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Medio Oriente, le ferite e il dialogo
Al Sinodo la denuncia a più voci delle sofferenze di tante comunità cristiane. E la necessità di relazioni fraterne con l’islam. Il rabbino
DA ROMA
FABRIZIO MASTROFINI
«Non bisogna restare in silenzio di fronte ai massacri di cristiani in Iraq», ha denunciato ieri pomeriggio al Sinodo dei vescovi monsignor Raimond Moussalli, vicario patriarcale caldeo per la Giordania. Ed ha parlato, senza mezzi termini, dell’esistenza di «piani satanici» per cacciare i cristiani. Occorre intervenire perché «il nostro popolo perderà la sua identità se viene costretto ad abbandonare la sua terra». Occorre l’aiuto internazionale e un dialogo con i musulmani moderati per fermare un «tempo catastrofico» per una popolazione «che parla la lingua aramaica di nostro Signore». Sempre nel pomeriggio il Sinodo ha ascoltato un altro grido, quello accorato di monsignor Ruggero Franceschini, ammi-nistratore apostolico di Anatolia.
L’omicidio di monsignor Luigi Padovese il 3 giugno scorso – ha spiegato – «è stato premeditato» da quei «poteri occulti» dietro i quali si celano le «complicità» tra ultranazionalisti e fanatici religiosi. La Chiesa ha bisogno urgente, in Anatolia, di dialogare con i musulmani «aperti ad una laicità positiva» – ha aggiunto. Gli interventi pomeridiani hanno scosso un’Assemblea che al mattino aveva parlato di ecumenismo e di emigrazione, di Maghreb e di Iran, realtà dove la Chiesa, malgrado i tempi difficili, sta crescendo. Il Sinodo, ha ribadito monsignor Thomas Meran, arcivescovo di Ur mia dei Caldei (Iran) fa sentire «meno soli» i cristiani di Oriente. «Adesso dopo la rivoluzione islamica la Chiesa sta affrontando la crisi peggiore » con appena 14 sacerdoti di cui solo 6 iraniani e 21 suore. Tuttavia «malgrado le continue migrazioni e il numero ristretto di cattolici, vediamo le vocazioni aumentare; la Chiesa in Iran è come un albero con nuove foglie e che porta frutti». Sull’immigrazione verso Occidente monsignor Michael Ibrahim vescovo greco- melkita di Montreal (Canada), ha evidenziato che quanti scappano a causa della convivenza difficile con altre religioni, in Occidente scoprono che «la necessità della convivenza è ancora più accentuata». In tema di dialogo ecumenico invece monsignor Paul Nabil El-Sayah, arcivescovo di Haifa e Terra Santa dei Maroniti, ha ribadito che «va salvato» il Consiglio delle Chiese mediorientali organismo di collegamento tra le Chiese cristiane di Terra Santa. E va coltivata – ha aggiunto – la «formazione ecumenica» che è «un dovere ad ogni livello ed in particolare nei seminari e nelle case di formazione». Il vero dialogo – ha sottolineato dal canto suo l’arcivescovo di Algeri monsignor Ghaleb Moussa Abdalla Bader –, «inizia dai piccoli dettagli della vita quotidiana» mentre il cardinale André Ving-Trois, arcivescovo di Parigi, ha segnalato la difficoltà di reperire sacerdoti orientali celibi per la missione pastorale tra le comunità orientali nei Paesi Latini, come prescrive la Santa Sede per queste situazioni. Sull’imprescindibilità del dialogo con il mondo ebraico, mercoledì sera era intervenuto il rabbino David Rosen, consigliere del Gran Rabbinato di Israele. Per Rosen «la domanda fondamentale per il futuro delle nostre comunità» è «se i fratelli musulmani saranno capaci di considerare la presenza dei cristiani e degli ebrei come parte integrante e pienamente legittimata della regione nel suo insieme». Il rapporto tra la Chiesa cattolica e il popolo ebraico – ha aggiunto Rosen – «presenta una felice trasformazione per i nostri tempi, senza paralleli storici».
© Copyright Avvenire, 15 ottobre 2010
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