venerdì 20 agosto 2010

Pregare serve, anche se non credi (Lisa)


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Su segnalazione di Eufemia leggiamo:

Pregare serve, anche se non credi

Parlare con il Mistero è utile comunque, dice una ricerca americana. L'obiezione: è solo un placebo

ELENA LISA

TORINO

Bruciava la Russia, poche settimane fa. Aria densa, boschi in fiamme, mascherine sulla faccia, crisi respiratorie, centinaia di morti. Anche il patriarca della chiesa ortodossa, Kirill, smarrito, ha implorato aiuto. E ha chiesto di pregare: «Il dolore ha colpito la nostra nazione - abbiamo perso vite umane, in migliaia sono rimasti senza casa. Chiedo a tutti voi di unirvi in preghiera affinché la pioggia discenda sulla nostra terra». A giugno, invece, pregavano in Louisiana. La marea nera, inarrestabile, spegneva il blu del mare, uccideva persone, animali. L’economia. E così in centinaia si sono ritrovati sulle rive per chiedere a Dio, alla Natura, ai Governi che quella falla guarisse, che la smettesse di sanguinare petrolio.

Pregare come concentrarsi, parlare a se stessi e ricaricarsi. Preghiera laica, una meditazione. Ma se si ha fede, e si crede a un Altrove, pregare è uscire da sé, è confrontarsi con il Trascendente. Spesso è chiedere di esaudire desideri, speranze, domandare che si spengano dolori, anche altrui, sacrificando i propri. L’uomo è «domandante», chiede spesso. Anche al Divino.

E continua a farlo nonostante prove concrete, scientifiche, sulla preghiera-guaritrice siano rarissime. Quelle poche vengono messe continuamente in discussione. L’ultima sarà pubblicata sul «Southern Medical Journal».

Un team di studiosi dell’«Indiana University», guidato dal professor Candy Gunther Brown del dipartimento di Studi sulle Religioni, ha verificato, nelle zone rurali del Mozambico, gli effetti di sedute di preghiera su quattordici persone colpite da sordità e su undici con problemi alla vista. I risultati dell’esperimento parlano di un miglioramento significativo in diciotto soggetti con disturbi alle orecchie e in tre malate agli occhi. La ricerca, per ammissione di Gunther Brown, non aveva l’intenzione di spiegare il perché dei risultati, ma semplicemente di testarli.

«Escludo - dice Mauro Porta, neurologo dell’Irccs, istituto di ricovero e cura a carattere scientifico «Galeazzi» di Milano - che a livello organico la preghiera possa produrre modifiche. Penso piuttosto che i malati africani siano stati messi al corrente che un gruppo di persone stava sperando nella loro guarigione, pregando. Tanto basta a procurare un effetto placebo che scatena ormoni e migliora le condizioni di salute». Endorfine: è la spiegazione ai miglioramenti miracolosi che fornisce chi studia connessioni e attività della materia grigia: «Le sensazioni esterne - continua Porta - come il piacere, il dolore, la stanchezza, lo stress, coinvolgono la corteccia cerebrale che invia scariche alla zona interna del nostro cervello, ricchissima di neurormoni. Sono sostanze dotate di proprietà analgesiche e fisiologiche simili alla morfina e creano benessere».

Ma non a tutti. Non nel caso della preghiera, per lo meno. Perché solo se si crede, che si tratti di meditazione «laica» o di dialogo con il Divino, le endorfine entrano in azione, si distribuiscono nelle aree periferiche del cervello, emettono cortisone, stimolano la tiroide all’iperfunzione e fanno aumentare la glicemia. L’effetto placebo, appunto. Che non cambia le convinzioni di coloro che credono nella forza del pensiero positivo, volto al bene, imbevuto o meno di spirito religioso: in molti si riuniscono virtualmente, su Internet, in gruppi di preghiere «on line».

Gli iscritti al sito pregano per parenti, amici, amici di amici distanti chilometri e che nemmeno si conoscono. «Perché pregare - assicurano sul sito - quando non guarisce, rende migliori». Negli Stati Uniti lavora una corrente di medici che sostiene la Prayer Therapy; mentre Lancet, la prestigiosa rivista scientifica, li critica fortemente: «Chi si convince delle proprietà terapeutiche delle pratiche religiose - ha affermato in un editoriale che confutava i dati dell’ennesima ricerca sugli effetti della preghiera sulla salute - trascura terapie ben più efficaci». «Questo è il punto - dice Manuela Pompas, fondatrice del “Karma Institute”, Istituto di psicologia transpersonale per lo sviluppo della coscienza - la scienza ufficiale boccia tutto ciò che non è dimostrabile. Noi ci riuniamo in “gruppi di luce” e crediamo che sia possibile trasferire energia anche se prove non ne abbiamo. Meditano cattolici, ebrei, musulmani, buddisti e “laici”. Chi ha fede pensa si tratti di un potere inspiegabile, metafisico, altri ritengono sia una capacità della mente». Ognuno con la sua spiegazione, restiamo tutti nel mistero.

© Copyright La Stampa, 19 agosto 2010 consultabile online anche qui.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono cappellano in un hospice/reparto cure palliative. Leggendo quanto scrive il neurologo Mauro Porta mi viene da dirgli: "Venga da noi e poi spieghi ai 'terminali' (si vuole evitare a tutti i costi, anche nelle parole, l'evidenza: la morte!) che essendo le cure palliative dei placebo per definizione, non sono cose serie...O per entrare nello specifico venga a dire ai morenti che la preghiera (da loro così desiderata, così accettata) in quanto non integrabile negli schemi (ristretti?) del positivismo scientifico è tutt'al più un placebo, anzi di meno: una cosa risibile...
Qualcuno ha detto che se di un argomento non si ha conoscenza è bene tacere; visto che non si può essere a conoscenza di tutto, magari anche il neurologo potrebbe restare nell'ambito delle sue competenze, in cui certamente eccelle e, per il resto, starsene serenamente, dignitosamente zitto.

Andrea ha detto...

L'ambiente torinese "deviato" ("La Stampa") si segnala sempre per il suo cieco odio alla realtà dell'essere umano, che è con tutta evidenza non inscatolabile in una condizione intramondana. Il Papa parlava domenica del "mondo di Dio" a cui siamo avviati, Torino diffonde aborto, disprezzo del morente ed eutanasia