giovedì 14 ottobre 2010

A Torino Nosiglia succede a Poletto. Mauro Piacenza guiderà il clero. E i "bertoniani" temono di diventare i capri espiatori di ogni malrovescio (Paolo D'Andrea)

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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:

Risiko in tonaca: vince la linea della tradizione

A Torino Nosiglia succede a Poletto. Mauro Piacenza guiderà il clero. E i "bertoniani" temono di diventare i capri espiatori di ogni malrovescio

Paolo D'Andrea

La girandola delle nomine pontificie, con le loro ritualità codiciali e le fughe di notizie più o meno pilotate che ormai usualmente le precedono, fornisce talvolta elementi preziosi per cogliere il mutare dei rapporti di forza all'interno della sala-macchine che stabilisce la rotta della Barca di Pietro.
Due tra le nomine degli ultimi giorni - quella del nuovo arcivescovo di Torino e quella del nuovo "ministro" vaticano per il clero di tutto il mondo - appaiono in questo senso cariche di connotazioni implicite tutt'altro che irrilevanti.
A Torino, come successore dell'ormai 77enne cardinale Severino Poletto, è stato nominato l'arcivescovo Cesare Nosiglia, finora a capo della diocesi di Vicenza. Il profilo del nuovo titolare della cattedra di San Massimo ha un inconfondibile tratto ruiniano. Tutto il cursus ecclesiastico di Nosiglia si è svolto all'ombra del presidente emerito della Cei Camillo Ruini, che negli anni Novanta lo aveva voluto come proprio vescovo ausiliare per la diocesi di Roma, e poi lo ha valorizzato come fedele collaboratore nei settori dell'educazione, delle scuole cattoliche e della catechesi, fino a lanciarlo alla guida della diocesi vicentina. Lì, in seno alla Conferenza episcopale del Triveneto, Nosiglia ha reintessuto i rapporti con il patriarca di Venezia Angelo Scola, che insieme all'attuale presidente Cei Angelo Bagnasco viene indicato come principale sponsor della promozione dello stesso Nosiglia alla guida dell'arcidiocesi torinese.
La schermaglia estenuante svoltasi nei Palazzi ecclesiastici per scegliere il successore del cardinal Poletto è di per sé carica di dettagli eloquenti.
Il segretario di Stato Tarcisio Bertone, salesiano e piemontese, aveva da tempo immemore manifestato il proprio interesse per la scelta dell'arcivescovo chiamato a guidare la città di San Giovanni Bosco. Secondo lui il più appropriato al ruolo era l'attuale vescovo di Alessandria Giuseppe Versaldi, quello che lo scorso febbraio aveva scritto un'accurata lettera ad Avvenire per difendere lo stesso Bertone da alcuni articoli de Il Foglio da lui giudicati ingenerosi verso il segretario di Stato.
Ma presto si è capito che l'esito dei progetti bertoniani su Torino era tutt'altro che scontato. Secondo indiscrezioni circolanti a Torino, sul nome di Versaldi sarebbe caduto il veto del cardinal Poletto. E soprattutto, a partire dalla primavera scorsa, la "candidatura" di Nosiglia - supportata da Scola, Bagnasco e Ruini - è uscita allo scoperto, fino a essere portata a conoscenza dell'Appartamento pontificio. Negli ultimi due mesi i tira e molla cardinalizi si sono intensificati, con il tentativo di Bertone - risultato vano - di accreditare come nuovo possibile candidato outsider il cuneese Aldo Giordano, attuale osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d'Europa.
Nel passato, Torino è stata la città di vescovi magari controversi e non amati da tutti, ma comunque dotati di un tratto personale rilevante come Michele Pellegrino, il carmelitano Anastasio Ballestrero e Giovanni Saldarini. La scelta di individualità fortemente caratterizzate era espressione implicita della considerazione dovuta all'arcidiocesi torinese. Nei meccanismi decisionali entrati in funzione per la successione di Poletto, più che la personalità dei candidati è pesata la rilevanza dei diversi sponsor.
Il cardinale Marc Ouellet, di fresca nomina alla guida della Congregazione vaticana per i vescovi, da molti accolto come nuovo garante di una selezione più "ratzingeriana" del corpo episcopale, non ha giocato alcun ruolo attivo in una designazione pur così importante. Che si configura al momento come una debàcle bertoniana.
Il segretario di Stato, che ha sempre dedicato una cura particolare alla selezione degli organigrammi ecclesiali, ha certo avuto un ruolo nella valorizzazione di molti sui confratelli salesiani (l'ultimo è Oscar Julio Vian Morales, nominato arcivescovo di Città del Guatemala lo scorso 2 ottobre).
Ma alla fine della fiera, a due sedi cardinalizie italiane passate di mano durante il suo governo si sono insediati due ruiniani come Nosiglia e l'arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori. Mentre tra i titolari di diocesi italiane cardinalizie non figura nessun "bertoniano", proprio adesso che sta per iniziare la partita cruciale della successione del cardinale Tettamanzi a Milano. Per cogliere invece portata e implicazioni della promozione dell'arcivescovo Mauro Piacenza alla guida del dicastero vaticano per i sacerdoti è utile partire dai commenti entusiasti che la nomina ha suscitato nei siti e nei blog filo-tradizionalisti. «Benedetto XVI ci sa stupire molto piacevolmente» si trova scritto sul sito Hyperling "http://www.messainlatino.it" www.messainlatino.it, dove Piacenza viene descritto come «un vero amico della tradizione, un vero discepolo del cardinale Siri». Gli fa eco l'altro sito neo-rigorista Fides et forma: «La notizia della nomina di monsignor Piacenza, in tempo per ricevere la berretta cardinalizia il 21 novembre prossimo, è una delle più belle in questi mesi di "crisi" all'interno della Chiesa».
In effetti, Piacenza è al momento un capofila della squadra "siriano-genovese" che negli ultimi anni ha modificato la fisionomia del potere nella cittadella vaticana. Da Genova viene anche il Maestro delle cerimonie pontificie Guido Marini, che papa Ratzinger ha voluto al proprio fianco nella delicata opera di "raddrizzamento" delle liturgie papali.
Della squadra fanno parte anche i due giovani officiali della Segreteria di Stato Ettore Balestrero e Antonio Guido Filipazzi, che pur non essendo ligure di nascita ha contribuito alla creazione del sito web di riferimento www.cardinalsiri.it. E dalla Liguria viene anche il giovane avvocato Marco Simeon, che dopo una fulminante carriera tra operazioni immobiliari e consulenze nei salotti dell'alta finanza è approdato alla carica di direttore delle relazioni istituzionali della Rai, ufficio a cui fa capo anche la struttura di RaiVaticano che sovrintende i viaggi papali e gli uffici Rai di Borgo Pio dove lavorano i vaticanisti delle tre testate giornalistiche della Tv di Stato.
I buoni rapporti coi giornalisti sono da sempre nello spettro d'interesse dello stesso Piacenza, che nel 2007 era stato chiamato da papa Ratzinger a gestire come segretario-commissario la Congregazione vaticana del clero, dopo che il prefetto del dicastero, il cardinale brasiliano Clàudio Hummes, era inciampato in un'intervista giudicata "aperturista" sulla tema spinoso del celibato sacerdotale. È stato Piacenza il deus ex machina dell'anno sacerdotale, tutto giocato sulla riproposizione del celibato e degli elementi più tradizionali del ministero sacerdotale. Dalla sua postazione ha riproposto anche lui i tratti comuni alla linea neo-tradizionale dei "genovesi": la cura per la liturgia, la riaffermazione decisa della leadership dei vescovi e dei sacerdoti nella vita della comunità, una scarsa propensione per le sofisticate analisi dei fenomeni culturali e geopolitici che costituiva il tratto proprio del "modello" ruiniano. Con la squadra dei genovesi il cardinal Bertone ha sempre intessuto rapporti stretti.
Lo stesso Piacenza viene da molti ritenuto un "bertoniano". Ma a guardar bene, lo stile popolar-salesiano del cardinale e il suo pragmatismo ultimamente accomodante non rientra a pieno titolo nei canoni neo-rigoristi dei "genovesi", che in Curia hanno il loro vero punto di riferimento nel segretario papale Georg Gaenswein.
E i profeti di sventura bertoniana disegnano scenari futuribili con Bertone schiacciato tra ruiniani e neo-tradizionalisti, bersagliato come unico capro espiatorio di tutti gli incidenti e di tutti i malrovesci ecclesiastici degli ultimi anni. Il che non sarebbe equo.

© Copyright Il Secolo d'Italia, 14 ottobre 2010

2 commenti:

Anonimo ha detto...

OT.
Sarà un caso, ma a ridosso del Concistoro tornano attacchi abbastanza evanescenti a Mons. Leonard.
Un uomo (condannato per abusi nel 2004) denuncia Leonard, lamentando di avergli scritto senza successo nel 2006 su abusi che avrebbe subito in un convitto negli anni '50: Leonard gli avrebbe immediatamente risposto che il religioso non era più identificabile e che il fatto era oramai prescritto, senza invitarlo a rivolgersi alla Commissione o alla giustizia. La procura indaga.

http://www.standaard.be/artikel/detail.aspx?artikelid=DMF20101014_016

Alberto

don Luca Peyron ha detto...

Buon giorno a tutti, da oggi il vescovo Cesare posta sul blog del seminario di Torino.

Nel primo post chiede quali sono gli argomenti, sogni, speranze su cui i giovani desiderano dialogare... se desideri farti avanti anche tu ecco l'indirizzo:


http://www.iltesoro.org/