sabato 22 maggio 2010

La festa di Pentecoste nella tradizione siro-occidentale: Nel pane e nel calice il fuoco dello Spirito Santo (Nin)


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La festa di Pentecoste nella tradizione siro-occidentale

Nel pane e nel calice il fuoco dello Spirito Santo

di Manuel Nin

La Pentecoste, cinquanta giorni dopo la Pasqua, è una delle feste più antiche del calendario cristiano. Ne parlano Tertulliano e Origene nel iii secolo, e già nel iv secolo fa parte del patrimonio teologico e liturgico delle diverse Chiese. I testi dell'ufficiatura siro-occidentale si soffermano a lungo nel mettere in rilievo il dono dello Spirito Santo, quasi una nuova creazione: "Oggi il Paraclito scende e illumina i discepoli nel cenacolo; oggi lo Spirito Paraclito dona l'intelligenza agli apostoli, illumina i pescatori e li riveste della forza dall'alto; oggi lo Spirito dona la sapienza agli ignoranti e ai semplici e ai pescatori il talento dei maestri".
Nella liturgia siro-occidentale la Pentecoste è collegata strettamente con l'Ascensione: "Lode a te, Cristo Dio nostro, sole di giustizia, che quando ti accingevi a salire in cielo, hai radunato la tua mistica famiglia sul monte degli Ulivi e su di essa hai alitato il dono dello Spirito Santo dicendo: Andate, ammaestrate tutte le nazioni affinché vengano pescate nelle reti evangeliche". E il vespro elenca le prefigurazioni del dono dello Spirito: "Oggi gli apostoli hanno bevuto la bevanda divina dei doni dello Spirito Santo; oggi il cenacolo diventa una seconda Babele per la venuta dello Spirito Santo, benché in questo posto le lingue di fuoco non sono per punire ma per istruire; oggi i dodici patriarchi diventano sacerdoti, profeti e re; il giorno di oggi è prefigurato dalle sette lampade messe sul candelabro dell'altare, dalle sette colonne su cui si edifica la sapienza".
Efrem di Nisibi, con le immagini del fuoco applicata allo Spirito Santo e della brace ardente al corpo e al sangue di Cristo, afferma: "Nel tuo pane si nasconde lo Spirito che non può essere mangiato e nel tuo vino c'è il fuoco che non si può bere. Lo Spirito nel tuo pane, il fuoco nel tuo vino: ecco una meraviglia accolta dalle nostre labbra; nostro Signore ha dato da mangiare e da bere fuoco e Spirito. Ecco il fuoco e lo Spirito nel grembo che ti ha generato. Ecco il fuoco e lo Spirito nel fiume dove sei stato battezzato. Fuoco e Spirito nel nostro battesimo. Nel pane e nel calice fuoco e Spirito Santo".
L'immagine del fuoco e dei suoi effetti - calore, lievitazione, cottura, incandescenza - applicata all'azione dello Spirito Santo diventa simbolo di realtà spirituali. Parlando dello Spirito Santo come fuoco, gli autori siriaci e la loro liturgia vogliono sottolineare l'opera divina dello Spirito per mezzo dell'eucaristia: per mezzo di essa, diventata incandescente nello Spirito Santo, i fedeli sono vivificati e ricevono i doni dell'immortalità. Lo Spirito Santo è colui che santifica il pane e il vino, come santifica e consacra l'acqua e l'olio nel battesimo e nella cresima.
Efrem, in una omelia sulla settimana santa, dice: "Voi mangerete una Pasqua pura e immacolata, un pane lievitato e perfetto che lo Spirito Santo ha preparato e ha fatto cuocere, un vino mescolato di fuoco e di Spirito: il corpo e il sangue di Dio, che fu vittima per tutti gli uomini". Lo Spirito Santo, quindi, è il fuoco nascosto che avvolge il sacerdote, aleggia sull'altare e discende sui doni nel momento dell'epiclesi. L'immagine dello Spirito aleggiante viene presentata dagli autori siriaci con un termine che indica il covare della chioccia sulle uova, l'aleggiare dello Spirito sulle acque all'inizio della Genesi e la discesa dello Spirito Santo su Maria e sui santi doni nell'eucaristia. I testi liturgici siro-occidentali sottolineano anche che la santificazione operata dallo Spirito è in vista della santificazione dei fedeli e del perdono dei loro peccati: "Affinché questi misteri purifichino i cuori di coloro che ne parteciperanno, rendano spirituali i loro pensieri e santifichino le loro anime per il Regno dei cieli e la nuova vita eterna".
Il sacerdote invoca lo Spirito Santo affinché renda presente la risurrezione di Cristo sull'altare; cioè dia al corpo di Cristo messo nella tomba l'immortalità, l'incorruttibilità e lo faccia diventare, come dice l'epiclesi dell'anafora di san Giacomo, "corpo datore di vita, corpo che dà la salvezza alle nostre anime e ai nostri corpi, corpo del Signore, Dio grande e Salvatore nostro Gesù Cristo". Questo processo di configurazione al fuoco divino, cioè allo Spirito Santo, è per Efrem processo di crescita anche nella configurazione a Cristo: "Il suo corpo si è mescolato ai nostri corpi. Il suo sangue si è versato nelle nostre arterie. La sua voce nelle nostre orecchie, nei nostri occhi la sua luce. Lui e noi, interamente, per la sua grazia mescolati".
Nell'icona della Pentecoste vediamo gli apostoli radunati come per una liturgia: è in essa che ricevono il dono dello Spirito Santo. La presenza di Pietro e Paolo, e degli evangelisti Luca e Marco indica tutta la Chiesa radunata dallo Spirito Santo e nasce in una situazione di profonda comunione tra gli apostoli. E nella parte bassa dell'icona sono raffigurati personaggi vestiti in modi molto variegati (uno addirittura con la testa di cane) a indicare la diversità di popoli, razze e lingue a cui viene annunciato il Vangelo di Cristo.

(©L'Osservatore Romano - 23 maggio 2010)

1 commento:

Anonimo ha detto...

che belle queste riflessioni che fanno vivere in unità il mistero cristiano?
A quando la ripresa sirituale di queste parole ispirate nella teologia dell'ocidente?
don bregolin