martedì 22 giugno 2010

L'autodifesa di Sepe: «Ho avuto i bilanci puntualmente approvati dalla Santa Sede. Accetto la croce, ne usciremo più forti» (Sessa)


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L'autodifesa di Sepe: massima trasparenza

«Ho avuto i bilanci puntualmente approvati dalla Santa Sede. Accetto la croce, ne usciremo più forti»

Patrizia Sessa

NAPOLI

Si difende l'arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, e lo fa, come aveva detto, rivolgendosi alla città, ai fedeli. Arriva all'incontro con la stampa e legge una lettera, in cui parla di tutto: di Bertolaso, di Lunardi, di Silvano. Di chi lo ha voluto colpire, «fuori e dentro la Chiesa», e che lui perdona. «Ho fatto tutto nella massima trasparenza, ho sempre agito avendo come unico obiettivo il bene della Chiesa», dice. E poi precisa: «Ho avuto i bilanci puntualmente approvati dalla Prefettura per gli affari economici e dalla Segreteria di Stato» della Santa Sede.
«Accetto la croce», aggiunge Sepe. Del resto si dice convinto di un fatto: «Da questa inattesa prova usciremo tutti più forti». Poi risponde alle accuse, ai «tre addebiti che mi vengono fatti per la responsabilità che ho avuto in quanto prefetto della Congregazione di Propaganda Fide». Inizia da Bertolaso e chiama in causa Francesco Silvano, manager piemontese 76enne, già amministratore dell'ospedale Bambin Gesù e suo stretto collaboratore, prima durante il Giubileo e poi a Propaganda Fide, da due anni economo della diocesi di Napoli. «L'esigenza della concessione di un alloggio al dott. Guido Bertolaso mi venne rappresentata da Francesco Silvano», precisa. «Gli feci avere ospitalità presso il Seminario, ma mi furono rappresentati problemi di inconciliabilità degli orari, per cui incaricai lo stesso dott. Silvano di trovare altra soluzione – spiega – della quale non mi sono più occupato, né sono venuto a conoscenza, sia in ordine alla ubicazione e sia in ordine alle intese e alle modalità».
Poi il cardinale parla della vendita all'ex ministro Pietro Lunardi di un palazzetto in via dei Prefetti, a Roma: «un immobile che presentava in maniera evidente e seria segni di vecchiaia e di precarietà, rappresentata più volte anche dagli stessi inquilini». E il cui prezzo di vendita, insiste la difesa e lo stesso Sepe, basso proprio in virtù delle condizioni, fu determinato quando «non era stata concretizzata alcuna offerta di acquisto». «Solo successivamente – spiega – mi fu riferito che l'onorevole Lunardi aveva espresso il proprio interesse all'acquisto e fu avviata una trattativa che si concluse sulla base della valutazione fatta e di quella che si aggiunse attraverso il coinvolgimento di un istituto di credito, per la concessione di un mutuo». «La somma, incassata peraltro immediatamente – aggiunge – venne trasferita all'Amministrazione patrimonio Sede Apostolica perché fosse destinata a tutta l'attività missionaria nel mondo».
Terza questione: i lavori di messa in sicurezza statica di un lato del palazzo di Propaganda Fide in piazza di Spagna. «Fu accertata la competenza dello Stato italiano e furono eseguiti lavori di ripristino e ristrutturazione con onere parzialmente a carico della pubblica amministrazione». Tutte attività nelle quali «mi sono sempre avvalso della consulenza specifica di tre persone: il dott. De Lise, magistrato; il dott. Balducci, all'epoca provveditore alle opere pubbliche del Lazio; il dott. Silvano».
Legge la lettera in maniera tranquilla, Sepe. E proprio in quei momenti chiama qualcuno da Palazzo Chigi. C'è un unico punto in cui va a braccio: è quello in cui parla di Papa Benedetto XVI e di quando «mi chiese con una certa insistenza di rimanere a Roma». «Si indicava il mio nome per Napoli e mi chiedeva che ne pensassi – ha raccontato –. Chiesi un po' di tempo per riflettere e poi diedi la mia risposta "Santità, il mio cuore già batte per Napoli"». Termina la lettura e Sepe precisa: «Questa non è una conferenza stampa». Come a dire, nessuna domanda.
Ad una, a margine, risponde. A chi gli chiede se il Vaticano gli sia vicino, dice di sì.
Poi gli viene chiesto come abbia letto le parole pronunciate domenica da Papa Benedetto XVI, su chi usa il sacerdozio per potere e prestigio personale. Sepe questa volta non risponde. Uno sguardo veloce e incontro finito.

© Copyright Gazzetta del sud, 22 giugno 2010

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