successo sarà sempre schiavo di se stesso e dell’opinione pubblica. Per essere considerato, dovrà adulare; dovrà dire quello che piace alla gente; dovrà adattarsi al mutare delle mode e delle opinioni e, così, si priverà del rapporto vitale con la verità, riducendosi a condannare domani quel che avrà lodato oggi. Un uomo che imposti così la sua vita, un sacerdote che veda in questi termini il proprio ministero, non ama veramente Dio e gli altri, ma solo se stesso e, paradossalmente, finisce per perdere se stesso" (Monumentale omelia)

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Secondo Peloso il card. Sepe non è "scaricabile" e questa è l'ennesima tegola di un Pontificato-Via Crucis. Ennò!

PAPA: LA CHIESA NON SCELGA IL POTERE MA LA TRASPARENZA

(AGI) - CdV, 20 giu.

(di Salvatore Izzo)

"Il segno distintivo del potere del nostro Signore Gesu' Cristo e' la Croce, che egli ha portato sulle spalle".
Benedetto XVI ha ripetuto questa frase di San Massimo il Confessore in una giornata che doveva essere di festa (nella Basilica Vaticana ha consacrato 14 nuovi preti per la diocesi di Roma) e che invece l'avviso di garanzia inviato al card. Crescenzio Sepe dalla Procura di Perugia ha reso tra le piu' tristi.
"Prendere la Crocesignifica impegnarsi per sconfiggere il peccato che intralcia il cammino verso Dio", ha spiegato ai 50 mila fedeli presenti in piazza San Pietro.
Parole che confermano la volonta' del Papa di fare davvero pulizia nella Chiesa Cattolica che non puo' coprire compromessi e scorrettezze in nessun campo.
Pochi giorni prima della morte di Giovanni Paolo II, nella meditazione alla "Via Crucis" del venerdi' Santo, l'allora card. Ratzinger aveva parlato di "sporcizia" da non tollerare alludendo certamente allo scandalo degli abusi che era gia' esploso negli Stati Uniti ma anche al carrierismo e all'affarismo di troppi esponenti del clero e della stessa Curia Romana.
E certamente la scelta di avvicendare il capo della Congregazione dell'Evangelizzazione dei Popoli pochi mesi dopo l'elezione al Pontificato e' stato uno dei primi passi compiuti in questa direzione. Una scelta assunta non perche' il nuovo Pontefice fosse a conoscenza di eventuali irregolarita' gestionali (che anche oggi restano da provare) quanto proprio per l'eccessiva vicinanza ai palazzi del potere che agli occhi del neo eletto Papa appariva come una contro testimonianza.
Un argomento sul quale e' tornato proprio oggi con parole molto chiare: "il sacerdozio - ha detto nell'omelia - non puo' essere un modo per raggiungere la sicurezza nella vita o per conquistarsi una posizione sociale. Chi aspira al sacerdozio per un accrescimento del proprio prestigio personale e del proprio potere ha frainteso alla radice il senso di questo ministero. Chi vuole soprattutto realizzare una propria ambizione, raggiungere un proprio successo - ha sottolineato - sara' sempre schiavo di se stesso e dell'opinione pubblica. Per essere considerato, dovra' adulare; dovra' dire quello che piace alla gente; dovra' adattarsi al mutare delle mode e delle opinioni e, cosi', si privera' del rapporto vitale con la verita', riducendosi a condannare domani quel che avra' lodato oggi". Per il Pontefice, "un uomo che imposti cosi' la sua vita, un sacerdote che veda in questi termini il proprio ministero, non ama veramente Dio e gli altri, ma solo se stesso e,
paradossalmente, finisce per perdere se stesso".
"Il sacerdozio, ricordiamolo sempre, si fonda - ha scandito - sul coraggio di dire si' ad un'altra volonta',
nella consapevolezza, da far crescere ogni giorno, che proprio conformandoci alla volonta' di Dio, 'immersi' in questa volonta', non solo non sara' cancellata la nostra originalita', ma, al contrario, entreremo sempre di piu' nella verita' del nostro essere e del nostro ministero".
All'Angelus, dopo queste forti affermazioni, il Papa ha ricordato oggi la santa carmelitana Edith Stein, convertita dall'ebraismo e morta ad Auschwitz, che ha testimoniato la fede in un tempo di persecuzione. "Dal Carmelo di Colonia nel 1938 scriveva di aver capito "cosa voglia dire essere sposa del Signore nel segno della croce, benche' per intero non lo si comprendera' mai, giacche' e' un mistero? Piu' si fa buio intorno a noi e piu' dobbiamo aprire il cuore alla luce che viene dall'alto".
"Anche nell'epoca attuale - ha aggiunto - molti sono i cristiani nel mondo che, animati dall'amore per Dio, assumono ogni giorno la croce, sia quella delle prove quotidiane, sia quella procurata dalla barbarie umana, che talvolta richiede il coraggio dell'estremo sacrificio".
Ed e' solo a tutela di una liberta' religiosa che rappresenta la cartina di tornasole di una societa' che sia davvero civile - e non certo per coprire alcunche' di eventualmente illecito - che la Santa Sede gode in Italia di quello status che il Trattato Lateranense del 1929 (non modificato dagli accordi di revisione del Concordato del 1984) definisce "una sovranità indiscutibile" che comporta "la piena proprietà e l'esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana".
E cosi' la Congregazione dell'Evangelizzazione dei Popoli rientra tra "gli enti centrali della Chiesa Cattolica" dichiarati "esenti da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano" e il card. Sepe tra i cardinali che, altra norma del Trattato solo in parte superata dalla legislazione italiana successiva, "godono in Italia degli onori dovuti ai Principi del sangue".
Tutto questo lo ha spiegato bene oggi il portavoce vaticano padre Federico Lombardi: "auspichiamo tutti e abbiamo fiducia - ha assicurato ai microfoni della Radio Vaticana - che la situazione venga chiarita pienamente e rapidamente, cosi' da eliminare ombre, sia sulla sua persona, sia su istituzioni ecclesiali.
Il cardinale Sepe, come ha gia' detto egli stesso, collaborera' ovviamente, per parte sua, a questo chiarimento" che dovra' "tenere anche conto degli aspetti procedurali e dei profili giurisdizionali impliciti nei corretti rapporti fra Santa Sede e Italia, che siano eventualmente connessi a questa vicenda".
Anche se mantiene il passaporto della Santa Sede e in quanto cardinale ha ulteriori particolari tutele (come il predecessore Michele Giordano inquisito con il fratello per reati di usura ma risultato innocente, potrebbe essere interrogato ad esempio nel suo ufficio e non recarsi a Perugia), l'attuale arcivescovo di Napoli non si sottarra' dunque alle indagini, ma esse non dovranno coinvolgere in quanto tale l'importante dicastero chiamato tradizionalmente "Propaganda fide" che Ratzinger ha voluto nel 2006 affidare a un porporato non italiano come Ivan Dias (cardinale indiano con lunga esperienza di diplomatico alle spalle, che tra pochi mesi lascera' per ragioni di eta' e di salute).
Una scelta che non implicava un giudizio negativo sulla persona del card. Sepe, tanto che oggi padre Lombardi ha premesso alla sua dichiarazione "una parola di stima e di solidarieta' per il cardinale Sepe, in questo momento difficile". "Il cardinale Sepe - ha affermato il portavoce del Papa - e' una persona che ha lavorato e lavora per la Chiesa e per il popolo che gli e' affidato in modo intenso e generoso, e ha diritto ad essere rispettato e stimato".
E come tutti e' da considerarsi innocente fino a prova contraria. Ma forse un po' imprudente e certo protagonista di una gestione della Congregazione non in linea con gli intendimenti di Papa Ratzinger, mentre a Napoli - e questo conferma ancora la saggezza di Benedetto XVI - sembra aver trovato una dimensione pastorale di grande impatto sui problemi annosi della citta'.
La Corte di Cassazione con sentenza dell' aprile 1987 ha gia' riconosciuto un "difetto di giurisdizione del giudice italiano" riguardo agli enti centrali della Chiesa Cattolica, in quel caso per la vicenda dello Ior. E' da augurarsi che non si torni ora, per la Congregazione dell'Evangelizzazione dei Popoli, a nuovi contenziosi che sarebbero decisamente negativi per la credibilita' sia della Giustizia italiana che della Chiesa Cattolica, istituzioni entrambe esposte al rischio di perdere la fiducia dei cittadini. "Una sovranità (quella obbligata, cioè, dello Stato italiano) non può invadere - scrissero i giudici della Suprema Corte - la sfera dell’altra nella trama di organizzazione e di azione dei suoi enti centrali. E l’operatività di tale obbligo di diritto internazionale, non può che essere riferita al territorio dello Stato italiano, perché è in esso che è esplicabile la relativa prestazione negativa, cioè la 'non ingerenza' quale luogo di svolgimento della sovranità dello stesso, e non certamente al territorio dello Stato della Città del Vaticano o di altri soggetti internazionali e lo Stato italiano". Mentre Sepe potra' discolparsi dall'accusa di corruzione davanti ai giudici competenti (che probabilmente non sono quelli di Perugia) tocca dunque in prima persona alla Santa Sede, e non c'e' da temere che cio' possa non avvenire in un Pontificato che si sta caratterizzando per l'assoluta trasparenza e il rifiuto della teoria del complotto mediatico, contribuire volontariamente a fare totale chiarezza sull'amministrazione di un patrimonio immobiliare nato da lasciti e che e' destinato a finanziare le missioni cattoliche nel mondo. Sul piano giuridico, infatti, gli enti centrali della Chiesa Cattolica, tra i quali la Congregazione di Propaganda fide rientra a pieno titolo, "sono - come riconosciuto dalla Cassazione - veri organi internazionalmente rilevanti" per i quali e' stata "convenuta l’esclusione dei pubblici poteri di solo contenuto amministrativo dello Stato italiano".

© Copyright (AGI)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ma Izzo dove sta? Eufemia
PRETI PEDOFILI: "VESCOVO AUGSBURG AVEVA PROBLEMI DI ALCOLISMO" =
(AGI) - Berlino, 21 giu. - Nuova clamorosa svolta sulla vicenda
dell'ex vescovo di Augsburg, Walter Mixa, che documenti segreti
arrivati in Vaticano accuserebbero di intemperanze alcoliche e
di avances sessuali anche nei confronti di preti. La
'Sueddeutsche Zeitung' (SZ) rivela oggi che a convincere
Benedetto XVI ad accettare le dimissioni di Mixa e' stato un
rapporto di oltre trenta pagine, trasmessogli a fine aprile dal
nunzio apostolico a Berlino, Jean-Claude Perisset, mentre due
giorni dopo il presidente della Conferenza episcopale tedesca,
Robert Zollitsch, ed il vescovo di Monaco di Baviera, Reinhard
Marx, si sono recati a Roma per discutere il caso Mixa. Secondo
la 'SZ', nel dossier alcuni collaboratori dell'ex vescovo di
Augsburg lo accusano di avere avuto gravi problemi di alcol e
di aver fatto in almeno due casi delle avances di natura
sessuale a giovani alle sue dipendenze.
Nel rapporto l'ex presule viene definito "un uomo
gravemente dipendente dall'alcol", mentre altre testimonianze
riferiscono che da parroco Mixa, dopo approcci di natura
sessuale, "il giorno dopo ando' a confessarsi, prima di
celebrare la messa". La 'Sueddeutsche' riferisce un dialogo,
contenuto nel dossier segreto, che si sarebbe svolto tra Mixa
ed un prete durante una vacanza trascorsa in comune. "Rimani
qui, ho bisogno del tuo amore", avrebbe detto Mixa, ottenendo
questa risposta dal sacerdote: "Ma io non sono mica gay".
"Nemmeno io lo sono", avrebbe replicato Mixa, al che il prete
avrebbe ribattuto: "E quello che e' successo ieri sera,
allora?". Intanto il quotidiano 'Bild' rivela che a Mixa e'
stato intimato lo sfratto dal palazzo vescovile di Augsburg in
cui ancora risiede. Il presidente del consiglio diocesano,
Helmut Mangold, ha spiegato che "questo e' l'unico modo per
riportare tranquillita' nella diocesi". (AGI)