venerdì 11 giugno 2010
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ANNO SACERDOTALE - La duplice fedeltà
Il tema dell'incontro conclusivo con Benedetto XVI
In una società in cui “si è smarrita in larga misura, a causa della galoppante secolarizzazione, l’idea del sacro e del santo che ha sempre caratterizzato la religiosità popolare e la vita della Chiesa”, il sacerdote è chiamato a riscoprire il “dono della profezia”, in virtù del quale i preti “mai parlano a titolo personale, ma sempre a nome della Chiesa”, e il ruolo pastorale di “guida gerarchica delle comunità e delle persone a noi affidate”.
A ribadirlo è stato mons. Mauro Piacenza, segretario della Congregazione del clero, in una meditazione tenuta l’8 giugno, nella basilica di San Giovanni in Laterano, in occasione del Rito promosso dal Rinnovamento carismatico cattolico internazionale (Iccrs) e dalla Fraternità cattolica (The Catholic Fraternity of Charismatic Covenant Communities and Fellowship) in preparazione all’incontro internazionale dei sacerdoti. “Non si tratta – ha puntualizzato il segretario a questo proposito – di una eccellenza umana e morale nei confronti dei fratelli, i quali non di rado sono anche più santi di noi, ma dell’obbedienza ad uno specifico compito, datoci dallo Spirito, ad una vocazione che, laddove non fosse assolta da noi, rimarrebbe incompiuta”. “Fedeltà di Cristo, Fedeltà del Sacerdote” è il tema dell’incontro internazionale dei sacerdoti che si svolge a Roma, dal 9 all’11 giugno, per iniziativa della Congregazione per il clero, in collaborazione con l’Opera romana pellegrinaggi (Orp). Circa 9 mila i partecipanti, provenienti da 91 Paesi del mondo, a conclusione dell’Anno Sacerdotale, indetto dal Papa per il 150° anniversario del “dies natalis” di Giovanni Maria Vianney.
Tra i “mali” la crisi della confessione. “La perdita del sacramento della riconciliazione è la radice di molti mali nella vita della Chiesa e nella vita del sacerdote”. Lo ha detto il card. Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia, in una meditazione tenuta l’8 giugno nella basilica di San Paolo Fuori le Mura. “Una delle perdite più tragiche, che la nostra Chiesa ha subito, nella seconda metà del 20° secolo, è la perdita dello Spirito Santo nel sacramento della riconciliazione”, ha esordito il cardinale, aggiungendo: “Laddove il sacerdote non è più confessore, diventa operatore sociale religioso”. “Quando il sacerdote si allontana dal confessionale, entra in una grave crisi di identità”, la tesi di fondo dell’arcivescovo, che ha identificato nell’allontanamento dal sacramento della penitenza “una delle cause principali della molteplice crisi in cui il sacerdozio si è venuto a trovare negli ultimi cinquant’anni”. “Un sacerdote che non si trova, con frequenza, sia da un lato sia dall’altro della grata del confessionale subisce danni permanenti alla sua anima e alla sua missione”, ha affermato il porporato, secondo il quale “la maturità spirituale di un candidato al sacerdozio, a ricevere l’ordinazione sacerdotale, diventa evidente nel fatto che egli riceva regolarmente il sacramento della riconciliazione”. “La cosiddetta crisi del sacramento della penitenza – ha spiegato infatti il card. Meisner – non è solo dovuta al fatto che la gente non viene più a confessarsi, ma che noi sacerdoti non siamo più presenti nel confessionale”.
“È urgente alzarsi e andare in missione”. È l’ideale “consegna” affidata dal card. Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il clero, alle migliaia di sacerdoti, provenienti da ogni parte del mondo. “Dobbiamo essere molto coscienti dell’attuale urgenza missionaria”, ha detto il porporato nell’omelia della messa celebrata il 9 giugno nella basilica di San Paolo Fuori le Mura: “Bisogna che ci alziamo e andiamo in missione dappertutto”. “I destinatari della nostra missione sono tutti, ma in modo particolare i poveri”, ha proseguito il cardinale, ricordando che “oggi sono ancora centinaia di milioni gli esseri umani che sono costretti a vivere in dura povertà e perfino nella miseria e nella fame”.
Contestazione senza precedenti. “Oggi noi assistiamo all’irrompere di un’ondata di contestazione senza precedenti sulla Chiesa e sul sacerdozio, a seguito della rivelazione di scandali di cui dobbiamo riconoscere la gravità e porre riparo con sincerità alle conseguenze. Ma al di là delle necessarie purificazioni meritate dai nostri peccati, occorre anche riconoscere nel momento presente un’aperta opposizione al nostro servizio della verità e degli attacchi dall’esterno e anche dall’interno che minano a dividere la Chiesa”. È un passo della meditazione del card. Marc Ouellet, arcivescovo di Québec, in Canada, pronunciata il 10 giugno nella basilica di San Paolo fuori le mura. La Chiesa cattolica conta oggi 408.024 preti suddivisi sui cinque continenti. “400.000 preti è molto ed è poco per più di un miliardo di cattolici”, ha commentato il cardinale, ricordando che “oggi come alle origini della Chiesa, le sfide dell’evangelizzazione sono accompagnate dalla prova delle persecuzioni”. “La credibilità dei discepoli di Cristo si misura sull’amore reciproco che consente loro di convincere il mondo”, ha affermato l’arcivescovo.
“Grazie di cuore Santità, per tutto quanto ha fatto, sta facendo e farà per tutti i sacerdoti, anche per quelli smarriti”. È lo speciale saluto rivolto, nella veglia del 10 giugno in piazza San Pietro, dal card. Hummes al Papa, nel momento culminante di chiusura dell’Anno Sacerdotale”.
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