giovedì 8 luglio 2010

Malcostume nessun gaudio. Benedetto XVI chiede di aprire gli occhi sui peccati e le omissioni attuali (Laura Badaracchi)


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Malcostume nessun gaudio

di Laura Badaracchi

08 luglio 2010

Occorre bandire la sindrome di Calimero per dirsi la verità nella carità: quante ipocrisie e meschinità compiute con il sorriso sulle labbra?

“Nostra culpa”: sembra questo l'atteggiamento di Benedetto XVI in questi giorni. In una Chiesa che cerca l'autodifesa a ogni costo - sul Crocifisso nelle scuole, ma ben più sui gravissimi casi di pedofilia, sulle vicende di cattiva gestione economica legate a Propaganda Fide - il Papa continua a indicare una strada che passa anzitutto dall'esame di coscienza. Ecclesia semper reformanda, sembra suggerire. Ed echeggia quella frase evangelica: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Nell'omelia del 29 giugno scorso in San Pietro Benedetto XVI è tornato alla carica: non sono le persecuzioni il male maggiore e il pericolo più insidioso, ma le divisioni, incorenze e infedeltà dei credenti al Vangelo. Sono queste a minacciare “seriamente” la Chiesa. In una parola, il malcostume dilagante: esibito, mostrato, di cui addirittura ci si vanta. Dal successore di Pietro arriva l'invito a “fare le pulizie in grande” nella propria casa: in se stessi, anzitutto, e poi negli ambienti in cui aleggiano i profumi delle sacrestie.
Occorre bandire però la sindrome di Calimero per dirsi la verità nella carità: quanti gli abusi taciuti per anni? Quante le vocazioni non autentiche lasciate proseguire per la scarsità di preti o di “manodopera” negli istituti religiosi? Quante ipocrisie e meschinità compiute con il sorriso sulle labbra? E molto altro. Non solo chi non crede, ma soprattutto chi crede nel Vangelo oggi chiede a ogni fratello e sorella nella fede una testimonianza credibile, un'autenticità che non significa perfezione. Ma che vuol dire: ho i miei limiti, ce l'ho messa tutta, ho anche sbagliato, ma il mio riferimento resta Gesù Cristo. Vuol dire tornare a una fede vissuta, più che proclamata o gridata a colpi di comunicati ufficiali. Una fede che si traduce in gesti, fatti, parole e pure silenzi, sguardi eloquenti più di tanti discorsi. Tutto questo si vede in molte comunità cristiane, nelle parrocchie, nei gruppi, nelle associazioni e nei movimenti, in tante persone che ci credono ancora nonostante tutto. Tantissimi laici molto, troppo invisibili, che si prendono carico non solo della propria croce, ma anche di quella altrui. Altro che proclami. Altro che levate di scudi.
Non mancano coloro che dicono basta all'autodifesa a ogni costo. Non lo annunciano con comunicati stampa o proclami di vario tipo, ma con i fatti. Sono numerosi gli esempi nascosti, non gridati, lontani dal tam tam mediatico. Penso alla casa di accoglienza Mamre inaugurata alcuni mesi fa nella parrocchia di San Frumenzio, nella zona benestante dei Prati Fiscali: una struttura aperta ai bisogni delle persone in difficoltà, dalle famiglie messe in ginocchio dalla crisi alle mamme sole con figli, dagli anziani agli homeless. Un crocevia per 120 volontari e parrocchiani, che hanno messo a disposizione un po' del loro tempo e delle loro competenze per il funzionamento della casa, dal pediatra all'elettricista, perché credono all'amore vissuto in nome di Uno che ha dato se stesso e continua a farsi presente e visibile proprio in tanti gesti gratuiti, non esibiti, autentici. Penso alle centinaia di giovani che in questi giorni si stanno spendendo in campi di volontariato, dall'Abruzzo al profondo Sud, accanto a persone in difficoltà; alcuni di loro arriveranno nella capitale a fine luglio, per condividere 8 giorni delle loro vacanze con rifugiati e richiedenti asilo ospiti del Centro Astalli dei gesuiti momenti di riflessione e di confronto, di preghiera e servizio. Le mense, i centri di accoglienza e le scuole d'italiano per stranieri non chiudono per ferie. Segni forse piccoli di una fede vissuta con tutto il bagaglio di povertà che l'accompagna, di un ottimismo inguaribile perché “malato” di risurrezione.
Il Papa ha invitato a liberarsi delle scorie del presente, non del passato. Durante il Giubileo Giovanni Paolo II aveva chiesto perdono per gli errori e i peccati commessi durante la storia dalla Chiesa; Benedetto XVI chiede di aprire gli occhi su quelli attuali, sulle omissioni e gli atteggiamenti omertosi, i colli torti e i silenzi di circostanza. Il malcostume di tali comportamenti non giova a nessuno. La gioia, quella vera, sta decisamente altrove.

http://www.vinonuovo.it/index.php?l=it&art=77

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