Benedetto XVI incontra il clero di Roma: «Il sacerdote deve imparare ad accettare le sofferenze di coloro che gli sono affidati» (Indelicato)

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Benedetto XVI incontra il clero di Roma. «Il sacerdote deve imparare ad accettare le sofferenze di coloro che gli sono affidati, perché proprio in questa offerta consiste l'essenza del suo ministero»

di Francesco Indelicato

«Il sacerdote deve imparare ad accettare le sofferenze di coloro che gli sono affidati, perché proprio in questa offerta consiste l’essenza del suo ministero». Le parole di Benedetto XVI vanno dritte al cuore della missione di ogni prete. Nel tradizionale appuntamento quaresimale con il clero romano, che si è tenuto giovedì scorso nell’Aula della Benedizione del Palazzo Apostolico Vaticano, il Papa ha preso spunto dal quinto capitolo della Lettera agli Ebrei per ribadire che il sacerdote deve vivere innanzitutto la «vera umanità», non quella immersa nel peccato, ma quella conformata a immagine di Dio.
Nella lectio divina il Santo Padre si è soffermato in particolare sul brano che evidenzia la «giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore», che deve essere propria di ogni sommo sacerdote: «Bisogna saper soffrire con gli altri - ha detto - a imitazione di Cristo che ha portato tutta la sofferenza umana nella sua passione e morte. Dobbiamo poter trasformare la sofferenza e condurre chi soffre verso Dio».
L’incontro si è aperto con il saluto del cardinale vicario, Agostino Vallini, che ha ricordato come il Santo Padre all’inizio dell’anno sacerdotale, lo scorso 19 giugno, esortasse a contemplare il cuore trafitto di Gesù e a rimanere nell’amore di Dio, richiamando i sacerdoti alla fedeltà verso il proprio ministero. E Benedetto XVI ha voluto proseguire in questa sua raccomandazione, incentrando l’attenzione sui momenti in cui Cristo, nella sua vita, si è addossato il pianto e il grido dell’umanità in attesa della salvezza di Dio: «Gesù - ha sottolineato - ha pianto davanti al suo amico Lazzaro e di fronte alla città di Gerusalemme; sulla croce ha gridato al Padre: "Perché mi hai abbandonato"; ha offerto non qualcosa ma tutto se stesso». In questa sua tensione, Cristo è stato reso perfetto, realizzando appieno il proprio servizio sacerdotale. Sul suo esempio e attraverso il suo aiuto ogni ministro di Dio deve modellare la sua vita, «in comunione con Cristo - ha proseguito il Papa - mediante la preghiera costante del breviario, la celebrazione quotidiana della Messa, ma anche nel resto della sua vita pastorale».
Riferendosi ancora al brano della Lettera agli Ebrei, il Papa ha poi evidenziato quale sia l’importanza dell’obbedienza alla volontà del Padre per ciascun cristiano: «La parola "obbedienza" non piace - ha detto - perché fa pensare alla sottomissione in contrapposizione alla libertà. Ma la volontà di Dio non è tirannica, non è fuori del nostro essere: è la volontà creatrice, che coincide con la nostra volontà e, dunque, l’obbedienza non può portare che alla vera libertà».
Infine Benedetto XVI ha commentato il versetto in cui si dice che Gesù venne esaudito riguardo la sua supplica di essere salvato dalla morte: «Sembrerebbe che Gesù non sia stato esaudito - ha spiegato - perché è morto. Eppure non è così, è stato redento dalla morte per sempre con la sua risurrezione e Dio ha trasformato la sua morte in gloria».
Al termine della sua meditazione il Papa ha salutato i sacerdoti presenti nella sala, i quali hanno apprezzato l’impostazione dell’incontro che non prevede più lo spazio riservato alle domande del clero ma vuol essere essenzialmente un momento di comunione tra il Vescovo di Roma e il suo presbiterio per «proseguire insieme - come ha ricordato il Papa - nel cammino pasquale».

© Copyright RomaSette, 19 febbraio 2010