domenica 10 gennaio 2010

La violenza non è mai la via per risolvere le difficoltà: l’appello del Papa in difesa dei diritti dei migranti e dei cristiani perseguitati (R.V.)


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La violenza non è mai la via per risolvere le difficoltà: all’Angelus, l’appello di Benedetto XVI in difesa dei diritti dei migranti e dei cristiani perseguitati. Nella Festa del Battesimo del Signore, il Papa battezza 14 bambini

Il cuore di Benedetto XVI è accanto a chi soffre, ai migranti come ai cristiani vittime delle persecuzioni.
All’Angelus in Piazza San Pietro, nella Festa del Battesimo del Signore, il Papa leva un vibrante appello contro la violenza e in difesa della dignità della persona, ferita in questi giorni nell’Italia del Sud come in Egitto e Malaysia. Prima della recita della preghiera mariana, il Papa ha celebrato una Messa nella Cappella Sistina nella quale ha amministrato il Battesimo a 14 bambini. Nell’omelia, il Papa si è soffermato sul significato di questo Sacramento, che ci rende realmente figlio di Dio. Il servizio di Alessandro Gisotti:


I migranti sfruttati e i cristiani perseguitati: all’Angelus, Benedetto XVI confida che, in questi ultimi giorni, la sua attenzione è stata attratta dalla condizione di persone immigrate, “che cercano una vita migliore in Paesi che hanno bisogno, per diversi motivi, della loro presenza”, e dalle “situazioni conflittuali, in varie parti del mondo, in cui i cristiani sono oggetto di attacchi, anche violenti”. Il Papa rivolge dunque un vibrante appello:

“Bisogna ripartire dal cuore del problema! Bisogna ripartire dal significato della persona! Un immigrato è un essere umano, differente per provenienza, cultura, e tradizioni, ma è una persona da rispettare e con diritti e doveri, in particolare, nell’ambito del lavoro, dove è più facile la tentazione dello sfruttamento, ma anche nell’ambito delle condizioni concrete di vita. La violenza non deve essere mai per nessuno la via per risolvere le difficoltà. Il problema è anzitutto umano! Invito, a guardare il volto dell’altro e a scoprire che egli ha un’anima, una storia e una vita e che Dio lo ama come ama me”.

Ed esprime considerazioni simili anche “per ciò che riguarda l’uomo nella sua diversità religiosa”. Il pensiero va ai recenti attacchi anticristiani in Egitto e Malaysia:

“La violenza verso i cristiani in alcuni Paesi ha suscitato lo sdegno di molti, anche perché si è manifestata nei giorni più sacri della tradizione cristiana. Occorre che le Istituzioni sia politiche, sia religiose non vengano meno – lo ribadisco – alle proprie responsabilità. Non può esserci violenza nel nome di Dio, né si può pensare di onorarlo offendendo la dignità e la libertà dei propri simili”. Prima delle parole sui migranti e i cristiani perseguitati, il Papa si era soffermato sul significato dell’odierna festa del Battesimo del Signore. Un avvenimento, afferma, che suggerisce molto bene il “senso globale delle Festività natalizie, nelle quali il tema del diventare figli di Dio grazie alla venuta del Figlio unigenito nella nostra umanità costituisce un elemento dominante”. “Dio – sottolinea – è nato perché noi possiamo rinascere”. Dal Battesimo, è poi la sua riflessione, deriva anche un modello di società: “quella dei fratelli”. La fraternità, avverte il Papa, “non si può stabilire mediante un’ideologia, tanto meno per decreto di un qualsiasi potere costituito”:

“Ci si riconosce fratelli a partire dall’umile ma profonda consapevolezza del proprio essere figli dell’unico Padre celeste. Come cristiani, grazie allo Spirito Santo ricevuto nel Battesimo, abbiamo in sorte il dono e l’impegno di vivere da figli di Dio e da fratelli, per essere come “lievito” di un’umanità nuova, solidale e ricca di pace e di speranza”. Canti

Prima dell’Angelus, il Papa aveva amministrato il Sacramento del Battesimo a 14 neonati, durante una celebrazione eucaristica nella Cappella Sistina. E’ “un grande giorno” per questi bambini, ha detto il Papa, che nella sua omelia si è soffermato sul racconto proposto dal Vangelo domenicale: il Battesimo di Gesù sulle rive del Giordano. E’ la prima occasione, ha annotato il Santo Padre, in cui egli da uomo maturo, entra nella scena pubblica, dopo aver lasciato Nazaret. Lo troviamo ora presso Giovanni il Battista, mentre, ci racconta San Luca, il popolo “era in attesa”:

“Egli sottolinea, così, l’attesa di Israele, coglie, in quelle persone che avevano lasciato le loro case e gli impegni abituali, il profondo desiderio di un mondo diverso e di parole nuove, che sembrano trovare risposta proprio nelle parole severe, impegnative, ma colme di speranza del Precursore”.
Quello di Giovanni, spiega, è un “battesimo di penitenza, un segno che invita alla conversione, a cambiare vita, perché si avvicina Colui che ‘battezzerà in Spirito santo e fuoco’”:

“Infatti, non si può aspirare ad un mondo nuovo rimanendo immersi nell’egoismo e nelle abitudini legate al peccato. Anche Gesù abbandona la casa e le consuete occupazioni per raggiungere il Giordano. Arriva in mezzo alla folla che sta ascoltando il Battista e si mette in fila come tutti, in attesa di essere battezzato”.

Quando Giovanni vede Gesù avvicinarsi “intuisce che in quell’Uomo c’è qualcosa di unico, che è il misterioso Altro che attendeva e verso il quale era orientata tutta la sua vita”. Eppure, annota il Papa, Gesù ci sorprende con la sua umiltà:

“Presso il Giordano, Gesù si manifesta con una straordinaria umiltà, che richiama la povertà e la semplicità del Bambino deposto nella mangiatoia, e anticipa i sentimenti con i quali, al termine dei suoi giorni terreni, giungerà a lavare i piedi dei discepoli e subirà l’umiliazione terribile della croce".

“Il Figlio di Dio, Colui che è senza peccato - prosegue - si pone tra i peccatori, mostra la vicinanza di Dio al cammino di conversione dell’uomo”:
“Gesù prende sulle sue spalle il peso della colpa dell’intera umanità, inizia la sua missione mettendosi al posto dei peccatori, nella prospettiva della croce”

Quando dopo il battesimo, Gesù esce dall’acqua, rileva il Papa, si aprono i cieli e “la voce stessa del Padre indica agli uomini la presenza nel mondo del suo Figlio che invita a guardare alla risurrezione, alla vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte”. E afferma che anche per i bambini battezzati si aprono i cieli, giacché “lo Spirito Santo abiterà in loro come in un tempio, trasformando in profondità il loro cuore”:

“Da questo momento, la voce del Padre chiamerà anche loro ad essere suoi figli in Cristo e, nella sua famiglia che è la Chiesa, donerà a ciascuno il dono sublime della fede. Tale dono, ora che non hanno la possibilità di intendere pienamente, sarà deposto nel loro cuore come un seme pieno di vita, che attende di svilupparsi e portare frutto”.

E non manca di sottolineare il ruolo determinante dei genitori, dei padrini e delle madrine, la cui fede rappresenta “la premessa necessaria perché la Chiesa conferisca il Battesimo ai loro bambini”. Ai genitori, osserva il Papa, il celebrante ricorda che con questo Sacramento essi assumono l’impegno di educare i propri figli nella fede:

“Questi dovranno impegnarsi ad alimentare con le parole e la testimonianza della loro vita le fiaccole della fede dei bambini, perché possa risplendere in questo nostro mondo, che brancola spesso nelle tenebre del dubbio, e recare la luce del Vangelo che è vita e speranza”.

Benedetto XVI ricorda dunque che la liturgia presenta il Battesimo proprio come un’esperienza di luce. “È del Battesimo - spiega - illuminare con la luce di Cristo, aprire gli occhi al suo splendore e introdurre al mistero di Dio attraverso il lume divino della fede”. Infine, l’auspicio che i fedeli possano essere sempre illuminati dalla luce del Vangelo che ci conduce “ad una vita più felice, più bella, più solidale, ad una vita secondo Dio”

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