lunedì 18 gennaio 2010

Il Papa in sinagoga, intervista con padre Innocenzo Gargano (Sir)


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PAPA IN SINAGOGA - Sempre più fratelli

Intervista con padre Innocenzo Gargano

“Mi ha profondamente colpito il sorriso del rabbino Riccardo Di Segni. Lo conosco ormai da tanti anni. Siamo molto amici. L’ho visto veramente soddisfatto, direi gioioso”. Padre Innocenzo Gargano, priore del monastero di San Gregorio al Celio, grande esperto di ebraismo nonché ispiratore dei Colloqui ebraico-cristiani di Camaldoli, era presente domenica 17 gennaio tra gli ospiti alla Sinagoga di Roma. Gli abbiamo chiesto di raccontarci come è andata la visita di papa Benedetto XVI.

Padre Gargano, ci dica subito la sua prima impressione a caldo?

“Si è toccato con mano che oramai c’è uno sviluppo ed una intensità di rapporti. Si può davvero dire che i sogni di 40 anni fa, sono diventati realtà e che i rapporti tra di noi si stanno sciogliendo sempre di più. Quello che mi auguro è che questa visita sia una visita scontata e che ogni papa che si insedia sulla cattedra di Roma, tanga conto della presenza dei fratelli maggiori e che la prima visita dopo il suo insediamento come vescovo di Roma, sia una visita di cortesia, di attenzione e delicatezza verso i fratelli ebrei, recandosi in Sinagoga. Come qualcosa che fiorisce spontaneo”.

Il primo fu nel 1986 Giovanni Paolo II…

“Sì. Ma questi 24 anni sono sembrati troppo lunghi perché ci sono state tante cose nel frattempo. I frutti di quella prima visita sono stati straordinari. Pensi soltanto al riconoscimento dello Stato di Israele che era assolutamente impensabile prima di quella visita. E poi un altro frutto è l’affermazione che il popolo di Israele era, è e rimane il popolo eletto e che quindi quest’Alleanza non è stata mai revocata dal Signore. Sono due affermazioni fondamentali”.

Benedetto XVI nel suo discorso è tornato ad affermare l’irrevocabilità dell’Alleanza tra il popolo ebraico e Dio. Vuol dire che cade definitivamente ogni pretesa di conversione degli ebrei?

“Cade, direi, piuttosto la pretesa della sostituzione. Vuol dire che la Chiesa non sostituisce la Sinagoga. La Chiesa si innesta sulla Sinagoga. Questo significa che viene riconosciuta di fatto questa unitarietà di cammino verso la salvezza, ciascuno con la propria identità sulla quale decide il Signore, non noi”.

Lei che conosce così bene la sensibilità degli ebrei, qual è la cosa più importante che ha detto il Papa?

“La cosa più importante è che tutto ciò sia avvenuto, che il Papa abbia potuto dire ‘sono felice di essere con voi’. E il fatto che gli ebrei abbiano potuto dire ‘Santità, siamo felici che lei è qui tra noi’. È dunque il fatto in questo tale ad avere un valore enorme”.

Ci dica qualcosa invece riguardo ai discorsi pronunciati dai rappresentanti della comunità ebraica…

“Mi soffermerei sull’intervento di Riccardo Pacifici, presidente della comunità di Roma, che è stato un discorso molto puntuale e preciso. Ha parlato anche del silenzio di Pio XII. È stato commovente però il riconoscimento di quanto la Chiesa ha fatto durante la seconda guerra mondiale. Parlando in prima persona, Pacifici ha riconosciuto davanti al Papa che lui stesso non avrebbe partecipato alla visita se i suoi nonni non fossero stati protetti e nascosti dalle monache di Santa Marta di Firenze, e dicendolo si è commosso. Accanto lui c’era lo zio che ha cominciato a piangere a dirotto. Quello, per me, è stato un momento altissimo di commozione, perché c’è stato il riconoscimento di tutto il coinvolgimento dei cristiani, di tutto il popolo di Dio, in favore degli ebrei. Vuol dire allora che la catechesi ricevuta dai cristiani non era così antigiudaica e antisemitica”.

Gli interventi degli ebrei hanno comunque confermato le loro posizioni su Pio XII. Che significa? Permane un dialogo problematico?

“Non direi un dialogo problematico. Parlerei piuttosto di un dialogo vero. E quando il dialogo è vero, e stai parlando con una persona che sta soffrendo, tu lo lasci sfogare. Il dialogo vero sa dire le cose come stanno ma le sa dire con amore. Non nasconde e non dice le cose a metà solo per non offendersi. Nel dialogo vero si dicono le cose perché so che tu sei un amico”.

Da domani come proseguirà il dialogo?

“Si approfondirà. Da oggi in poi il solco dell’amicizia tra noi è molto più profondo. L’intimità crescerà. La confidenza crescerà, la verità crescerà e finalmente dialogheremo sempre più come fratelli che si vogliono bene”.

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Mah...
R.

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