venerdì 8 gennaio 2010
Ecco dove la croce può costare la vita (Tornielli)
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Dialogo interreligioso e riconoscimento giuridico della Chiesa cattolica in Turchia al centro del discorso del Papa all’ambasciatore di Ankara (R.V.)
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Ecco dove la croce può costare la vita
di Andrea Tornielli
DISCRIMINAZIONI Dall’Irak alla Nigeria passando per l’India e il Sud America, le persecuzioni sono ancora troppo frequenti
Roma
C’è l’Egitto, ma anche l’Irak (dove la guerra ha notevolmente peggiorato le condizioni di vita dei cristiani), il Pakistan, l’India, la Nigeria... Sono ancora troppi i Paesi dove si rischia la vita, talvolta tra l’indifferenza generale, soltanto perché si professa la fede cristiana.
I casi più gravi sono avvenuti in Irak a metà dicembre, quando delle autobomba sono esplose fuori dalle chiese di Mossul e si sono verificati alcuni omicidi. Nella stessa zona, l’anno precedente, quaranta cristiani erano stati vittime delle violenze degli estremisti sunniti e ben 12mila di loro avevano abbandonato la regione per cercare rifugio altrove. Come dimenticare, poi, le stragi dell’Orissa, compiute ai danni dei cristiani nell’agosto 2008? Vennero bruciate case, assaliti conventi e ospedali, vennero violentate e bruciate vive delle suore. I responsabili degli attacchi sono stati processati e condannati a pene molto lievi oppure assolti.
Nel luglio 2009 c’è stata una recrudescenza delle violenze in Nigeria, durante una rivolta fomentata da un gruppo integralista che chiedeva l’applicazione rigida della sharia, la legge coranica, anche ai cristiani. Pesanti conseguenze ci sono state in Pakistan per l’applicazione delle leggi antiblasfemia, che sono costate la vita a vari appartenenti a fedi diverse da quella musulmana. La paura si tocca con mano, visto che - informa l’agenzia Zenit, ben il 40% di persone in meno hanno partecipato nei giorni scorsi alle celebrazioni natalizie, nonostante le severe misure di sicurezza. Mentre in Vietnam, è notizia di queste ore comunicata da Radio Vaticana, la polizia ha abbattuto con gli esplosivi il crocifisso nel cimitero cattolico di Hanoi e i fedeli richiamati sul posto dal boato sono stati caricati e picchiati dalla polizia. «È un attacco pesante - scriveva qualche tempo fa sul Giornale il missionario Piero Gheddo, commentando la crescita delle violenze - che ha radici forti e non risparmia nessuno. Le comunità cristiane locali danno fastidio, perché con la loro stessa esistenza diffondono una religione, una cultura e un sistema di vita fondati sul valore assoluto della persona umana, quindi sulla libertà, l’eguaglianza di tutti di fronte allo Stato, la donna con gli stessi diritti dell’uomo, la democrazia, la giustizia sociale».
Persino negli Stati Uniti - ad affermarlo è sempre Radio Vaticana - sarebbe aumentato il numero di crimini commessi contro le organizzazioni cristiane. Dodici omicidi e oltre 1.200 atti di violenza nell’anno appena concluso, documentati in un rapporto del «Cristian Security Network». E non ci sono soltanto i Paesi dove i cristiani sono vittime per la mancanza di libertà religiosa. Ci sono anche i Paesi dove missionari, preti, religiosi, suore e volontari laici perdono la vita svolgendo il loro quotidiano lavoro a servizio delle comunità, in favore dei poveri. Nell’anno 2009, informa l’annuale dossier dell’agenzia Fides, hanno perso la vita in modo violento 37 operatori pastorali: 30 sacerdoti, due religiose, due seminaristi, tre laici. Si tratta del numero più alto registrato negli ultimi dieci anni. Dandone notizia sul quotidiano vaticano nei giorni scorsi, l’editorialista de L’Osservatore Romano, Lucetta Scaraffia, ha fatto notare come le vittime siano state quasi il doppio dell’anno precedente e soprattutto che la notizia non è stata data con il dovuto rilievo perché «contraddice l’immagine della Chiesa dominante sui media», dove viene di solito rappresentata come «una struttura ricca e potente», un’oligarchia «anziana e rigida che sarebbe incapace di capire come è cambiato il mondo», un «anticume da liquidare per la libertà dell’umanità».
Un triste primato spetta all’America, dove in Brasile, Colombia, Messico, Cuba, El Salvador, Stati Uniti e Guatemala sono stati ben 23 gli operatori pastorali assassinati. Si può infine ricordare che anche il nostro Paese ha versato il suo tributo di sangue, dato che tra le vittime del 2009 ci sono due missionari italiani: padre Giuseppe Bertaina, dei missionari della Consolata, ucciso in Kenya lo scorso gennaio, e don Ruggero Ruvoletto, missionario Fidei donum, ucciso in Brasile in settembre.
© Copyright Il Giornale, 8 gennaio 2010 consultabile online anche qui.
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