giovedì 23 settembre 2010

Il Papa ai giovani inglesi: «Non accontentatevi, Dio desidera il massimo per voi» (Frigerio)

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Vi auguro di essere santi

«Non accontentatevi, Dio desidera il massimo per voi». Così il Papa ha “parlato al cuore” del paese più secolarizzato del mondo. E lo ha conquistato. Le reazioni dei cattolici e degli anglicani britannici

di Benedetta Frigerio

Si prospettava un viaggio duro. Dopo le richieste d’arresto da parte di alcuni intellettuali inglesi. Dopo le feroci copertine dello Spectator sui costi della trasferta in piena crisi economica. Dopo un appello pubblicato dal Guardian a firma di 50 “opinion maker” che deplorava con disprezzo i suoi insegnamenti.
Dopo tutto questo, le parole pronunciate da Benedetto XVI sull’aereo che lo stava portando nel Regno Unito («Devo dire che non sono preoccupato. Vado avanti con grande coraggio e gioia») potevano sembrare una sorta d’espediente psicologico. Ma quando la porta dell’aereo si è aperta e il Papa è apparso alla nazione, mentre cercava insistente ma tranquillo di tenere fermo il coprispalle che per il troppo vento si alzava a coprirgli il volto, si è capito che Benedetto XVI non scherzava. Non faceva che sorridere. Curioso come chi si aspetta molto di buono. È rimasto sereno e mite per quattro giorni i cui ritmi avrebbero sfiancato anche il più giovane e rampante degli uomini di Stato. Una forza, quella del Papa, che portata nei suoi ottantatré anni ha disarmato il paese. «E l’Inghilterra di fronte all’evidenza è stata leale. Ha riconosciuto che non c’era nessun mostro, come al contrario volevano far apparire alcune lobby e certi intellettuali che per mesi hanno tentato di boicottare la visita», racconta padre Tom Connolly, parroco di St. Kentigern a Manchester. Il sacerdote non poteva credere che nel suo paese giornali e media parlassero tanto del Pontefice. «La Bbc e Sky lo hanno trattato con riguardo e la gente, seguendolo in tv o di persona, ha potuto sperimentare con mano l’autenticità di Benedetto XVI.
Rispetto alle sole diecimila persone in corteo contro il Pontefice, se ne sono unite a lui migliaia nelle strade, settantamila alla Messa a Glasgow, centomila alla veglia ad Hyde Park e oltre ottantamila alla Messa di beatificazione del cardinale John Henry Newman».
Gli incontri e i discorsi papali si sono concentrati su tre punti principali: l’educazione alla santità e alla sintesi tra fede e ragione, messaggio rivolto ai giovani e agli educatori, il ruolo pubblico della fede, ribadito davanti a politici e funzionari, e l’unità dei cristiani, sottolineata durante l’incontro con gli anglicani a cui è seguita la prima liturgia ecumenica. I tre temi sono attualissimi – commenta padre Connolly – «in una nazione dove si tolgono le cappelle dagli ospedali, le croci dai luoghi di lavoro. Dove i cattolici nelle scuole sono discriminati e le associazioni cattoliche o rinunciano all’obiezione di coscienza o chiudono».
A far da sintesi, nei tre messaggi del Santo Padre, la figura di Newman, osserva John Milbank, teologo anglicano, professore di religione, politica ed etica all’Università di Nottingham: «Come convertito dall’ateismo all’anglicanesimo, il cardinale sfidò l’educazione sterile di una fede ripiegata su se stessa, che esclude il trascendente, e lo fece sopportando derisioni e incomprensioni. Come pastore lottò per il ruolo pubblico della fede. E da convertito al cattolicesimo fece da ponte fra i cristiani».
Durante il primo giorno del suo viaggio, al Saint Mary’s College di Londra, Benedetto XVI ha più volte ripetuto che l’insegnante non deve solo impartire informazioni. Che bisogna educare alla saggezza, cioè alla conoscenza del Creatore. Ha chiesto alle scuole cattoliche di non farsi spaventare, modellandosi sugli influssi mondani: «Questo riporta all’evidente esigenza – ha detto il Papa ai docenti – che il contenuto dell’insegnamento dovrebbe essere sempre in conformità con la dottrina della Chiesa. Ciò significa che la vita di fede deve essere la base di ogni attività nella scuola». Spostatosi nel giardino del college cattolico il Papa ha preso la parola dopo un’interminabile spettacolo. Una sorta di grande show, con inni ed effetti speciali non proprio adatti alla visita. Dove le urla di uno speaker hanno cantato il successo di una scuola il cui prestigio sportivo l’ha portata ad essere il luogo prescelto per le Olimpiadi del 2012.
Benedetto XVI ha ascoltato senza fare una piega. Al termine della parata, ha esordito con la carità che lo contraddistingue, ma senza lasciare da parte la verità che da sempre lo accompagna. Non ha parlato da star. Non ha augurato ai ragazzi di diventare premi Nobel. Non si è complimentato per le opere buone della scuola a lui mostrate. Non si è nemmeno soffermato sugli illustri riconoscimenti elencati. Ha ribaltato il clima in un secondo: «C’è qualcosa che mi sta davvero molto a cuore dirvi. Ho la speranza che fra voi che siete qui vi siano alcuni dei futuri santi del XXI secolo. La cosa che Dio desidera maggiormente per ciascuno di voi è che diventiate santi. Egli desidera per voi il massimo. E la cosa migliore di tutte per voi è il crescere in santità. Forse alcuni di voi non ci hanno mai pensato. Forse alcuni pensano che essere santi non sia per loro. (…) Quando vi invito a diventare santi, vi sto chiedendo di non accontentarvi. Avere soldi, da solo, non è sufficiente a renderci felici. Essere grandemente dotati in alcune attività o professioni è una cosa buona, ma non potrà mai soddisfarci, finché non puntiamo a qualcosa di ancora più grande. Potrà renderci famosi, ma non ci renderà felici. La felicità è qualcosa che tutti desideriamo, ma una delle grandi tragedie di questo mondo è che così tanti non riescono mai a trovarla, perché la cercano nei posti sbagliati. La soluzione è molto semplice: la vera felicità va cercata in Dio. Abbiamo bisogno del coraggio di porre le nostre speranze più profonde solo in Dio: non nel denaro, in una carriera, nel successo mondano, o nelle nostre relazioni con gli altri, ma in Dio. Lui solo può soddisfare il bisogno più profondo del nostro cuore». Dopo uno show trionfale, un discorso inaspettato. E l’urto del silenzio di quattromila studenti. «Il Pontefice – spiega John Murphy, già preside della St. Michael’s School – ha puntato in alto, ha stimato quei ragazzi come pochi adulti sanno fare. E loro hanno capito. Hanno compreso che la santità e la felicità sono perseguibili. E noi insegnanti abbiamo la responsabilità di indicare la strada che il Papa ha segnato: ogni disciplina deve mirare alla conoscenza del mistero altrimenti resta sterile e alla fine delude». È la necessità di riscoprire il trascendente nella vita che accomuna oggi anche anglicani e cattolici, «contro il relativismo crescente». L’anglicano Milbank sottolinea: «Il Pontefice, incontrando il nostro arcivescovo Rowan Williams, ha ricordato che se da una parte la cultura che ci circonda si sviluppa in modo sempre più distante dalle sue radici cristiane, la profonda e diffusa fame di nutrimento spirituale ci chiede di essere uniti nell’affermare la verità e la risposta a questa domanda: Gesù Cristo. Non solo, dal Novecento in avanti l’anglicanesimo chiede che la dimensione religiosa abbia uno spazio pubblico. Questo sta a cuore anche alla Regina che non per niente ha invitato il Papa per una visita di Stato, non pastorale, perché parlasse anche alle istituzioni britanniche e non solo al suo gregge».

Un nuovo martirio incruento

Il vescovo anglicano membro della Camera dei Lord Michael Nazir-Ali, che rifiuta la svolta liberal della maggioranza della Chiesa d’Inghilterra, ricorda che «sarebbe bene impegnarsi per affrontare insieme il travaglio della Chiesa e dei suoi insegnamenti a livello pubblico. Dobbiamo farlo per il bene comune, pretendendo il rispetto da parte delle istituzioni». Quanto il Papa è venuto ad annunciare è una battaglia che riguarda tutto l’Occidente e che non è senza prezzo. Lo ha ricordato Benedetto XVI sabato sera, durante la veglia per la beatificazione di Newman: «L’esistenza di Newman ci insegna che la passione per la verità comporta un grande prezzo da pagare». Alla Chiesa contemporanea è chiesto un nuovo martirio: non vergognarsi di Cristo davanti a un mondo che lo schernisce. «Nella nostra epoca, il prezzo da pagare per la fedeltà al Vangelo non è tanto quello di essere impiccati, affogati e squartati, ma spesso implica l’essere additati come irrilevanti, ridicolizzati o fatti segno di parodia», ha detto il Papa. C’è la parodia, c’è stata la violenza dei media, l’astio del potere. Ma quella testimonianza portata dal Pontefice alla laica Gran Bretagna – conclude padre Connolly – «ci parla della presa che la verità ha sugli uomini anche quando se ne dimenticassero. Una presa che, come ha ribadito Benedetto XVI, non viene dall’attivismo, ma da uomini che vivano di preghiera e partecipazione ai sacramenti e che solo così, spesso senza saperlo, attirano gli altri a Dio».
La commozione è culminata quando il Papa ha parlato a Westminster ai politici. «Non ne mancava nessuno. Non ricordo una partecipazione tale nemmeno per la visita di capi di Stato. Tutta la nazione ha parlato di lui per una settimana. Giornali, tv e radio. La bontà e la verità su cui poggia il Papa hanno una forza e un’attrattiva che supera ogni pregiudizio». La Bbc domenica ha intervistato un intellettuale ateo sulla pedofilia. L’intervistatore lo ha provocato: il Pontefice ha detto che non c’è possibilità umana di riparare. Che non sa trovare spiegazioni. Che solo la Croce di Cristo può lenire la ferita. «Sa che ha risposto l’intellettuale? “E che altro volete? Che poteva fare più di questo? Forse unirsi al dolore delle vittime? Bè, ha fatto pure questo!”. Capisce? La laicista Bbc ha iniziato scettica e ha concluso così».

© Copyright Tempi, 23 settembre 2010 consultabile online anche qui.

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