domenica 7 febbraio 2010
Il Papa: Dio ci accetta con la nostra fragilità ed i nostri peccati (Izzo)
Vedi anche:
Il Papa: "L’umiltà testimoniata da Isaia, da Pietro e da Paolo invita quanti hanno ricevuto il dono della vocazione divina a non concentrarsi sui propri limiti, ma a tenere lo sguardo fisso sul Signore e sulla sua sorprendente misericordia, per convertire il cuore, e continuare, con gioia, a "lasciare tutto" per Lui" (Angelus)
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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:
Papa: Dio ci accetta con la nostra fragilita' e i nostri peccati
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 7 feb.
Le Scritture ci mostrano "come l’incontro autentico con Dio porti l’uomo a riconoscere la propria povertà e inadeguatezza, il proprio limite e il proprio peccato".
"Ma - afferma Benedetto XVI - nonostante questa fragilità, il Signore, ricco di misericordia e di perdono, trasforma la vita dell’uomo e lo chiama a seguirlo". "Isaia - spiega - si trova al cospetto del Signore tre volte Santo ed è preso da grande timore e dal sentimento profondo della propria indegnità. Ma un serafino purifica le sue labbra con un carbone ardente e cancella il suo peccato, ed egli, sentendosi pronto a rispondere alla chiamata, esclama: 'Eccomi Signore, manda me!'.
La stessa successione di sentimenti è presente nell’episodio della pesca miracolosa, di cui ci parla l’odierno brano evangelico. Invitati da Gesù a gettare le reti, nonostante una notte infruttuosa, Simon Pietro e gli altri discepoli, fidandosi della sua parola, ottengono una pesca sovrabbondante. Di fronte a tale prodigio, Simon Pietro non si getta al collo di Gesù per esprimere la gioia di quella pesca inaspettata, ma, come racconta l’Evangelista Luca, gli si getta alle ginocchia
dicendo: 'Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore'. Gesù, allora, lo rassicura: 'Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini'; ed egli, lasciato tutto, lo segue". Ed anche San Paolo, infine, "ricordando di essere stato un persecutore della Chiesa, si professa indegno di essere chiamato apostolo, ma riconosce che la grazia di Dio ha compiuto in lui meraviglie e, nonostante i propri limiti, gli ha affidato il compito e l’onore di predicare il Vangelo".
Il Papa, parlando ai 50 mila fedeli presenti oggi in San Pietro, ricorda dunque "l’umiltà testimoniata da Isaia, da Pietro e da Paolo" al momento della loro chiamata da parte del Signore. Questa umilta', conclude, "invita quanti hanno ricevuto il dono della vocazione divina a non concentrarsi sui propri limiti, ma a tenere lo sguardo fisso sul Signore e sulla sua sorprendente misericordia, per convertire il cuore, e continuare, con gioia, a 'lasciare tutto' per Lui. Egli, infatti, non guarda ciò che è importante per l’uomo: 'L’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore', e rende degli uomini poveri e deboli, ma che hanno fede in Lui, intrepidi apostoli e annunciatori della salvezza".
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