giovedì 14 gennaio 2010
Primi aiuti nella desolazione di Haiti. Anche la Chiesa piange le sue vittime e resta accanto alla popolazione (lo speciale dell'Osservatore Romano)
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Impossibile finora un bilancio attendibile del sisma che ha seminato caos e morte
Primi aiuti nella desolazione di Haiti
Port-au-Prince, 14. Mentre il mondo si mobilita per prestare soccorso ad Haiti, devastata ieri dal terrificante sisma che ha ucciso decine di migliaia di persone, una nuova scossa di terremoto, probabilmente di assestamento, ha accresciuto oggi la paura e lo sconforto tra i sopravvissuti. L'istituto geofisico statunitense (Usgs) ha valutato la nuova scossa a magnitudo 4,7 Richter, con epicentro a circa cinquanta chilometri dalla capitale Port-au-Prince e a una profondità di dieci chilometri.
Le notizie che di ora in ora giungono dalle diverse località del Paese confermano conseguenze del sisma sempre più gravi, mentre dopo due notti passate all'addiaccio dai sopravvissuti è ancora difficile mettere in moto la macchina dei soccorsi, anche se le organizzazioni dell'Onu già sul posto - e anch'esse duramente provate - sono già attive. Gli Stati Uniti hanno deciso oggi di inviare ad Hiti 3.500 soldati della 82 divisione aviotrasportata.
Le località più colpite sono Port-au-Prince, soprattutto nel distretto di Carrefour, e le città nei pressi della capitale. L'istituto geofisico statunitense (Usgs) ha pubblicato una mappa che stima l'impatto del terremoto sulla popolazione. La capitale si presenta come una città morta. Il sisma ha abbattuto il palazzo presidenziale, il Parlamento, il quartier generale della missione dell'Onu nel Paese, la cattedrale e decine di scuole e istituti. Secondo gli ultimi dati, nella città e nel suo hinterland vivono circa due milioni di persone. A Port-au-Prince mancano luce elettrica e acqua. La città è sepolta dalle macerie e nelle strade si impilano i cadaveri coperti da lenzuoli, mentre i sopravvissuti con i volti impastati di polvere vagano alla ricerca dei propri cari. Quartieri interi sono stati rasi al suolo, centinaia di edifici pubblici sono distrutti. Gli ospedali, molti dei quali sono crollati o danneggiati, faticano a far fronte alle richieste. "Cammino tra i morti", ha detto ieri il presidente haitiano, René Preval. Si temono oltre 100.000 morti, ma un senatore ha parlato addirittura di mezzo milione di vittime e molti sono intrappolati vivi sotto le macerie. Tra i dispersi, ci sono anche centinaia di stranieri, compresi un centinaio di dipendenti dell'Onu, la cui missione ad Haiti ha avuto finora 16 morti accertati. Nel quadro di devastazione e caos, non manca la paura: prima ancora della nuova scossa, ad alimentarla erano stati al calar della notte colpi d'arma da fuoco risuonati in diverse parti della città, segno della reazione ai primi atti vandalici. Su YouTube, un messaggio audio di un utente riferisce informazioni avute da un suo fratello missionario statunitense, secondo il quale fenomeni di sciacallaggio diffuso sono in atto e i loro autori ricorrono, tra l'altro, a false notizie di arrivi di tsunami per far allontanare la gente e avere mano libera. Nel distretto di Carrefour, con una popolazione di circa 450.000 persone, l'impatto del sisma è stato devastante. Secondo i testimoni, tutto è distrutto. Altrettanto viene riferito da Grand-Goave, uno dei villaggi più antichi dell'isola, a pochi chilometri a ovest di Port-au-Prince, con una popolazione di circa cinquemila persone, dove edifici pubblici e scuole sono sbriciolati, al pari delle abitazioni private. Anche Jacmel, la città portuale a pochi chilometri da Port-au-Prince, è stata distrutta al 60-80 per cento, secondo quanto riferito da un responsabile governativo sul posto, Zidor Fednel, al sito d'informazione Haitipressnetwork. "Ci sono molte vittime, e a quanto ne sappiamo molte persone sono sotto le macerie", ha aggiunto Fednel, annunciando che verranno allestiti campi per i profughi che finora hanno trovato riparo nell'aeroporto della città. Sopravvissuti citati dall'emittente televisiva statunitense Cnn hanno riferito che le fiamme illuminano le macerie di una città rasa al suolo. Già ieri, poche ore dopo il sisma, secondo quanto riferito da Guido Cornale, rappresentante dell'Unicef ad Haiti, "nell'aeroporto vi erano tra le quattromila e le cinquemila persone in cerca di aiuto".
(©L'Osservatore Romano - 15 gennaio 2010)
Anche la Chiesa piange le sue vittime e resta accanto alla popolazione di Haiti
Dal dolore al sostegno internazionale
Port-au-Prince, 14. Il mondo si mobilita per prestare soccorso ad Haiti, colpita dal sisma che ha ucciso decine di migliaia di persone e dove oggi una nuova scossa di assestamento ha accresciuto la paura e lo sconforto tra i sopravvissuti. Le notizie che giungono di ora in ora confermano conseguenze sempre più gravi. Dopo due notti passate all'addiaccio dai sopravvissuti, è ancora difficile mettere in moto con efficacia la macchina dei soccorsi, sebbene le organizzazioni dell'Onu sul posto - anch'esse duramente colpite - siano già attive. Per esempio, a Jacmel, una delle località più colpite, l'Unicef e il Programma alimentare mondiale sono riusciti a fornire aiuti d'emergenza, tra cui una cisterna di acqua potabile e biscotti.
Diversi Paesi, tra i quali Stati Uniti, Brasile, Francia e Russia, stanno attivando ponti aerei, cercando di superare le difficoltà frapposte dai danni che il sisma ha causato anche all'aeroporto di Port-au-Prince. Poche ore fa, per esempio, un aereo militare con i primi aiuti inviati dal Governo italiano non è riuscito ad atterrare e ha dovuto farlo a Santo Domingo, da dove gli aiuti verranno recapitati via terra.
L'ex presidente statunitense Bill Clinton, inviato speciale delle Nazioni Unite per Haiti, ha sottolineato la necessità di procedere con la massima urgenza. Nei prossimi "tre o quattro giorni possiamo trovare gente in vita" sotto le macerie, ha detto Clinton, tenendo ieri davanti all'Assemblea generale dell'Onu un intervento ripreso dalle principali reti televisive degli Stati Uniti e del mondo. Clinton ha aggiunto che nei prossimi dieci giorni gli sforzi saranno concentrati "sul salvare ogni possibile vita, e trattare i morti con rispetto". Clinton ha sottolineato che "molti possono morire per le conseguenze delle ferite, o per disidratazione mentre potrebbero essere salvati".
Il rappresentante dell'Onu ha anche esortato i cittadini statunitensi e degli altri Paesi a non recarsi ad Haiti nella speranza di poter aiutare, ma a fare invece donazioni e offerte che contribuiranno a far pervenire il necessario: cibo, acqua, rifugi. Secondo Clinton, anche donazioni di uno o due dollari sono di aiuto.
In una posizione geografica ideale per prestare aiuto al Paese caraibico sono gli Stati Uniti. Il Governo di Washington ha messo in moto navi da guerra, elicotteri, aerei da carico e portaerei oltre a équipe civili e militari di risposta ai disastri, insieme a 2.000 marines che sono diretti verso Haiti o vi sono già arrivati. A Port-au-Prince sono già atterrati due aerei militari Hercules C-130 con una squadra di esperti per la valutazione del disastro, mentre un team delle forze speciali dell'aeronautica sta lavorando per ristabilire le comunicazioni all'aeroporto e dirigere il traffico aereo. Il presidente Barack Obama ha promesso "aiuti rapidi e coordinati"; il segretario di Stato Hillary Clinton ha interrotto un previsto tour in Asia, ed è ritornata dalle Hawaii; il segretario alla Difesa Robert Gates ha cancellato un viaggio in Australia e ha deciso di rimanere a Washington per coordinare gli aiuti.
Proprio in considerazione delle migliori possibilità operative statunitensi, il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha dichiarato che intende discutere con il presidente Obama quale tipo di aiuti congiunti offrire ad Haiti. "Quello haitiano è certo un popolo che non meritava una disgrazia di queste dimensioni", ha detto Lula incontrando la stampa. Il ministro degli Esteri Celso Amorím ha detto di voler discutere con Hillary Clinton anche le modalità per aiutare Haiti a uscire dall'emergenza dopo il terremoto. La stessa Clinton ha assicurato questa mattina che l'aiuto statunitense al Paese colpito sarà di lunga durata.
Amorím ha precisato che l'ambasciata di Brasilia a Port-au-Prince ha subito ingenti danni: "Di fatto, la nostra ambasciata non esiste più", ha detto, rilevando che Brasilia ha dato via libera ad aiuti immediati per Haiti per 15 milioni di dollari. "Per ora non sappiamo come verranno forniti tali aiuti, visto che per ora non siamo riusciti a entrare in contatto con il Governo haitiano", ha concluso Amorím.
Lo stesso Obama ha chiamato oggi, proprio per coordinare gli aiuti, oltre a Lula, il Segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, il primo ministro canadese, Stephen Harper, il presidente messicano, Felipe Calderón, e il presidente cileno, Michelle Bachelet.
Questa mattina, il ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner ha informato che sessanta persone rimaste ferite nel sisma saranno trasferite oggi sull'isola delle Antille francesi della Martinica. "I nostri tre aerei ripartiranno per la Martinica con sessanta feriti a bordo e credo che si tratti dei primi feriti evacuati", ha detto il ministro alla radio France Inter, sottolineando che ce ne saranno altri. Kouchner ha anche detto che alcuni diplomatici e funzionari del ministero partiranno oggi per Haiti per assistere l'ambasciatore francese, rimasto a sua volta leggermente ferito. Quanto ai cittadini francesi, un centinaio circa sono radunati nei giardini della residenza dell'ambasciatore e circa altri cento dalle parti della sede diplomatica. Molti altri risultano dispersi. Secondo il segretario di Stato francese alla Cooperazione, Alain Joyander, ad Haiti ci sono 1.400 francesi.
Tra gli stranieri dispersi ci sono circa un centinaio di dipendenti della missione dell'Onu, che ha avuto 16 morti accertati - 11 caschi blu brasiliani, tre poliziotti giordani, un argentino e un cileno - secondo quanto confermato da Ban Ki-moon.
Il Governo giapponese ha stanziato cinque milioni di dollari come prima forma di sostegno d'emergenza. Nell'annunciarlo, oggi, il segretario del Governo, Hirofumi Hirano, ha aggiunto che è previsto anche l'invio di beni di prima necessità, per un valore di quattrocentomila dollari e di una squadra di esperti per analizzare la situazione in vista di ulteriori interventi.
Dall'Italia - che pure registra diversi propri cittadini, dei quali finora sono certamente in salvo solo un'ottantina - è in partenza da Pisa il C-130J dell'Aeronautica militare che trasporterà ad Haiti un ospedale da campo e beni di prima necessità per far fronte all'emergenza. Tra poche ore, atterrerà a Port-au-Prince il Falcon partito ieri da Ciampino, con a bordo il gruppo della protezione civile incaricato di coordinare con le autorità locali la gestione degli aiuti.
Già attivi - e preziosi in questa particolare circostanza - sono i sanitari italiani, oltre a quelli locali, impiegati nell'ospedale pediatrico Nph Saint Damien, gestito a Port-au-Prince dalla Fondazione Francesca Rava - Nph Italia onlus. L'ospedale, danneggiato dal terremoto, ma ancora in piedi, è l'unico ad avere due sale operatorie ancora funzionanti ed è letteralmente preso d'assalto da centinaia di feriti, come comunicato da Maria Vittoria Rava, presidente della Fondazione, che ha già inviato una prima missione con un'équipe di dodici medici italiani.
(©L'Osservatore Romano - 15 gennaio 2010)
Cor Unum mobilita gli organismi cattolici
Si è già attivata con tutte le sue forze l'organizzazione assistenziale della Chiesa per venire incontro alle necessità della popolazione di Haiti, colpite dal catastrofico terremoto. È stata infatti immediata la risposta all'appello lanciato dal Papa durante l'udienza generale di mercoledì 13, per assicurare assistenza spirituale e materiale alle vittime. "La Chiesa cattolica - ha detto infatti il Papa al termine del settimanale incontro con i fedeli - non mancherà di attivarsi immediatamente tramite le sue istituzioni caritative per venire incontro ai bisogni più immediati della popolazione".
Come in passato per altre tragedie di questo tipo, i cattolici si sono resi immediatamente disponibili con tutta la loro rete di assistenza concreta. Diverse agenzie cattoliche sono all'opera e inviano personale richiesto con urgenza. Il Pontificio Consiglio Cor Unum, in diretto contatto con Catholic Relief Services (crs), l'agenzia umanitaria internazionale dei vescovi degli Stati Uniti, ha chiesto all'organismo di coordinare gli sforzi di assistenza in questa fase. Il personale che è già sul posto - più di 300 membri attivi da tempo in Haiti - l'esperienza passata, le capacità e le risorse di crs, permetteranno pronto ed efficace coordinamento degli sforzi della Chiesa che, nelle parole di Papa Benedetto, devono essere generosi e concreti per venire incontro alle pressanti necessità dei nostri fratelli e sorelle in Haiti.
(©L'Osservatore Romano - 15 gennaio 2010)
Tra i morti un centinaio di sacerdoti, religiosi e suore
Port-au-Prince, 14. Un coadiutore salesiano, Hubert Sanon, un medico, Zilda Arns Neumann, fondatrice del ministero per l'infanzia dell'episcopato del Brasile e undici seminaristi sono deceduti nel corso del terremoto che ha colpito Haiti. È questo il bilancio provvisorio delle vittime tra i religiosi ed ecclesiastici impegnati sull'isola. I primi inviati della stampa internazionale parlano di un centinaio di sacerdoti vittime del sisma. Le violente scosse hanno totalmente devastato e ridotto in macerie chiese, seminari e l'istituto di studi per religiosi e religiose. L'edificio che ospita la Nunziatura ha resistito all'onda sismica, ma il personale vive nel timore causato dalle ripetute scosse di assestamento. Tutte le strutture religiose rimaste attive e il personale sono impegnati nell'opera di soccorso alla popolazione, in collaborazione con gli organismi di volontariato. Preti e suore, come altre centinaia di migliaia di persone hanno perso le loro abitazioni. Negli edifici rimasti ancora in piedi mancano l'elettricità e i collegamenti telefonici.
In particolare, le strutture dei salesiani presenti nella capitale Port-au-Prince sono tra le più colpite. Oltre duecento allievi di un istituto di formazione nel settore sociale, situato nel quartiere di Enam, risultano ancora sepolti sotto le macerie dell'edificio crollato. Finora non si hanno ancora notizie dell'esito degli scavi. Inoltre, altri due giovani salesiani in formazione risultano dispersi.
Il Rettore maggiore dei salesiani, Pascual Chávez Villanueva, ha inviato un messaggio di solidarietà e di vicinanza a don Ducange Sylvain, nuovo superiore della visitatoria "Beato Filippo Rinaldi" di Haiti. "Mi si spezza il cuore - è scritto - a conoscere l'entità della devastazione, la sofferenza, la morte e la disperazione che si è lasciato dietro il terremoto. Il mio cuore sta con i confratelli della visitatoria di Haiti, con tutta la famiglia salesiana, a partire dalle figlie di Maria Ausiliatrice, i giovani e il caro popolo haitiano".
Nessun danno di rilievo, invece, hanno subito le strutture dei gesuiti. Soltanto un edificio, a Canapé-Vert ha subito qualche leggero crollo. Tutti i religiosi, così come il personale laico, risultano vivi. I gesuiti sono a fianco della popolazione per assicurare ogni aiuto. Tutti gli ospedali, tranne il dispensario sanitario dei religiosi camilliani, sono stati distrutti dal terremoto. Padre Efisio Locci, presidente della ong Salute e Sviluppo della congregazione, ha dichiarato a "L'Osservatore Romano" che tra le persone disperse si contano anche cinque seminaristi camilliani di cui non si hanno ancora notizie e si teme per la loro sorte. "Nel dispensario - ha spiegato - sono ospitati un centinaio di bambini che hanno bisogno di assistenza urgente". I camilliani stanno provvedendo a inviare sull'isola generi alimentari, medicinali e attrezzature mediche.
(©L'Osservatore Romano - 15 gennaio 2010)
Da Caritas Internationalis appello alla solidarietà
Roma, 14. Un appello a sostenere ogni iniziativa di solidarietà con la popolazione di Haiti è stato lanciato dal presidente di Caritas Internationalis, il cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa. L'organismo cattolico ha aperto una pagina sul proprio sito web attraverso il quale è possibile effettuare donazioni. "Sollecitiamo la comunità internazionale - ha detto il porporato - a sostenere gli sforzi di aiuto". Il sisma, ricorda il cardinale, ha colpito un Paese molto povero e "per lungo tempo abbiamo avvertito che la mancanza di sviluppo ad Haiti, la sua miseria e le sue infrastrutture fatiscenti la esponevano a disastri. Stiamo affrontando una situazione d'emergenza e ora dobbiamo reagire velocemente per salvare vite umane". Sin dalle prime convulse ore dopo il sisma i responsabili di Caritas Haiti hanno avviato, grazie a una rete di volontari, iniziative di primo soccorso fornendo tende, coperte, cibo e ricovero ai superstiti. I volontari hanno a disposizione solo alcuni capannoni e circa duecento centri medici. Il presidente di Caritas Haiti, il vescovo Pierre-André Dumas, ha lanciato un appello via radio: "Le esigenze immediate sono tante, per allestire rifugi provvisori, fornire coperte, vestiti, cibo, acqua potabile, assistenza sanitaria, torce e batterie". In serata è previsto l'arrivo a Port-au-Prince di Alistair Dutton, direttore del settore interventi umanitari di Caritas Internationalis, che avrà il compito di coordinare gli interventi che in queste ore stanno giungendo da numerose Caritas nazionali, in particolare da Francia, Svizzera, Olanda, Portogallo, oltre che dall'organizzazione statunitense Catholic Relief Services immediatamente presente sul posto.
Vicinanza con il popolo haitiano viene espressa da numerosi episcopati. La Conferenza episcopale italiana ha stanziato due milioni di euro per far fronte alle prime emergenze e ha invitato le comunità ecclesiali a pregare e a sostenere le iniziative promosse dalla Caritas italiana che già ieri aveva messo a disposizione centomila euro. In Francia, il presidente dell'episcopato e arcivescovo di Parigi, cardinale André Vingt-Trois ha inviato un messaggio di solidarietà all'episcopato haitiano invitando a sostenere le iniziative di aiuto alla popolazione.
(©L'Osservatore Romano - 15 gennaio 2010)
L'informazione da un Paese dimenticato
Port-au-Prince, 14. In un Paese storicamente ai margini dei grandi avvenimenti mondiali e quindi della grande informazione internazionale, che vi mantiene pochi uffici di corrispondenza (con l'eccezione in questo caso della France Presse, presente in quasi tutte le ex colonie francesi), le notizie sul terremoto hanno avuto una prima diffusione più lenta rispetto ad analoghi casi in altre zone del pianeta. Anche questo aspetto si è registrato nel più complesso contesto dei ritardi nei soccorsi, a conferma della marginalità, pur in un'epoca globalizzata, di molte popolazioni che trovano attenzione solo saltuaria e solo in caso di catastrofi immani. Di conseguenza, per molte ore, le uniche notizie attendibili, sebbene frammentarie, sono state quelle filtrate dai mezzi di informazione locali e da quelli delle organizzazioni umanitarie presenti sul posto, oltre che della Chiesa locale.
Un fatto di tale gravità come il terremoto ad Haiti ha comunque messo in moto la macchina dell'informazione internazionale, tanto che, prima ancora dei soccorritori, ieri sera sono arrivati a Port-au-Prince gli inviati dei media statunitensi ed europei.
Più in generale, il devastante terremoto fornisce alla grande stampa internazionale anche l'occasione di raccontare all'opinione pubblica mondiale le condizioni di un Paese tra i più poveri e più segnati da violenze. Così come impone di mantenere alta l'attenzione - dopo il prevedibile calo dell'immediata emozione - sul processo di ricostruzione e sull'adeguato impiego degli aiuti.
All'informazione - anche di servizio - nonostante le interruzioni di linee elettriche e telefoniche, ha contribuito e sta contribuendo massicciamente internet. Per esempio, il Comitato internazionale della Croce rossa ha attivato uno speciale sito per aiutare gli haitiani ad avere notizie dei propri cari. L'indirizzo di tale sito è www.icrc.org/familylinks. Sempre su internet, in tutto il mondo si stanno attivando raccolte di fondi per aiutare i terremotati. Anche su Facebook sono tantissimi i gruppi per lo scambio di informazioni e per l'organizzazione degli aiuti. Si cercano le persone disperse, si raccolgono fondi, si diffondono messaggi di aiuto e solidarietà. Come accade in questi casi, le autorità di molti Paesi e le principali organizzazioni non governative ammoniscono ad accertarsi sulla credibilità delle diverse iniziative messe in rete.
Come detto, dopo le iniziali difficoltà, si sta ora sviluppando la copertura giornalistica internazionale. La prima diretta televisiva è stata quella di Anderson Cooper, della Cnn, seguita dagli altri maggiori network televisivi americani. Per la Cbs, Katie Couric nel suo primo servizio ha evidenziato "gli scarsi segni di aiuti internazionali" visibili all'aeroporto di Port-au-Prince. La Nbc è a Port-au-Prince con Brian Williams, mentre Diane Sawyer della Abc è ancora in viaggio dall'Afghanistan. "The New York Times" ha inviato Simon Romero e il fotografo Damon Winter.
Per l'emittente britannica Bbc ha già fatto i primi servizi Andy Gallacher. Tra i giornalisti europei arrivati c'è l'italiano Maurizio Molinari, corrispondente dagli Stati Uniti de "La Stampa", che ha pubblicato oggi un lungo reportage.
(©L'Osservatore Romano - 15 gennaio 2010)
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