giovedì 11 febbraio 2010

D’Andrea: «Salviamo Ratzinger dai ratzingeriani». Fateci sentire quello che dice lui, che ci fa battere il cuore nel petto, quando parla di Gesù


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Riceviamo e con gratitudine pubblichiamo:

«Salviamo Ratzinger dai ratzingeriani»

Paolo D’Andrea

Il bene non fa rumore, il rumore non fa bene», disse quel giorno il cardinale Angelo Sodano. Era il 15 settembre del 2006, e a Castel Gandolfo, davanti al Santo Padre, il porporato astigiano aveva preso la parola nella piccola cerimonia che segnava il suo congedo dall’ufficio di Segretario di Stato, e il passaggio di consegne al suo successore designato, l’arrembante Tarcisio Bertone.
Tre anni e mezzo dopo, il rumore evocato da Sodano è diventato assordante e sembra solidificarsi in una tempesta di polvere e guano, che penetra nei piani alti dei palazzi vaticani e manda in tilt i centri da cui partono gl’input della mobilitazione ecclesiastica.
Il comunicato ufficiale pubblicato martedì dalla Segreteria di Stato con l’intento di mettere la parola fine all’estenuante vicenda Boffo-Vian, a giudicare dai giornali di ieri, ha sortito l’effetto contrario di scatenare vieppiù il polverone. Con punte di disgustosa ordinaria blasfemia, a partire dal titolo del Giornale di Vittorio Feltri, che maramaldeggiava su un Papa descritto come «fuori dalla grazia di Dio».
E con schiere di analisti scesi in campo a decrittare parola per parola le poche righe del dispaccio per cogliere destinatari espliciti e impliciti delle parole viste e autorizzate da Benedetto XVI, dove sta scritto che il papa «deplora questi attacchi ingiusti e ingiuriosi» e «rinnova piena fiducia ai suoi collaboratori»: ossia il solito Bertone e il direttore dell’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian, accusati nelle scorse settimane di essere i mandanti per lo meno morali della campagna diffamatoria che a inizio settembre aveva spinto l’ex direttore di Avvenire Dino Boffo a lasciare la guida del quotidiano dei vescovi italiani.
La difesa papale senza se e senza ma è stata mal digerita da chi per spiegare l’affaire Boffo puntava in direzione del professor Vian e di Bertone. Giuliano Ferrara, che con gli articoli del Foglio ha giocato il ruolo di front runner sulla pista giornalistico-indagativa che puntava al Segretario di Stato e al direttore bertoniano, ha sostenuto senza mezzi termini che il comunicato vaticano «febbrile e inusuale» è stato «scritto dal professor Vian»: un modo spiccio per depotenziarne la portata e l’autorevolezza, che implicitamente conferma il cliché di un Pontefice “manipolato” e reso ostaggio dalle dinamiche della macchina vaticana a guida bertoniana.
Questo rifiuto quasi inconscio della paternità ratzingeriana del comunicato salva-Bertone è un indizio sottile ma eloquente per cogliere il non detto di tutta la vicenda. Che potrebbe a suo modo segnare il cammino futuro del ministero papale di Benedetto XVI, a quasi cinque anni dall’inizio del suo pontificato.
Da quando è diventato vescovo di Roma, l’anziano teologo tedesco ha sempre avuto a che fare con squadre di fedelissimi pronti a ostentare il proprio “ratzingerismo”, inteso come concezione ecclesiale e culturale organicamente strutturata. Cardinali, monsignori, giornalisti, politici, devoti più o meno atei e più o meno credenti che offrivano a vario titolo il proprio contributo e le proprie competenze per “aiutare” Benedetto a realizzare il programma del pontificato. Quello che l’acuto vaticanista Sandro Magister definiva fin dall’aprile 2005 come una sorta di «rivoluzione papale».
Nei primi anni del pontificato, tutti i protagonisti dell’attuale scontro all’ultimo sangue, con sfumature e sensibilità diverse, erano in competizione nella gara a presentarsi come fedeli o fantasiosi sparring partner nella definizione della linee guida del pontificato. E convergevano nella condivisa identificazione di alcuni tratti portanti del progetto: quelli che disegnavano una Chiesa “protagonista”, che fa coincidere l’orizzonte della propria missione con l’affermazione della propria rilevanza pubblica. Entità sovrana che declina in battaglie e dialettiche cultural-politiche la riaffermazione della propria identità, percepita come decisiva per le sorti della civiltà occidentale.
In concreto, nei contributi e negli apporti convergenti, la definizione di tale “ratzingerismo” finiva spesso per coincidere con una versione rivista e corretta, dottrinalmente più nerboruta, di strategie e affondi elaborati dai vertici ecclesiali nella stagione ruinian-wojtyliana, che avevano trovato espressione mediatica professionalmente attrezzata e “militante” nell’Avvenire di Boffo. Una specie di wojtylismo senza Wojtyla, epurato delle sue posture più ecumeniche e “dialoganti”.
Quel paradigma che rispetto al ruolo della Chiesa nella società italiana si era espresso compiutamente all’assemblea ecclesiale di Verona, suggellato dall’intervento dello stesso Pontefice. Il discorso di Ratzinger in quell’occasione si era riallacciato esplicitamente all’epocale intervento di Giovanni Paolo II a Loreto, quando il Papa polacco aveva richiamato la Chiesa italiana a riaffermare «un ruolo-guida e un’efficacia trainante» nel cammino della nazione. Uno scenario in cui si era inserita anche l’alleanza tra la Chiesa ruiniana e i cosiddetti “atei devoti”. Sul terreno comune dell’ethic policy di Ruini e indicando come frontiera dell’azione politica dei cattolici la battaglia sui valori non negoziabili.
Nella tempesta di sabbia delle polemiche e delle ricostruzioni partigiane di oggi, nessuno registra un dato essenziale per cogliere il cuore della vicenda. Quelli che adesso vengono presentati come irriducibili nemici, animati da sensibilità ecclesiali in rotta di collisione, nei primi anni di pontificato facevano gioco di squadra, innescando fantasiose sinergie. Quelle descritte da Sandro Magister sull’Espresso del 14 dicembre 2007, per evidenziare il «piglio decisionista» e «l’effervescenza d’iniziative» con cui si muoveva il segretario di Stato, al servizio della causa comune. In quel pezzo, l’esperto vaticanista descriveva un Bertone «più intransigente di Ruini» nella difesa dei valori non negoziabili, fan entusiasta del Family Day («La Giornata della Famiglia in piazza San Giovanni in Laterano è stato uno di questi fatti di popolo che l’hanno galvanizzato, al punto da aggiungere di suo pugno un vigoroso paragrafo a un resoconto che gli sembrava troppo fiacco fatto dalla "Civiltà Cattolica"»). Magister registrava anche l’armoniosa sintonia spartitoria tra l’Avvenire di Boffo e l’Osservatore del neo-direttore Vian: «Col nuovo direttore il giornale della Santa Sede ha abolito le pagine dedicate all’Italia e a Roma, le cui poche notizie sono ora annegate tra le notizie internazionali. Il risultato di questa divisione di ruoli è che ora "Avvenire" è voce indiscussa dei giudizi della Chiesa sulla situazione italiana».
A giudicare dal triste spettacolo di oggi, qualcosa è andato storto. Ma i protagonismi e le beghe di palazzo non spiegano tutto. A mandare fuori squadra i programmi di tanti cultori attivisti di un certo “ratzingerismo” forse è proprio il mite Benedetto XVI. Più passa il tempo, e più i panni del “Papa guerriero” che vorrebbero cucirgli addosso gli stanno fuori misura.
Aveva avvertito tutti, nella sua omelia d’inizio pontificato: «Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia». Qualche settimana fa, ha suggerito la stessa prospettiva, parlando di San Francesco e del sogno di papa Innocenzo III: «Questi vede in sogno che la Basilica di San Giovanni in Laterano, la chiesa madre di tutte le chiese, sta crollando e un religioso piccolo e insignificante puntella con le sue spalle la chiesa affinché non cada. È interessante notare, da una parte, che non è il Papa che dà l’aiuto affinché la chiesa non crolli, ma un piccolo e insignificante religioso, che il Papa riconosce in Francesco che Gli fa visita. Innocenzo III era un Papa potente, di grande cultura teologica, come pure di grande potere politico, tuttavia non è lui a rinnovare la Chiesa, ma il piccolo e insignificante religioso: è san Francesco, chiamato da Dio. Dall’altra parte, però, è importante notare che san Francesco non rinnova la Chiesa senza o contro il Papa, ma solo in comunione con lui».
Negli ultimi mesi si sono infittiti i richiami ratzingeriani a quei fattori minimali della fede e della vita cristiana che forse poco interessano a chi sogna un Papa condottiero che sforni a getto continuo «sfide» e strategie di battaglia. Forse, le guerricciole cannibaliche di questi giorni nascondono anche qualche punta di rimossa delusione da parte di qualche irruente supporter dei tempi passati. Così avvenne a Paolo VI, che nella seconda parte del suo pontificato dovette subire gli strali ingrati di tanti interessati fan della prima ora.
Per il bene di tutti, c’è invece da augurarsi che quella storia non si ripeta. E che la squallida tempesta di questi giorni segni un punto di liberante discontinuità. Gli invadenti tutori del Papa anziano, a qualunque obbedienza appartengano, hanno una buona occasione per dimostrare il loro affetto sincero. Fate un po’ di silenzio, per favore. Sgombrate la scena.
Fateci sentire quello che dice lui, che ci fa battere il cuore nel petto, quando parla di Gesù e dei suoi amici.

© Copyright Il Secolo d'Italia, 11 febbraio 2010

8 commenti:

mariateresa ha detto...

mi piace sì. Ad avere tempo ci sarebbe davvero da fare un'antologia con le prese di posizione di ieri di certi indignati di oggi per farsi delle belle risate.Sì, è vero, è papa Benedetto che vogliamo ascoltare.Perchè , a diffrenza di altri, ha qualcosa da dire.

euge ha detto...

Fateci sentire quello che dice lui, che ci fa battere il cuore nel petto, quando parla di Gesù e dei suoi amici.

Credo che questa frase possa interpretare il desiderio di tutti coloro che seguono dall'inizio Papa Benedetto XVI; un Papa che con la sua mitezza, forza ed INDIPENDENZA da qualsiasi manovra politica e di potere, continua a rimettere al centro Colui che della chiesa è il Suo Fondatore.
Benedetto XVI è un dono per tutti noi anche per quelli che si ostinano a scambiarlo o per un lider politico oppure per un
" nonnetto "
bisognoso di protezione. Benedetto XVI è invece un tesoro comprensibile per ognuno di noi a patto che si voglia aprire il cuore alle sue comprensibilissime parole che racchiudono il suo amore e dedizione completa a Gesù ed alla sua chiesa che, molto dista dalla chiesa interpretata dagli uomini.

Il papa è il mio padre spirituale ha detto...

Il papa è il padre spirituale dell'umanità.

laura ha detto...

Fateci sentire quello che dice lui, che ci fa battere il cuore nel petto, quando parla di Gesù e dei suoi amici.l'unica frase che condivido

Anonimo ha detto...

Tutti questi antiratzingheriani sono diventati più papisti di noi. Ma un Papa che non può contare su collaboratori fidati è il sogno di tutti i laicisti e cattolici illuminati. Una specie di Regina d'Inghilterra che firma tutti i matrimoni gay e le Igv all'ottavo mese. Cioè teniamoci il Papa per bellezza che a (s)governare ci pensiamo noi.Eufemia

Anonimo ha detto...

D'Andrea, come al solito, ci vuol far intendere che quando finalmente il Papa sarà liberato dai ratzingeriani, allora sarà identico ai fautori di una chiesa senza voce, a rimorchio del mondo, sarà cioè simile a quelli che tanto vengono applauditi da certi giornali. L'espediente è astuto, per portar acqua da una certa parte. Ma la straordinaria grandezza di questo Papa pieno d'amore per Gesù Cristo e per l'umanità, è invece di unire una mitezza estrema ed una apparente debolezza, con la forza del leone nel proclamare davanti a tutti, con semplicità e disarmante coraggio, la Verità, i valori non negoziabili della natura umana, la rilevanza pubblica e sociale di Dio e della fede, la ragionevolezza della fede che non può non farsi cultura.

don Marco (disorientato) ha detto...

per non parlare degli indiavolati tradizionalisti, povero papa, lui così mite e loro che stanno sempre ad insultare. Insomma non lo capiscono nè di qua e nè di la. Mah

Franca ha detto...

Sempre spiritualisti e poetici quelli che hanno voglia che la Chiesa si faccia fuori da sola, evitando così di impegnarsi troppo.
Così come la storiella della seconda fase del Pontificato: ma chi gliel'ha detto? e la seconda fase avrebbe cancellato la prima?
Ascoltiamolo parlare di Gesù e dei suoi amici... così evidentemente non ne sapremo più nulla oppure ci batterà il cuore: qualche piccola emozione consolatoria. Raramente ho letto un testo così ipocrita!
Se Cristo non è esperienza reale che arriva a giudicare tutto non è interessante per nessuno, l'abbiamo fatto fuori ed è buono solo per qualche dolciastro sentimentalismo. Non è questo il Gesù di Benedetto. Il signor D'Andrea si rilegga "Spe Salvi". Già, dimenticavo, quella era la prima fase del Pontificato...