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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:
Sull'Islamofobia sarà il sinodo a fare chiarezza?
Si apre domenica la riunione dei vescovi sul Medio Oriente
Paolo D'Andrea
Il sinodo dei vescovi sulla Chiesa cattolica in Medio Oriente che si apre in Vaticano domenica prossima rappresenta un'occasione unica per sciogliere equivoci fomentati da quasi dieci anni intorno al "profilo" del cattolicesimo romano sulla scena del mondo. Come ha detto di recente il francescano Giuseppe Ferrari, delegato per l'Italia della Custodia Francescana di Terra Santa, «il Medio Oriente è una sorta di "concentrato" dei problemi della Chiesa universale». E di fatto, non si può negare che dall'11 settembre 2001 anche l'approccio della comunità cattolica globale ai problemi del Medio Oriente sia stato condizionato dai paradigmi dominanti dello scontro di civiltà e dell'attacco islamista all'Occidente. Come in tutte le partite importanti, c'è il rischio che a prevalere siano gli schemi preconfezionati che imbrigliano il gioco e sfuggono il confronto a viso aperto con le cose così come sono.
Quelli che anche nella compagine cattolica auspicano un sinodo di guerra, concepito come controffensiva battagliera per liberare le minoranze cristiane dalle «orrende» condizioni di persecuzione subite in terra islamica, prima dell'inizio lavori potrebbero sfogliare con sicuro profitto il libro dello storico americano Thomas Kidd intitolato American Christians and Islam, pubblicato dall'Università di Princeton nel 2009. Si accorgerebbero che un certo antislamismo oggi spacciato come fervente difesa dei cristiani mediorientali è in realtà un prodotto d'importazione made in Usa. Il professor Kidd, che insegna storia presso la texana Baylor University, nel suo studio descrive l'evoluzione dell'atteggiamento verso l'Islam da parte della cultura evangelical statunitense, «dal periodo coloniale fino all'era del terrorismo». Una storia davvero interessante. Si scopre che nel periodo delle colonie gli immigrati europei nel Nord America e i loro primi discendenti non avevano praticamente alcun contatto con l'Islam e i musulmani, e non si dava alcuna attenzione nemmeno alla minoranza di schiavi di fede islamica. La matrice della loro "visione" dell'Islam fu fornita loro dai pamphlet provenienti dall'Europa, come quello sulla vita di Maometto pubblicata nel 1697 dal'anglicano Humphrey Prideaux. Fu tale opera polemica che instillò tra gli evangelical americani l'idea che Maometto fosse un truffatore. Prideaux connetteva l'Islam al Papato e al cattolicesimo romano, identificando ambedue come incarnazioni dell'Anticristo. La demonizzazione dell'Islam divenne fin d'allora terreno comune di molti gruppi emersi al tempo del "grande risveglio" evangelico nord-americano. E fin da allora le linee di pensiero ideologico-religiose cominciarono a innestarsi su considerazioni di ordine geo-politico apocalittico, con l'Impero ottomano identificato come polo del dispotismo, agli antipodi dell'ordine libero e democratico rappresentato dagli Stati Uniti. Nel XIX secolo, la progressiva dissoluzione dell'Impero diede impeto alle missioni evangelical per convertire in massa i musulmani. Il loro fallimento sostanziale, attribuito alla crudeltà e al primitivismo delle genti islamiche, contribuì a rafforzare i pregiudizi.
Da quel momento, si aprì anche in campo evangelical il dibattito tra chi riguardo al Medio Oriente perseverava sulla linea antislamico-apocalittica e i pochi (come il missionario Samuel Zwemer, vissuto fino al 1952) che consideravano tale armamentario ideologico come una zavorra che toglieva chance all'annuncio cristiano tra le popolazioni musulmane. Kidd nel suo libro spiega come negli ultimi decenni la linea evangelico-apocalittica abbia sempre prevalso appoggiandosi e facendo forza su argomenti di ordine geo-politico: la scelta di campo pro-Israele nel conflitto arabo-israeliano (anch'essa tutta imperniata sulla lettura escatologico-fondamentalista del testo biblico, che vede nella nascita dello stato di Israele una accelerazione verso i Tempi Ultimi); la propaganda contro l'asse tra Paesi arabi e Unione Sovietica al tempo della Guerra fredda - vista anch'essa come incarnazione storica della Bestia dell'Apocalisse - fino all'interpretazione messianica delle guerre contro Saddam Hussein, con i romanzi apocalittici della serie Left Behind, venduti a milioni di copie, che riproponevano il mito di Babilonia come quartier generale dell'Anticristo. Adesso, nell'immaginario profondo di alcune correnti evangelical, l'Anticristo ultima versione accentua sempre di più il suo profilo islamico. Se questo è il backstage ideologico-militante di molte pulsioni islamofobiche occidentali infiltratesi anche in una parte del pensiero cristiano, appare subito evidente la sua estraneità alle vie che la Chiesa cattolica percorre da secoli nel suo rapporto con l'Umma islamica e nel considerare le vicende delle comunità cristiane mediorientali. Una storia fatta certo di sangue, sofferenze, persecuzioni, ma anche di convivenza, contaminazione, capacità di adattamento.
Oggi, il punto di forza dello sguardo cattolico sulle vicende mediorientali è rappresentato proprio da quelle Chiese e comunità locali che riaffermano in pari tempo con forza la radice apostolica delle loro tradizioni e la loro natura autoctona, che le sottrae all'accusa di essere quinte colonne dell'Occidente, corpi estranei, soldati di un esercito nemico. La loro perduranza nei secoli della civilizzazione islamica - e alcune di esse, come la grande Chiesa copta in Egitto, sono tutt'altro che "invisibili" - testimonia quella malleabile adattabilità a tutti i contesti che è un segno non secondario della natura universale dell'annuncio cristiano. Quella natura "aperta" che sa sempre cogliere anche le nuove occasioni offerte dall'imprevedibilità della storia, come la crescita del numero dei cristiani - filippini, indiani, esteuropei, sudamericani - nella penisola arabica, effetto "collaterale" dei fenomeni migratori legati al mercato del lavoro nel tempo della globalizzazione. L'analista libanese Muhammad Sammak, nel suo intervento al meeting della Comunità di Sant'Egidio appena conclusosi a Barcellona, ha giustamente fatto notare che i numeri stessi smentiscono i luoghi comuni: un terzo degli islamici vivono ormai in paesi a maggioranza non islamica, mentre due terzi dei cristiani si trovano ormai fuori dall'Europa: «Cristiani e musulmani sono sempre più mischiati nel mondo» ha concluso Sammak.
Per questo, il cordiale "stare" in mezzo all'islam dei discepoli di Cristo, quello già vissuto da san Francesco, da Charles de Foucauld e per secoli dalle millenarie Chiese minoritarie d'Oriente, sembra ancora la via più efficace e appropriata per mostrare l'amore di Gesù anche per loro. La pensava così anche Christian de Chergè, uno dei monaci trappisti di Tibhirine uccisi in circostanze misteriose nel marzo 1996 in un'Algeria sconvolta dalle violenze dei fondamentalisti e delle forze paramilitari. Nel testo conosciuto come il suo testamento spirituale, padre Christian prendeva in esame la possibilità di cadere vittima del terrorismo islamista: «Io non saprei auspicare una morte simile. Mi sembra importante dichiararlo. Non vedo, infatti, come potrei rallegrarmi se questo popolo che amo venisse indistintamente accusato del mio assassinio. Troppo alto il prezzo da pagare per ciò che forse verrà chiamato la "grazia del martirio", il doverla a un algerino, chiunque egli sia, soprattutto se dice di agire in fedeltà a ciò che crede essere l'Islam. L'Algeria e l'Islam, sono per me tutt'altra cosa, un corpo e un'anima».
© Copyright Il Secolo d'Italia, 8 ottobre 2010
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2 commenti:
Il grande abate di Cluny Pietro il Venerabile affermava, già nell'XI sec. ,che è cosa lodevole andare in Terrasanta ove Nostro Signore posò i suoi piedi... ma è cosa più grande e lodevole contemplare il Volto di Cristo e adorarlo nelle nostre Chiese e cappelle ove è presente in Corpo,Anima e Divinità.
Invece stiamo sempre li a correre da un pellegrinaggio all'altro,da un santuario all'altro e Gesù accanto a noi è...negletto!
Dobbiamo riscoprire la vera Fede.
Speriamo anche sulla Cristianofobia...
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