domenica 13 giugno 2010

Il Papa a Cipro. Medio Oriente: la pazienza e la croce (José Luis Restán)


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CHIUSURA DELL'ANNO SACERDOTALE: I VIDEO, I SERVIZI, I PODCAST E LE FOTO

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Il Papa: "Il Cristianesimo ha permesso all'Europa di comprendere cosa sono la libertà, la responsabilità e l'etica che impregnano le sue leggi e le sue strutture societarie. Emarginare il Cristianesimo — anche attraverso l'esclusione dei simboli che lo manifestano — contribuirebbe a privare il nostro continente della sorgente fondamentale che lo alimenta instancabilmente e che contribuisce alla sua vera identità" (Discorso)

Per mesi i media ci hanno rotto le "uova" pretendendo mea culpa e parole chiare dal Papa sulla pedofilia. E ora? Le parole non bastano più...comodo!

Benedetto XVI ha nominato Amministratore Apostolico del Vicariato Apostolico di Anatolia Mons. Franceschini. Sostuisce Mons. Padovese

Solito commento di Politi che critica il Papa e gioisce per il calo dell'otto per mille dimenticando chi saranno i primi ad essere colpiti

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Il Papa capro espiatorio: Benedetto XVI ha il dono di rendere facile ciò che è difficile (Vidal)

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Santa Messa di chiusura dell'Anno Sacerdotale: il bellissimo servizio di Lucio Brunelli

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Pedofilia, il Papa avverte il Nemico: "non spingerai la Chiesa fuori dal mondo (Caterina Maniaci)

Quindicimila presbiteri in paramenti bianchi hanno concelebrato stamane con Benedetto XVI la messa di chiusura dell'Anno sacerdotale (O.R.)

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Pedofilia: Papa chiede perdono a nome della Chiesa: "Mai piu' abusi" (Ansa)

Il Papa chiude l'Anno Sacerdotale: "Era da aspettarsi che al «nemico» questo nuovo brillare del sacerdozio non sarebbe piaciuto; egli avrebbe preferito vederlo scomparire, perché in fin dei conti Dio fosse spinto fuori dal mondo. E così è successo che, proprio in questo anno di gioia per il sacramento del sacerdozio, siano venuti alla luce i peccati di sacerdoti – soprattutto l’abuso nei confronti dei piccoli, nel quale il sacerdozio come compito della premura di Dio a vantaggio dell’uomo viene volto nel suo contrario. Anche noi chiediamo insistentemente perdono a Dio ed alle persone coinvolte, mentre intendiamo promettere di voler fare tutto il possibile affinché un tale abuso non possa succedere mai più" (Omelia)

«La gioia di essere preti». A Roma da tutto il mondo (Stefania Careddu)

L'abbraccio del Papa ai sacerdoti di tutto i mondo (Sir)

Il giallo del patrono cancellato: il curato d’Ars (Tornielli)

Il Papa: Dio ci liberi dagli scandali che oscurano la testimonianza. L'arroganza della ragione oscura la presenza di Dio (Izzo)

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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo il seguente articolo. Qui una traduzione.

Oriente Medio: la paciencia y la cruz

José Luis Restán

Es curiosa la reiteración del Papa en Chipre sobre la virtud de la paciencia. Fue una categoría central de su extraordinario coloquio con los periodistas a bordo del avión, pero también en otros momentos de la visita. Paciencia para disponer los corazones a la paz, a través de un proceso de cambio y maduración; paciencia para reencontrarnos con los hermanos ortodoxos tras los malentendidos del pasado; paciencia en suma, para vivir la fe con plena conciencia, en un entorno como el del Medio Oriente, que se vuelve cada día más hosco para los cristianos.
Estas apelaciones de Benedicto XVI se insertan en la forma religiosa con la que afronta todos los problemas, desde la crisis de Gaza a la ocupación del norte de Chipre o la defensa de los derechos de las minorías. "La paz es una palabra del corazón de la fe", ha dicho bellamente el Papa, "no es un añadido político a nuestra actividad religiosa". Y en otro momento, hablando de la recrudecida crisis entre israelíes y palestinos, sostiene que "debemos imitar la paciencia de Dios". Una paciencia que sólo se entiende a la luz de la encarnación, de la historia que Dios ha querido compartir con el hombre. Y aquí aparece otro subrayado del viaje que puede parecer misterioso en un primer momento.
Es cierto que la iglesia parroquial latina de Nicosia está dedicada a la Santa Cruz, pero no creo que sea ése el principal motivo por el que Benedicto XVI dedicó su homilía a los sacerdotes, religiosos, catequistas y miembros de los movimientos eclesiales, al tema de la cruz. Una homilía esencial en la que partió de la afirmación provocadora de que "el hombre no puede salvarse a sí mismo de las consecuencias de su pecado, no puede salvarse a sí mismo de la esclavitud moral y física, ni de la muerte". Es en este punto dramático donde el anuncio cristiano sorprende al hombre leal con su propia experiencia. El propio Dios ha querido romper ese nudo gordiano, y lo ha hecho del modo más inesperado y sorprendente: no con la prepotencia sino con la debilidad de la cruz. "La cruz, dice el Papa en el momento álgido de su homilía, habla a todos los que sufren -los oprimidos, los enfermos, los pobres, los marginados, las víctimas de la violencia- y les ofrece la esperanza de que Dios puede convertir su dolor en alegría, su aislamiento en comunión, su muerte en vida. Ofrece esperanza ilimitada a nuestro mundo caído. Por eso, el mundo necesita la cruz".
Ciertamente puede leerse este fragmento como una argumentación a favor de la presencia de la cruz en el espacio público, pero es mucho más. Se trata de una apelación al nudo más dramático de la historia humana: sin Dios no se salva lo humano, sin el Dios hecho hombre, sin Jesús que sufre, muere y resucita, el ciclo infernal de la violencia no tendría fin. "Un mundo sin cruz sería un mundo sin esperanza, un mundo en el que la tortura y la brutalidad no tendrían límite, donde el débil sería subyugado y la codicia tendría la última palabra. La inhumanidad del hombre hacia el hombre se manifestaría de modo todavía más horrible". Verdaderamente el Papa no llevaba a Chipre un mensaje político ("no ofrecemos nuestra propia sabiduría al mundo, no proclamamos ninguno de nuestros méritos") sino el anuncio del Evangelio que cambia las relaciones personales y sociales, hasta llegar incluso a cambiar la perspectiva política.
Es imposible entender las referencias del Papa a la paciencia sin la raíz de la cruz, o sea, sin el Dios que se injerta en la historia como hombre, la padece y la transforma. Es la paciencia que el Sucesor de Pedro se atreve a pedir a los cristianos que viven en la tierra de los profetas, de los patriarcas, los apóstoles y los mártires, la tierra que hollaron los pies de Jesús. Son cristianos que soportan diariamente la pesada prueba del aislamiento, la discriminación y la violencia, y sin embargo son artífices de paz, contribuyen activamente a construir el bien común y con frecuencia constituyen un punto decisivo de la conciencia civil de las sociedades de las que forman parte. Desde Chipre, Benedicto XVI ha alzado con firmeza la voz para que "todos vuestros derechos, incluido el derecho a la libertad religiosa y de culto, sean cada vez más respetados y que nunca más sufráis ninguna clase de discriminación".
El próximo Sínodo de los Obispos para Oriente Medio debe ofrecer cauce y cuerpo, carne y hueso, a esta proclamación del Papa. Será un espacio de comunión y diálogo, una ocasión de visibilidad y cohesión, una ventana abierta al gran mundo que con frecuencia ignora y margina el drama de estos cristianos heroicos. "Merecéis el reconocimiento del papel inestimable que realizáis", les ha dicho el Papa. Quiera Dios que con el sostén de toda la Iglesia universal sea también el momento de abandonar inercias y recelos mutuos seculares, el momento de abandonar el rol de una minoría tolerada o protegida, para asumir el protagonismo de la historia. Lo necesita la Iglesia para su misión, lo necesita el propio islam (para no sucumbir al secuestro y la degeneración de la violencia), lo necesita la entera región para cortar el ciclo del enfrentamiento y la venganza. También se lo ha recordado el Papa ante la comprensible tentación de la emigración y el exilio: "en situaciones de este tipo, un sacerdote, una comunidad religiosa, una parroquia que se mantiene firme y continúa dando testimonio de Cristo es un signo extraordinario de esperanza, no sólo para los cristianos sino también para todos los que viven en la región". Y es que si un día ellos faltaran, se abriría paso un silencio espantoso.

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