martedì 16 febbraio 2010

Il Papa convoca in Vaticano l’episcopato irlandese per fare luce sui crimini commessi contro l’infanzia. E apre alla giustizia ordinaria (Liberal)


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Il Papa convoca in Vaticano l’episcopato irlandese per fare luce sui crimini commessi contro l’infanzia. E apre alla giustizia civile

di Vincenzo Faccioli Pintozzi

La Polonia e l'Irlanda sono, da almeno cinquant'anni, i veri bastioni cattolici d'Europa. Messa da parte molto tempo fa la "figlia prediletta" di Santa Romana Chiesa, quella Francia troppo laicista per essere gradita Oltretevere, Varsavia e Dublino si contendono da tempo lo scettro di nazione più fedele ai precetti papali. Con la riunione che si conclude oggi, probabilmente, la Chiesa d'Irlanda vedrà la fine della competizione: troppi, e troppo impuniti, i crimini commessi dal clero locale ai danni dei giovani fedeli per poter pensare a un ripulisti efficace.
Lo sa bene Benedetto XVI, che sempre oggi dovrebbe permettere la pubblicazione della Lettera apostolica annunciata in dicembre fa e diretta al gregge dell'Isola di Smeraldo.
Una Lettera che, con ogni probabilità, metterà in chiaro senza più mezzi termini l'opinione del vescovo di Roma riguardo il tema drammatico degli abusi sessuali compiuti dai sacerdoti irlandesi sui minori.
Benedetto XVI ha completato nei giorni il testo, che contiene direttive precise e molto severe: sembra quasi certo lo sdoganamento dell'uso della giustizia civile e ordinaria per risolvere quelli che, come ha detto il Papa, sono «crimini orribili». Un colpo durissimo per quell'alone di omertà che ha troppo spesso circondato le curie di tutto il mondo.
«Scosso e addolorato» dai due rapporti ministeriali sugli abusi dei preti in Irlanda e nella diocesi di Dublino, le cui risultanze gli sono state confermate dai vertici dell'episcopato irlandese, il Papa aveva assunto pubblicamente l'11 dicembre scorso impegni precisi verso le vittime: i responsabili pagheranno, aveva assicurato annunciando la Lettera pastorale sulla dolorosa vicenda.
Ad aumentare lo sdegno del Papa è il fatto che i sacerdoti colpevoli (una cinquantina) sono spesso stati semplicemente ammoniti e trasferiti dai loro vescovi. In una nota, il Pontefice aveva espresso ancora una volta «il suo profondo rammarico per le azioni di alcuni membri del clero che avevano tradito la loro solenni promesse a Dio, così come la fiducia in loro riposta da parte delle vittime e delle lo- ro famiglie, e dalla società in generale». Il Santo Padre, si legge ancora in quella nota, «condivide l'oltraggio, il tradimento e la vergogna percepiti da così tanti fedeli in Irlanda, e si è unito a loro nella preghiera in questo momento difficile nella vita della Chiesa».
Nel testo anche l'assicurazione «a tutti gli interessati che la Chiesa continuerà a seguire la grave questione con la massima attenzione, al fine di meglio comprendere come tali vergognosi eventi siano accaduti e il modo migliore per sviluppare strategie efficaci così da evitare il loro ripetersi».
La Santa Sede, del resto, come affermato dalla nota vaticana, «prende molto sul serio le questioni centrali sollevate dalla relazione, ivi comprese le questioni relative alla guida dei responsabili della Chiesa locale che avevano la responsabilità ultima nella cura pastorale dei bambini».
Il comunicato, che il direttore della Sala stampa della Santa Sede padre Federico Lombardi aveva definito «di chiaro stile ratzingeriano», termina con un ultimo invito di Benedetto XVI rivolto «a tutti coloro che hanno dedicato la loro vita nel servizio generoso ai bambini, perché perseverino nelle loro opere buone, a imitazione di Cristo Buon Pastore».
Su questi fondamentali, il Papa ha voluto far poggiare i colloqui con l'episcopato irlandese, convocato in Vaticano per una insolita "due giorni" di lavoro. Le riunioni si sono aperte ieri alle nella sala Bologna del Palazzo apostolico e si concluderanno oggi intorno alle 13.
Oltre ai vescovi irlandesi sono presenti i massimi vertici della segreteria di Stato vaticana e numerosi esponenti dei dicasteri competenti della Curia romana.
Tra questi, il prefetto della Congregazione dei vescovi, cardinale Giovanni Battista Re, il prefetto per la Dottrina della Fede, cardinale William Joseph Levada e monsignor Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi.
In apertura dei lavori, l'affondo è stato affidato al Segretario di Stato Tarcisio Bertone, che nell'omelia della prima messa con i vescovi ha detto: «L'opera di carità di Dio, della sua infinita misericordia, può colmare l'abisso più, ma questo può succedere purché il peccatore riconosca la propria colpa in piena verità».
Un invito a riconoscere i crimini e a pentirsi accolto in parte dal portavoce degli irlandesi, mons. Joseph Duffy. Il vescovo di Clogher, parlando a nome dei suoi confratelli, ha detto al Papa: « Ammetto con molta franchezza quello che tutti sanno. Sono episodi che hanno inferto alla Chiesa ferite profonde, mettendola in una situazione molto seria.
Un grave danno all'autorità della Chiesa e alla fedeltà al Vangelo di Gesù Cristo». Se non si prendono provvedimenti adeguati, aveva detto il Pontefice nel 2006 proprio ai vescovi irlandesi, «il pregevole lavoro e l'abnegazione della grande maggioranza dei sacerdoti e religiosi d'Irlanda finiranno con l'essere oscurati dalle trasgressioni di alcuni dei loro fratelli».
Papa Ratzinger aveva chiesto in particolare ai presuli di «stabilire cosa sia avvenuto realmente nel passato, e prendere ogni provvedimento affinché casi del genere non avvengano di nuovo».
E di «assicurarsi che i principi di giustizia siano pienamente rispettati, indennizzando tutti coloro che sono stati colpiti da questo grave crimine. Solo in questo modo la Chiesa in Irlanda potrà crescere più forte ed essere ancora più capace di dare testimonianza della forza redentrice della croce di Cristo». Ma nelle scorse settimane il Pontefice ha dovuto constatare purtroppo come tutto questo sia rimasto in gran parte lettera morta.
In altre realtà invece - soprattutto negli Stati Uniti, dove il Papa nel 2008 ha compiuto un memorabile viaggio - sta pagando la linea della "tolleranza zero" individuata da Ratzinger quando ancora era prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede per sconfiggere il triste fenomeno dei preti pedofili. Un fenomeno emerso per la prima volta negli Stati Uniti: il vertice dei vescovi americani, riuniti a Roma da Giovanni Paolo II, vennero accolti dall'allora prefetto per la Dottrina della Fede con un nuovo documento, il "De Delictis Gravioribus", che definiva le linee guida del motu proprio con cui Giovanni Paolo II rafforzò l'ex Sant'Uffizio nel giudicare i casi di violenze e molestie.
Dalla pubblicazione delle nuove norme (2001), nel mondo i nuovi delitti sono stati molto di meno rispetto agli anni precedenti, come dimostra uno studio del "John Jay College", che rileva il «declino notevolissimo dei casi denunciati a partire dai primi anni 2000.
L'opinione pubblica non se ne è accorta perché continuano a far notizia i processi in corso». Su questo terreno il Papa tedesco è molto severo ed esigente, più del suo predecessore Giovanni Paolo II, tanto che non ha esitato a calare la scure anche su potenti uomini di Chiesa fin qui ritenuti intoccabili, compreso il vescovo John Magee, 73 anni, che in Vaticano era stato era stato segretario privato di tre papi: Paolo VI; Giovanni Paolo I e Giovanni Polo II ed ora a capo della diocesi di Cloyne (Irlanda).
Questi avrebbe infatti omesso di prendere provvedimenti nei confronti di due sacerdoti della sua diocesi, accusati di violenze sessuali su minori: Benedetto XVI ha già scelto il sostituto, nella persona dell'arcivescovo Dermot Clifford. Tutto questo dimostra come il Papa non intenda più giustificare nè coprire coloro che si coprono del peggiore fra i delitti, quello contro l'infanzia. E che non ha paura di lavare i panni in piazza, come dimostrano gli appelli e le condanne pronunciati più volte in pubblico e, come sembra, ancora più severamente in privato con i responsabili.
Quello che è certo è che la "questione irlandese" è destinata a rimanere negli annali della dottrina della fede e probabilmente della giurisprudenza vaticana. In ballo c'è la credibilità dell'istituzione e del mondo che le ruota intorno, un mondo che non può permettersi macchie di questa gravità sulla veste.

© Copyright Liberal, 16 febbraio 2010 consultabile online anche qui e qui.

Non mi pare che Benedetto XVI abbia mai usato mezze misure o giustificato i colpevoli.
R.

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