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LE CHIESE MEDIORIENTALI A ROMA
VOCE CHE VA ASCOLTATA
LUIGI GENINAZZI
È il cuore sanguinante del mondo i cui battiti scandiscono i ritmi convulsi della politica internazionale. È il Medio Oriente che quasi ogni giorno è sotto i nostri occhi, un dramma che dura da secoli e che spesso volge in tragedia. Ne parlano tutti in un coro rumoroso e cacofonico, ma fra tanti dibattiti e analisi manca spesso una voce. È quella dei cristiani che vivono in queste regione tormentata e più di ogni altro sono oggetto di discriminazioni e persecuzioni. Per tanto, troppo tempo, sono stati una sorta di angolo cieco della nostra visione del problema mediorientale.
Come ha notato giustamente l’intellettuale laico francese Régis Debray, «la loro sventura è di essere troppo arabi per la destra liberal e troppo religiosi per la sinistra no-global». Trascurati, spesso ignorati anche dai cristiani occidentali. Ebbene da oggi, per due settimane, avranno una loro tribuna significativa e autorevole. Basta questo per capire l’importanza dell’assemblea che si apre questa mattina in Vaticano: un Sinodo dedicato al Medio Oriente, cui partecipano patriarchi, vescovi e figure di spicco delle Chiese cattoliche ma anche delegati fraterni delle altre Chiese cristiane presenti nella regione. È la prima volta che un Sinodo abbraccia l’intera area che va dall’Egitto all’Iran, dalla Turchia agli Emirati Arabi. La decisione di convocare un incontro sul Medio Oriente è stata presa da Benedetto XVI all’indomani del suo pellegrinaggio in Terra Santa, colpito profondamente dalle «sofferenze di questo piccolo gregge», erede della prima comunità cristiana.
Una decisione coraggiosa con la quale il Santo Padre intende dare la massima visibilità a una fede eroica, che giunge a volte fino al martirio. Ma il Papa teologo guarda in profondità e vede in tutto questo un segno dei tempi, un’indicazione a riscoprire l’assoluta originalità di queste Chiese, radicate in tradizioni antichissime e con uno straordinario patrimonio culturale e spirituale.
Non a caso, nota fin dalle prime pagine l’Instrumentum laboris , il testo-guida dei lavori sinodali, «la situazione attuale nel Medio Oriente è per non pochi versi simile a quella vissuta dalla primitiva comunità cristiana in Terra Santa ». È un testo che non fa sconti a nessuno, con giudizi molto netti che vanno dalla condanna dell’occupazione israeliana dei Territori palestinesi alla denuncia del fondamentalismo islamico, fino all’esplicita richiesta nei confronti dei Paesi musulmani di rispettare il sacrosanto diritto della libertà religiosa. Sarà interessante il dibattito che su questi temi cruciali si aprirà con alcuni rappresentanti dell’ebraismo e dell’islam, invitati a prendere la parola nel corso dell’assemblea sinodale.
Pesa l’inquietante interrogativo sul futuro della presenza cristiana in Medio Oriente, già drasticamente ridotta e minacciata di estinzione a causa dell’instabilità generale e dell’odio anticristiano che colpisce inermi credenti con violenza efferata.
Dal Sinodo s’attendono parole di speranza e d’incoraggiamento ma soprattutto una testimonianza autentica di comunione tra le Chiese locali e con la Chiesa universale, così che ne esca rafforzata l’identità dei cristiani, spesso considerati come un gruppo etnico invece che una comunità di fede.
Il Medio Oriente ha più che mai bisogno di loro, capaci di perdono, artefici di pace ed armonia sociale. Nonostante tutto ci sono ancora tante croci che brillano in questa martoriata regione. Ce n’è una, luminosissima, che abbiamo visto in un villaggio cristiano sul confine tra Siria, Turchia e Iraq. Segno commovente di una presenza che è interesse di tutti mantenere viva.
© Copyright Avvenire, 10 ottobre 2010
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