venerdì 24 settembre 2010

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«L’opera di trasparenza della Chiesa probabilmente dà fastidio a qualcuno»

Il Vaticano pronto a ristrutturare lo Ior

MARCO TOSATTI

Al Torrione di Nicolò V, sede dello IOR, e al vertice dei Palazzi Apostolici sperano che il caso esploso ieri con il sequestro di 23 milioni di euro sia l’ultimo «scandalo» nella vita tormentata della Banca vaticana.
E che il presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi ed il direttore, Paolo Cipriani indagati per omissioni legate alla normativa antiriciclaggio nel colloquio imminente con i giudici romani sapranno chiarire tutto.
Dopo la «perplessità» espressa dalla Segreteria di Stato, ieri c’è stato un importante editoriale dell’Osservatore Romano, «La trasparenza dello Ior»; e che potrebbe presagire a una ristrutturazione globale della finanza vaticana, formalizzata con un «Motu Proprio» di Benedetto XVI. E’ una difesa netta dell’operato dei vertici della Banca: «La natura e lo scopo delle operazioni ora oggetto di indagine potevano essere chiariti con semplicità e rapidità».
Il quotidiano ricorda che è stata l’Uif di Bankitalia a segnalare alla magistratura «una possibile violazione delle norme antiriciclaggio»; e subito dopo sottolinea, quasi a voler esprimere un certo stupore, che «dall’inizio di quest’anno», Bankitalia e Ior «operano in stretto collegamento proprio in vista dell’adeguamento delle operazioni dello Ior alle procedure antiriciclaggio». Perciò è stato istituito nello Ior «un ufficio di informazione finanziaria, sotto il controllo del cardinale Attilio Nicora». E in questo senso, chiosa l’Osservatore Romano, «vanno lette la costante collaborazione con l’Unione europea e soprattutto le missioni intraprese nei mesi scorsi dai vertici dello Ior a Parigi, sede dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) e del Gafi (Gruppo di azione finanziaria internazionale contro il riciclaggio di capitali)». Ai due organismi, infatti, è stata consegnata la documentazione per l’iscrizione della Santa Sede alla cosiddetta «White List», che raccoglie i Paesi aderenti alle norme antiriciclaggio.
Non c’è dubbio che l’intenzione di Benedetto XVI, e del Segretario di Stato Bertone sia quella di rendere lo Ior una banca «normale»; per questo un anno fa la sua guida è stata affidata a Gotti Tedeschi e a Cipriani. Una commissione, affidata al cardinale Nicora, «l’uomo dei numeri», starebbe studiando un piano per ridisegnare la finanza vaticana: una legge per i rapporti tra Stato della Città del Vaticano e Unione europea (la scadenza è fissata dall’Ue al prossimo 31 dicembre) e un analogo, successivo provvedimento per la Santa Sede. L’Osservatore ricorda che «la direzione dello Ior è impegnata da tempo - e anche di questo la Banca d’Italia è bene informata - ad adeguare le sue strutture informatiche alle regole vigenti in materia di lotta al riciclaggio». È così che lo Ior «intende porsi sulla stessa linea delle banche italiane». Un’operazione di trasparenza che forse non tutti, però all’interno dell’Istituto, e del Vaticano, appoggiano e favoriscono; tanto da alimentare il timore, espresso in via riservata da esperti della Banca d’Italia, che lo Ior possa, se questo processo non giunge a buon fine, trasformarsi in una sorta di paradiso fiscale al riparo della sua «diversità», ricordata anche ieri dall’Osservatore.
Nel merito del sequestro il Vaticano segue la linea della perplessità. La transazione col Credito Artigiano poteva essere chiarita «con semplicità e rapidità»: «si tratta infatti - come già sottolineato - di operazioni di tesoreria il cui destinatario è lo stesso Ior su conti di sua pertinenza, presso altre banche». Inoltre, «l’inconveniente è stato causato da un’incomprensione, in via di chiarimento, tra lo Ior e la banca che aveva ricevuto l’ordine di trasferimento». E ciò nella «certezza» che «nessun nuovo conto è stato aperto senza la stretta osservanza delle regole dettate da Bankitalia». Allora perché, si chiedono dietro le Mura, questa drammatizzazione, se di fatto l’accettazione delle norme antiriclaggio è già operativa? L’impressione, spiegano in Vaticano, «è che questo processo di trasparenza, che giova all’immagine della Chiesa, dia fastidio a qualcuno».

© Copyright La Stampa, 23 settembre 2010

2 commenti:

gianniz ha detto...

Che bisogno c'è di 'ristrutturare' lo IOR se è stato commesso un errore di procedura?
Occhio! Non facciamoci infinocchiare da quei furboni del sistema di potere finanziario nè da coloro che vogliono indebolire la voce della Chiesa (sono convinto che ci sia anche questo dietro a questa faccenda) indebolendo, a lungo andare (scandalo dopo scandalo) anche la sua disponibilità in termini economici.
Se il Papa non potesse ottemperare al suo dovere della 'carità' perhè costretto a fare i conti.... sarebbe una goduria per chi lo osteggia.
Con questo non voglio dire che 'i fini giustificano i mezzi', voglio solo dire di tenere gli occhi sgombri e di non lasciarsi ottenebrare la vista...

Abelardo ha detto...

Basta non avere rapporti con le banche italiane...
se proprio ci si deve alleare con qualcuno sarebbe bene scegliere la UBS elvetica... almeno li sono seri!
Cossiga parlava sempre di un Draghi doppiogiochista e traditore.
Gotti Tedeschi:ho parlato qualche giorno prima con Draghi!
Dagli amici... ci guardi Iddio