domenica 23 maggio 2010

Il Papa: il fuoco dello Spirito infiamma la Chiesa, la terra, gli Stati (AsiaNews)


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Il Papa: "La Chiesa universale precede le Chiese particolari, e queste devono sempre conformarsi a quella, secondo un criterio di unità e universalità. La Chiesa non rimane mai prigioniera di confini politici, razziali e culturali; non si può confondere con gli Stati e neppure con le Federazioni di Stati, perché la sua unità è di genere diverso e aspira ad attraversare tutte le frontiere umane" (Omelia)

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Papa: il fuoco dello Spirito infiamma la Chiesa, la terra, gli Stati

Nella celebrazione della Pentecoste Benedetto XVI riafferma il valore dell’unità e dell’universalità della Chiesa: parla tutte le lingue, si inserisce in tutte le culture, ma non si identifica con nessuno Stato o cultura particolare. La Chiesa universale “precede le chiese particolari”. Il fuoco della Spirito brucia, ma non consuma, è diversa dal fuoco “delle guerre e delle bombe”, dai dittatori che “lasciano dietro di sé terra bruciata”. Lo Spirito chiede un cambiamento all’uomo: dalla “logica dell’avere, del possedere” a quella del dono. Ma l’uomo spesso ha paura di perdere se stesso.

Città del Vaticano (AsiaNews)

Il dono della Spirito Santo – che la Chiesa celebra nella festa odierna della Pentecoste - è la realizzazione della preghiera e della promessa di Gesù Cristo: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12,49).
Il fuoco dello Spirito è diverso dal fuoco “delle guerre e delle bombe”; dai fuochi “accesi dai dittatori di ogni epoca” e “ fa emergere la parte migliore e più vera dell’uomo… la sua vocazione alla verità e all’amore”. Allo stesso tempo lo Spirito crea l’unità e l’universalità della Chiesa. Essa si esprime in ogni lingua, ma “non rimane mai prigioniera di confini politici, razziali e culturali; non si può confondere con gli Stati e neppure con le Federazioni di Stati, perché la sua unità è di genere diverso e aspira ad attraversare tutte le frontiere umane”.
Benedetto XVI ha improntato la sua omelia nella celebrazione odierna proprio sul segno del “fuoco”, che genera “il ‘nuovo corso’ dell’opera di Dio iniziato con la risurrezione di Cristo, opera che coinvolge l’uomo, la storia e il cosmo”.
Riferendosi anzitutto al racconto della Pentecoste (Atti 2,1-11), e all’elenco dei popoli che per primi ascoltano nelle loro lingue “le grandi opere di Dio”, il papa mostra ciò che “l’auto-comunicazione di Dio” produce nel mondo: “Là dove ci sono lacerazioni ed estraneità, essa crea unità e comprensione. Si innesca un processo di riunificazione tra le parti della famiglia umana, divise e disperse; le persone, spesso ridotte a individui in competizione o in conflitto tra loro, raggiunte dallo Spirito di Cristo, si aprono all’esperienza della comunione, che può coinvolgerle a tal punto da fare di loro un nuovo organismo, un nuovo soggetto: la Chiesa”.
L’unità – continua il pontefice – è “il biglietto da visita della Chiesa”. E precisa: “La Chiesa universale precede le Chiese particolari, e queste devono sempre conformarsi a quella, secondo un criterio di unità e universalità. La Chiesa non rimane mai prigioniera di confini politici, razziali e culturali; non si può confondere con gli Stati e neppure con le Federazioni di Stati, perché la sua unità è di genere diverso e aspira ad attraversare tutte le frontiere umane”.
Le sottolineature del pontefice cadono a proposito: proprio in questi giorni vi sono diverse chiese particolari – in Germania, in Austria, … - che esigono cambiamenti e adattamenti della tradizione della fede. Allo stesso tempo, proprio nella scorsa settimana si sono tenuti a Roma alcuni incontri con la Chiesa ortodossa russa, miranti a una collaborazione fra Chiesa d’oriente e d’occidente contro il secolarismo e il materialismo della società.
“Il cammino dei cristiani e delle Chiese particolari – precisa il papa - deve sempre confrontarsi con quello della Chiesa una e cattolica, e armonizzarsi con esso”. E ancora: “La Chiesa è per sua natura una e molteplice, destinata com’è a vivere presso tutte le nazioni, tutti i popoli, e nei più diversi contesti sociali. Essa risponde alla sua vocazione, di essere segno e strumento di unità di tutto il genere umano (cfr Lumen gentium, 1), solo se rimane autonoma da ogni Stato e da ogni cultura particolare. Sempre e in ogni luogo la Chiesa dev’essere veramente, cattolica e universale, la casa di tutti in cui ciascuno si può ritrovare”.
Il fuoco della Spirito trasforma anche la società: “Gli Apostoli, insieme ai fedeli delle diverse comunità, hanno portato questa fiamma divina fino agli estremi confini della Terra; hanno aperto così una strada per l’umanità, una strada luminosa, e hanno collaborato con Dio che con il suo fuoco vuole rinnovare la faccia della terra. Com’è diverso questo fuoco da quello delle guerre e delle bombe! Com’è diverso l’incendio di Cristo, propagato dalla Chiesa, rispetto a quelli accesi dai dittatori di ogni epoca, anche del secolo scorso, che lasciano dietro di sé terra bruciata. Il fuoco di Dio, il fuoco dello Spirito Santo, è quello del roveto che divampa senza bruciare (cfr Es 3,2). E’ una fiamma che arde, ma non distrugge; che, anzi, divampando fa emergere la parte migliore e più vera dell’uomo, come in una fusione fa emergere la sua forma interiore, la sua vocazione alla verità e all’amore”.
“E tuttavia – continua il pontefice - essa [la fiamma dello Spirito – ndr] opera una trasformazione, e perciò deve consumare qualcosa nell’uomo, le scorie che lo corrompono e lo ostacolano nelle sue relazioni con Dio e con il prossimo. Questo effetto del fuoco divino però ci spaventa, abbiamo paura di essere ‘scottati’, preferiremmo rimanere così come siamo. Ciò dipende dal fatto che molte volte la nostra vita è impostata secondo la logica dell’avere, del possedere e non del donarsi. Molte persone credono in Dio e ammirano la figura di Gesù Cristo, ma quando viene chiesto loro di perdere qualcosa di se stessi, allora si tirano indietro, hanno paura delle esigenze della fede”.
E aggiunge ancora: “Perdere qualcosa, anzi, se stessi per il vero Dio, il Dio dell’amore e della vita, è in realtà guadagnare, ritrovarsi più pienamente. Chi si affida a Gesù sperimenta già in questa vita la pace e la gioia del cuore, che il mondo non può dare, e non può nemmeno togliere una volta che Dio ce le ha donate. Vale dunque la pena di lasciarsi toccare dal fuoco dello Spirito Santo! Il dolore che ci procura è necessario alla nostra trasformazione”.
“Perciò – ha concluso - illuminati e confortati da queste parole di vita, eleviamo la nostra invocazione: Vieni, Spirito Santo! Accendi in noi il fuoco del tuo amore! Sappiamo che questa è una preghiera audace, con la quale chiediamo di essere toccati dalla fiamma di Dio; ma sappiamo soprattutto che questa fiamma – e solo essa – ha il potere di salvarci. Non vogliamo, per difendere la nostra vita, perdere quella eterna che Dio ci vuole donare. Abbiamo bisogno del fuoco dello Spirito Santo, perché solo l’Amore redime. Amen”.

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Raffaella ho trovato una chicca su internet:

http://www.iscom.info/page.php?id=34

Si tratta di un adattamento video di circa 1 ora di "Introduzione al cristianesimo" prodotta su incarco dell'Opus Dei.
Ne avevi parlato anche tu:

http://paparatzinger-blograffaella.blogspot.com/2008/04/il-pontificato-di-benedetto-xvi-lascer.html

Antonio