venerdì 11 giugno 2010

Veglia in Piazza San Pietro. Il Papa: il sacerdozio non è una professione, ma una testimonianza d’amore (Radio Vaticana)


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Il Papa alla Veglia in Piazza San Pietro: il sacerdozio non è una professione, ma una testimonianza d’amore (Gisotti)

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Il Papa: Un grande problema del mondo di oggi è che non si pensa più al futuro di Dio, sembra sufficiente solo il presente

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Veglia in Piazza San Pietro. Il Papa: il sacerdozio non è una professione, ma una testimonianza d’amore

Sacerdote tra i sacerdoti, Benedetto XVI ha partecipato, ieri sera, ad una Veglia in Piazza San Pietro per la conclusione dell’Anno Sacerdotale. In un clima di gioia e affetto reciproco, il Papa ha pregato assieme a 15 mila sacerdoti provenienti da tutto il mondo. Rispondendo a braccio alle domande di 5 presbiteri, uno per continente, il Pontefice ha messo l’accento sulla missione dei sacerdoti chiamati a testimoniare l’amore di Cristo senza sottomettersi alle mode del momento. Quindi, ha ribadito l’importanza del celibato, segno della presenza di Dio nel mondo. La Veglia, costellata da una serie di testimonianze di sacerdoti, si è conclusa con l’Adorazione eucaristica. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Il coro festoso dei sacerdoti ha accolto il Santo Padre in Piazza San Pietro. Una dimostrazione d’affetto filiale a cui Benedetto XVI ha risposto con gratitudine:

“So che ci sono tanti parroci nel mondo che danno realmente tutta la loro forza per l’evangelizzazione, per la presenza del Signore e dei suoi Sacramenti, e a questi fedeli parroci, che con tutte le forze della loro vita, del nostro essere appassionati per Cristo, vorrei dire un grande ‘grazie’, in questo momento”.

Il Papa ha invitato i sacerdoti a non ridurre il proprio ministero ad una professione, ma a vivere con gioia l’amore per il Signore in una società sempre più complessa. Ha quindi ribadito quanto sia importante che i fedeli possano vedere che il proprio parroco è innamorato di Cristo, un uomo pieno del Vangelo che dona tutto se stesso come faceva il Curato d’Ars, San Giovanni Maria Vianney:

“Io penso che soprattutto sia importante che i fedeli vedano che questo sacerdote non fa solo un ‘job’, ore di lavoro e poi è libero e vive per se stesso, ma che è un uomo appassionato di Cristo, che porta in sé il fuoco dell’amore di Cristo. Se vedono che è pieno della gioia del Signore, comprendono anche che non può far tutto e accettano i limiti e aiutano il parroco”.

Né ha mancato di richiamare la necessità per il sacerdote di un colloquio personale con Cristo. “Non trascurare la propria anima”, ha detto il Papa citando San Carlo Borromeo. Pregare, ha proseguito, è una “priorità pastorale fondamentale”. Del resto, ha aggiunto, bisogna anche saper riposare, riconoscendo i propri limiti:

“Ci ricordiamo una scena del Vangelo di Marco, dove i discepoli sono ‘stressati’, vogliono fare tutto, e il Signore dice: 'Andiamo via; riposate un po’''. Anche questo è lavoro pastorale: trovare ed avere l’umiltà, il coraggio di riposare”

Il Papa si è quindi soffermato sulle critiche al celibato sacerdotale, che per il mondo che non vuole Dio è un grande scandalo:

“Può in un certo senso sorprendere, questa critica permanente contro il celibato, in un tempo nel quale sempre più diventa di moda non sposarsi. Ma questo non-sposarsi è una cosa totalmente, fondamentalmente diversa dal celibato, perché il non-sposarsi è basato sulla volontà di vivere solo per se stessi, di non accettare nessun vincolo definitivo, di avere la vita in ogni momento in piena autonomia, decidere in qualsiasi momento come fare, cosa prendere dalla vita”.

Il sacerdozio, ha rilevato, è invece un sì definitivo. E’ un atto di fedeltà proprio come il matrimonio tra un uomo e una donna, vero fondamento della cultura cristiana. “Un grande problema del mondo di oggi – ha quindi osservato – è che non si pensa più al futuro di Dio, sembra sufficiente solo il presente". Per questo, ha soggiunto, il “celibato come anticipazione del futuro”, segno della presenza di Dio, è percepito come uno scandalo:

“Sappiamo che accanto a questo scandalo che il mondo non vuole vedere ci sono anche gli scandali dei nostri peccati, che oscurano il vero e grande scandalo. Ma c'è tanta fedeltà, il celibato è un grande segno della fede!”.

Il Papa ha così sottolineato che la celebrazione quotidiana dell’Eucaristia aiuta i sacerdoti ad evitare i rischi, sempre presenti, del clericalismo, il chiudersi in se stessi. Ed ha rammentato l’esempio di Madre Teresa, la cui opera straordinaria di carità non sarebbe stata possibile senza la presenza del Tabernacolo, dell’amore di Dio. Benedetto XVI ha poi messo in guardia da una teologia frutto dell’arroganza della ragione che oscura la fede e dimentica la realtà vitale. La vera ragione, ha soggiunto, non esclude Dio:

“C’è realmente questo abuso della teologia, che è arroganza della ragione e non nutre la fede, ma oscura la presenza di Dio nel mondo. Poi, c’è una teologia che vuole conoscere di più per amore dell’amato, è stimolata dall’amore e dall’amore guidata, vuole conoscere di più l’amato. E questa è la vera teologia, che viene dall’amore di Dio, di Cristo e vuole entrare più profondamente in comunione con Cristo”.

Il Papa ha ricordato che, da oltre 60 anni, si occupa di teologia, notando che alcune ipotesi considerate assolutamente scientifiche nel passato appaiano oggi invecchiate, “quasi ridicole”. Ha perciò invitato i teologi ad avere coraggio, a vincere il “fantasma della scientificità” e a non sottomettersi a tutte le ipotesi del momento:

“Soprattutto, anche, non pensare che la ragione positivistica, che esclude il trascendente, che non può essere accessibile, non è la vera ragione! Questa ragione debole, che presenta solo le cose esperimentabili, è realmente una ragione insufficiente”.

Di qui l’invito ad avere fiducia nel Magistero della Chiesa, dei vescovi in comunione con il Successore di Pietro. Nel nostro tempo, è stata la sua esortazione, dobbiamo conoscere bene la Sacra Scrittura, anche contro gli attacchi delle sette. Di fronte al calo delle vocazioni, ha poi avvertito, potremmo essere tentati di prendere la via più facile: trasformare il sacerdozio in un lavoro come gli altri. La via giusta, ha detto, è invece quella della preghiera: chiedere a Dio il dono delle vocazioni per una nuova evangelizzazione. Al contempo - ha concluso - ognuno dovrebbe fare il possibile per vivere il sacerdozio, specie con i giovani, in maniera tale da risultare convincente:

“Penso che nessuno di noi sarebbe diventato sacerdote se non avesse conosciuto sacerdoti convincenti nei quali ardeva il fuoco dell’amore di Cristo. Quindi, questo è il primo punto: cerchiamo di essere noi stessi sacerdoti convincenti”.

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