martedì 29 dicembre 2009

Marisa, Boban e Qorbanali: noi a tavola col Pontefice (Liverani)


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Marisa, Boban e Qorbanali: noi a tavola col Pontefice

L’82enne figlia di Testaccio, il mediatore culturale serbo, il profugo afgano.
Una trama di storie, dolori, speranze.
Ore indimenticabili con l’ospite inatteso


DA ROMA

LUCA LIVERANI

Aggiungi un posto a tavo­la, che c’è il Papa a pran­zo. Benedetto XVI siede al centro della tavola a ferro di ca­vallo, nella linda e accogliente mensa dei poveri della Comunità di Sant’Egidio. Fuori, in via Dan­dolo, la folla grida «Viva il Papa» e i poliziotti vigilano. Dentro, l’at­mosfera è quella familiare del pa­sto di chi non ha i soldi. E il Papa divide lasagne, polpette e lentic- chie con gli habitué del posto.
Al suo tavolo c’è una famiglia di zingari, un ex clandestino nige­riano, un profugo afgano, una so­mala arrivata in Italia per far cu­rare il figlio, un ragazzo disabile abbandonato dai genitori, due i­taliani senza dimora, altri due – ultraottantenni – che se pagano le bollette non fanno la spesa. Un campione di quell’umanità do­lente che fatica ogni giorno a con­durre una vita decente e che, sen­za l’aiuto del volontariato, fini­rebbe male. Il Papa sceglie pro­prio loro, ignorati dai media e dal­la società che corre, per ricordare a tutti noi di non dimenticarci di tutti loro.
Il Papa a destra ha Andrea Riccar­di, il fondatore della Comunità, a sinistra Qorbanali Esmaili. Oc­chiali e aria da intellettuale, Qor­banali è un afgano di 34 anni, mu­sulmano sciita. Mesi per fuggire, affrontando ogni pericolo. Ora ha lo status di rifugiato. «Col Papa ho parlato della condizione di noi im­migrati e rifugiati – racconta e­mozionato – e dell’aiuto della Co­munità per integrarci: se parlo un italiano decente lo devo a loro. Il Papa mi ha ascoltato con molta attenzione. 'Speriamo che in Af­ghanistan la guerra finisca pre­sto', mi ha detto. Sentire che noi musulmani afgani siamo nei suoi pensieri, mi ha scaldato il cuore». Marisa Saulle ha 82 anni. Nata a Testaccio, rione che contende con Trastevere il primato della 'roma­nità', lavora già a 10 anni per aiu­tare la famiglia. Vive la guerra e gli anni delle borgate. Stretta nel cap­potto buono, è tutta emozionata: «Io sono una donna senza istru­zione. Non me lo sarei manco so­gnato di pranzare col Papa. Gli ho raccontato quando durante la guerra abbiamo nascosto una coppia di ebrei. 'Brava, brava', mi ha detto. E gli ho spiegato che il desiderio di noi anziani è di mo­rire a casa nostra. Io li vado a tro­vare, quelli che i figli gli hanno tol­to la casa e l’hanno messi all’o­spizio ». Boban Trajkovic a tavola col Papa ha portato tutta la famiglia: la mo­glie Dragana e le piccole Smeral­da e Claudia, che stringono le bambole regalate dal Papa. Orto­dosso, 24 anni, Boban è di etnia serbo-rudara. «Mia madre arrivò in Italia negli anni ’50, erano cir­censi. Ne hanno viste tante. Ora viviamo tutti al campo di via Sal­viati 70, quello bello coi prefab­bricati costruito dal sindaco Ru­telli. Da settembre ho la cittadi­nanza italiana e faccio il media­tore culturale tra le maestre e le famiglie per un progetto del mi­nistero del welfare per la frequen­za scolastica dei bambini rom. Siamo riusciti a farla passare dal 37% al 97%. Dove non ci sono gli scuolabus, i genitori li accompa­gnano a scuola, hanno capito che devono dare un futuro ai loro fi­gli. I più assidui hanno delle bor­se di studio. 'Il lavoro che svolgi è importantissimo', mi ha detto il Papa, 'i bambini sono angeli'».
Caius Cayetan Onyema ha 35 an­ni ed è nigeriano. «Sono cattolico, battezzato, comunicato e cresi­mato, devo solo sposarmi, se tro­vo la fidanzata», dice ridendo. «Ho attraversato il deserto, ho visto gente morire per il caldo. Poi in Li­bia, a Bengasi, abbiamo trovato u­na barca. Tre notti per arrivare in Sicilia». Ora ha il permesso di sog­giorno, lavora con gli anziani e vi­ve in una casa di accoglienza del­la Comunità. Un’altra storia singolare è quella di Giuseppe Pisu, cagliaritano di 66 anni. Inserviente in un circo, nel 1980 è a Teheran quando scoppia la guerra Iran-Iraq: «Tre mesi bloc­cati lì, sotto i bombardamenti». Tornato in Italia, senza lavoro, dorme per strada. Ora vive in una casa alloggio. Emozionato per il pranzo con Benedetto XVI? «Sì, ma avevo già incontrato due vol­te papa Wojtyla», confessa serafi­co. E cosa le ha detto stavolta pa­pa Ratzinger? «Ho sentito poco, sa, sono un po’ sordo...». All’usci­ta sono tutti euforici. Paolo, vo­lontario della Comunità, scherza con una vecchia zingara: «Che ti ha detto il Papa? Ma che, la Befa­na è già arrivata quest’anno?». Ri­de la donna col suo sorriso a scac­chi. E i due si abbracciano come nonna e nipote.

© Copyright Avvenire, 29 dicembre 2009

Mah...
R.

2 commenti:

Maria R. ha detto...

Lo trovo un po' freddo.
Mi garba di piu' il pezzo di Brugnara, che hai inserito ieri, sarà forse più breve e meno ricco di particolari, ma ridava vita a quella bell'atmosfera familiare che il Papa ha saputo creare.

Raffaella ha detto...

Concordo!
Mi sono piaciuti anche Galeazzi e Vecchi.
R.