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La Chiesa cerchi nuovi linguaggi per comunicare la fede, ma alla fine solo l’amore è credibile: così il Papa alla plenaria della Cultura
La Chiesa cerchi nuovi linguaggi per comunicare all’uomo di oggi la bellezza della fede, ma nella consapevolezza che, alla fine, solo la testimonianza vissuta dell’amore "parla senza parole": è quanto ha detto il Papa, stamani, ricevendo in Vaticano i partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura che si è svolta sul tema "Cultura della comunicazione e nuovi linguaggi". Ha rivolto il saluto a Benedetto XVI, il presidente del dicastero, mons. Gianfranco Ravasi, tra i prossimi cardinali, che ha ricordato l'apertura "insolita" della plenaria in Campidoglio per raccogliere la sfida evangelica di comunicare la fede a tutte le genti. Il servizio di Sergio Centofanti.
La comunicazione è “uno dei nodi cruciali del nostro mondo”: il Papa ha sviluppato il suo discorso da questa convinzione, ricordando che Dio stesso “nella sua bontà e sapienza” ha voluto comunicarsi a noi in Cristo. Compito essenziale del dicastero vaticano per la cultura è “mettersi in ascolto degli uomini e delle donne del nostro tempo, per promuovere nuove occasioni di annuncio del Vangelo” in un clima di “profonda trasformazione culturale” caratterizzato da nuovi linguaggi e nuove forme di comunicazione”:
“In questo contesto, i Pastori e i fedeli avvertono con preoccupazione alcune difficoltà nella comunicazione del messaggio evangelico e nella trasmissione della fede, all’interno della stessa comunità ecclesiale. Come ho scritto nell’Esortazione apostolica postsinodale Verbum Domini: “tanti cristiani hanno bisogno che sia loro riannunciata in modo persuasivo la Parola di Dio, così da poter sperimentare concretamente la forza del Vangelo” (n. 96). I problemi sembrano talora aumentare quando la Chiesa si rivolge agli uomini e alle donne lontani o indifferenti ad una esperienza di fede, ai quali il messaggio evangelico giunge in maniera poco efficace e coinvolgente”.
“In un mondo che fa della comunicazione la strategia vincente, la Chiesa – afferma il Papa - non rimane indifferente” ma cerca “di avvalersi con rinnovato impegno creativo” e “con senso critico e attento discernimento” delle nuove modalità comunicative:
“L’incapacità del linguaggio di comunicare il senso profondo e la bellezza dell’esperienza di fede può contribuire all’indifferenza di tanti, soprattutto giovani; può diventare motivo di allontanamento, come affermava già la Costituzione Gaudium et spes, rilevando che una presentazione inadeguata del messaggio nasconde più che manifestare il genuino volto di Dio e della religione”.
“La Chiesa vuole dialogare con tutti, nella ricerca della verità – ribadisce il Papa - ma perché il dialogo e la comunicazione siano efficaci e fecondi è necessario sintonizzarsi su una medesima frequenza”. Benedetto XVI si riferisce alla sua proposta di dialogo e incontro con chi è lontano dalla fede, il cosiddetto “Cortile dei Gentili”, che il dicastero per la Cultura sta già realizzando in Europa. C’è poi da contattare in modo creativo il mondo dei giovani, spesso “storditi” dalle nuove tecnologie, che invece di accrescere la comunicazione aumentano “solitudine” e “spaesamento”. Nel “compito, difficile e affascinante” del comunicare la fede – aggiunge il Pontefice - la Chiesa può attingere allo “straordinario patrimonio” di simboli e immagini della sua tradizione:
“In particolare il ricco e denso simbolismo della liturgia deve splendere in tutta la sua forza come elemento comunicativo, fino a toccare profondamente la coscienza umana, il cuore e l’intelletto. La tradizione cristiana, poi, ha sempre strettamente collegato alla liturgia il linguaggio dell’arte, la cui bellezza ha una sua particolare forza comunicativa”.
“Tuttavia – ha precisato - più incisiva ancora dell’arte e dell’immagine nella comunicazione del messaggio evangelico è la bellezza della vita cristiana”:
“Alla fine, solo l’amore è degno di fede e risulta credibile. La vita dei santi, dei martiri, mostra una singolare bellezza che affascina e attira, perché una vita cristiana vissuta in pienezza parla senza parole. Abbiamo bisogno di uomini e donne che parlino con la loro vita, che sappiano comunicare il Vangelo, con chiarezza e coraggio, con la trasparenza delle azioni, con la passione gioiosa della carità”.
Il Papa auspica infine che tanti nostri contemporanei, davanti alla “forza coinvolgente della testimonianza”, possano dire come i discepoli di Emmaus dopo l’incontro con Gesù risorto: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via?”
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