venerdì 12 novembre 2010

Il Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani compie 50 anni. Il peso, sempre più evidente, della Congregazione per la dottrina della fede in campo ecumenico (D'Andrea)

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Chiavi di lettura del nuovo documento "Verbum Domini" sulla Bibbia (Rome Reports)

La conferenza stampa di presentazione della Verbum Domini (R.V.)

Il colloquio tra il Papa e il suo confessore ex-comunista. Presto in libreria l'intervista di Peter Seeward, rinato cattolico, al Santo Padre (Affaticati). Da assaporare!

"Verbum Domini", il Papa: la coerente testimonianza di vita determina la credibilità dei Cattolici che hanno anche il dovere della denuncia non ambigua delle ingiustizie. Occorre ribadire l'unicità del matrimonio (Izzo)

Il Papa ed il "Botafumeiro" nella cattedrale di Santiago (Rome Reports)

ESORTAZIONE APOSTOLICA POSTSINODALE "VERBUM DOMINI" DI BENEDETTO XVI: LO SPECIALE DEL BLOG
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Riceviamo e con grande piacere pubblichiamo:

L'ecumenismo "commissariato" dai teologi

Il Pontificio Consiglio compie 50 anni e chiude un ciclo: l'ex Sant'Uffizio lo sta esautorando, "dettando la linea" nel dialogo con la Chiesa anglicana

Paolo D'Andrea

L'appuntamento è per mercoledì prossimo, alle 17, presso la sala san Pio X in via della Conciliazione.
Il Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani celebrerà con un atto pubblico il cinquantesimo anniversario della sua fondazione. Con l'evento commemorativo, cui prenderà parte anche il primate della Comunione anglicana Rowan Williams e il metropolita ortodosso di Pergamo Ioannis Zizioulas, l'ecumenismo ufficiale di marca vaticana festeggia i suoi primi cinquant'anni. Ma nei corridoi vaticani c'è già chi si chiede se la celebrazione non segni anche l'inizio della sua fase terminale.
Era il 5 giugno del 1960, giorno di Pentecoste, quando Giovanni XXIII istituì insieme alle undici commissioni che avrebbero preparato il Concilio, un Segretariato per la promozione dell'unità dei cristiani. Con quella mossa, Roncalli assumeva nell'agenda ufficiale della riforma conciliare un "issue" che fino ad allora aveva coinvolto solo avanguardie cattoliche spesso considerate in odore di eresia dalle sospettose accademie teologiche romane. Anche la scelta operativa di creare un organismo vaticano "ad hoc" per l'ecumenismo non era scontata. Fino a quel momento, tutta la problematica relativa al rapporto della Chiesa cattolica con le altre confessioni e Chiese cristiane era affidata alle competenze esclusive del Sant'Uffizio, che trattava i cristiani delle altre Chiese e comunità applicando loro i canoni interpretativi prevalenti dello scisma e dell'eresia.
Negli anni del pontificato wojtyliano, il Segretariato per l'ecumenismo ha cambiato nome, assumendo il rango di pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani. In quella lunga stagione, attraversata da ricorrenti gelate ecumeniche, il dicastero riuscì a mantenere un discreto margine di manovra, pur dovendo sempre sottoporre e concordare le proprie inizative alla competenza dottrinale della Congregazione per la dottrina della fede, guidata dal cardinale Joseph Ratzinger. Ma in tempi recenti, anche questa libertà relativa sembra essere di fatto in fase di liquidazione.
Un indizio è la lettera della Congregazione per la dottrina della fede spedita prima dell'estate a vescovi e teologi di tutto il mondo per chiedere riflessioni in vista di un bilancio ecclesiale dell'ecumenismo, a cinquant'anni dalla fondazione del dicastero ecumenico. Nella missiva veniva chiesto anche di segnalare se e come, a parere degli interpellati, la scelta ecumenica ha comportato in qualche modo l'intromissione di elementi di confusione dottrinale in seno alla Chiesa cattolica. Una sorta di mini-indagine processuale, con implicita messa in mora dottrinale dell'ecumenismo cattolico.
L'impressione condivisa da più di un osservatore è che qualche attuale consultore dell'ex sant'Uffizio punti al sostanziale esautoramento del pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani, quasi che il ministero vaticano per l'ecumenismo avesse esaurito il suo ruolo storico. Il dicastero potrebbe sopravvivere come organo decorativo votato alle cortesie ecumeniche, senza alcuna presa sulle questioni reali, affidate in toto alla competenza della Congregazione per la dottrina della fede.
In questa prospettiva, è sotto gli occhi di tutti l'attivismo manifestato in tempi recenti dal dicastero dottrinale su problematiche inerenti impliciter o expliciter all'ecumenismo. È stato il cardinale William Joseph Levada, successore di Ratzinger all'ex sant'Uffizio, a seguire passo passo fin dal 2006 il processo innescato dalle missive di vescovi e sacerdoti anglicani delusi dalla deriva liberal della loro realtà ecclesiale che prospettavano l'ipotesi di essere riaccolti nella comunione cattolica non come singoli, bensì come rappresentanti di una Chiesa anglicana sui iurisunita con Roma.
Come è noto, da allora le cose sono andate avanti. La Santa Sede, con la Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus, ha predisposto la istituzione di ordinariati "ad hoc" per accogliere vescovi, sacerdoti e comunità anglicane che vogliono ritornare alla comunione con la Sede Apostolica senza rinunciare alle loro tradizioni spirituali e liturgiche.
Proprio lunedì scorso, cinque vescovi appartenenti alla comunione anglicana hanno annunciato la decisione di unirsi formalmente alla Chiesa cattolica. Hanno fatto sapere che la loro decisione è maturata dopo che la comunità anglicana d'Inghilterra ha consentito alle donne di accedere all'episcopato, e hanno definito la Anglicanorum coetibus «uno strumento ecumenico nuovo e coraggioso nella ricerca dell'unità dei cristiani».
Mentre ad alcuni ecumenisti cattolici l'intera operazione appare come una riproposizione sul fronte occidentale del cosiddetto "uniatismo", il metodo - oggi rigettato dal dialogo ecumenico - con cui la Chiesa di Roma nei secoli passati ha accolto nel proprio seno comunità e diocesi delle Chiese cristiane d'Oriente, provocando risentimenti e accuse di annessione da parte dei patriarchi e dei sinodi di quelle Chiese sorelle.
Anche sul fronte orientale, il prefetto dell'ex sant'Uffizio ha annunciato all'ultimo sinodo sul Medio Oriente di voler incontrare i capi delle Chiese cattoliche di rito orientale per raccogliere pareri e suggerimenti sulla questione dell'esercizio del primato di Pietro. L'argomento, che rappresenta il maggior punto di dissidio tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse, è già da tempo al centro di un lento e faticoso dialogo teologico tra le due parti. Finora, la responsabilità di quel dialogo per la parte cattolica era affidata al pontificio Consiglio. Ma già prima dell'ultima sessione di dialogo, svoltasi a Vienna lo scorso settembre, i membri più autorevoli della delegazione cattolica avevano dovuto incontrare alcuni consultori della Congregazione per la dottrina della fede, ricevendo da questi indicazioni sulla linea da tenere.
Ogni allarmismo per la supervisione esercitata dall'ex sant'Uffizio sulle questioni ecumeniche è ovviamente fuori luogo. Già nei decenni scorsi la problematica ecumenica - e in particolare il dialogo con gli anglicani - è stato terreno di confronto, a volte anche dialettico, tra il dicastero per l'ecumenismo e quello per la dottrina della fede. Solo che a quel tempo a guidare l'ex sant'Uffizio c'era Joseph Ratzinger. Adesso, i monsignori consultori che maneggiano l'ecumenismo per conto del sant'Uffizio sembrano muoversi entro orizzonti mentali e teologici ben più ristretti.
E anche sul fronte "ecumenista", i grandi protagonisti di un tempo - figure del calibro di Yves Congar, Jean Marie Tillard, Emmanuel Lanne - non ci sono più. Due mesi fa è morto anche il buon Eleuterio Fortino. Il monsignore di rito bizantino lavorava al pontificio Consiglio dai tempi del post-Concilio, e rappresentava la "memoria storica" dell'organismo. A dirigere il quale è arrivato da poco il competente arcivescovo svizzero Kurt Koch, stimato da Ratzinger e prossimo cardinale.
Toccherà a lui riprendere le fila di un lavoro che dopo cinquant'anni offre un bilancio per certi aspetti tutt'altro che esaltante, rispetto ai sogni degli anni del Concilio.
Del resto, come diceva Tillard, «l'unità dei cristiani, o la ricomposizione dell'unità, è un dono di Dio, e non dipende dalle forze umane». Questo, i veri ecumenisti, lo tengono sempre presente.

© Copyright Il Secolo d'Italia, 11 novembre 2010

1 commento:

Anonimo ha detto...

I veri ecumesti? Mah. Recentemente è uscito un libro edito da Città Nuova con bella gigantografia di Martin Lutero sui Santi delle Chiese Riformate.

"I Santi" delle Chiese riformate, ma in periferia no è proprio quella una delle battaglie condote dai fratelli delle chiese cristiane separate contro il culto cattolico per la madonna e i Santi?.

A confusione , si aggiunge confusione e fa le spese come sempre sono gli annacquati fedeli cattolici che nulla conoscono della vita dei Santi cattolici dopo 40 anni di forzto esilio nelle omelie in forza di un "sano"ecumenismo.
Un altro furtto del Concilio vaticano II ormai maturo e pronto a cadere dall'albero,.