lunedì 25 ottobre 2010

Verso il Sinodo 2012 sulla Nuova Evangelizzazione. Mons. Fisichella: riportare Cristo all’uomo di oggi (Radio Vaticana)

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Verso il Sinodo 2012 sulla Nuova Evangelizzazione. Mons. Fisichella: riportare Cristo all’uomo di oggi

Un Sinodo per la Nuova Evangelizzazione nel 2012: è l’importante annuncio fatto, ieri, da Benedetto XVI al termine della Messa, che ha chiuso il Sinodo per il Medio Oriente. Il Papa ha ribadito l’“urgente bisogno” di una nuova evangelizzazione soprattutto “nei Paesi di antica cristianizzazione”. Alessandro Gisotti ha chiesto all’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del neonato dicastero per la “Nuova Evangelizzazione” di raccontare con quali sentimenti ha accolto la notizia:

R. – Un duplice sentimento. Innanzitutto, una grande meraviglia, un grande stupore per la rilevanza che il Papa riserva a questo tema che diventa sempre più importante come nota stessa del suo Pontificato. Quindi, una meraviglia unita a un senso di profonda gioia nel sapere che il Papa, oltre ad avere istituito poche settimane fa il nuovo Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, adesso pensi anche a coinvolgere tutto quanto l’episcopato nel mondo per il Sinodo del 2012. E’ inevitabile, insieme a questo, anche una profonda responsabilità. Noi stiamo nascendo adesso come Pontificio Consiglio e il 2012 è dietro l’angolo. E’ inevitabile che il peso più grande sarà portato dalla Segreteria del Sinodo; ciò non toglie che, proprio per la natura stessa dei contenuti che verranno trattati, questo Pontificio Consiglio sarà direttamente coinvolto.

D. – Ci saranno due anni di lavoro davvero intenso per questo grande evento ecclesiale. C’è però qualcosa, in fondo, già una linea che lei intravede anche pensando al tema scelto dal Papa per questo Sinodo?

R. – La linea l’ha già indicata il Papa nella sua Lettera apostolica “Ubicumque et semper”. Il Papa lo ha indicato già diverse volte in ripetuti interventi. Credo che ci siano alcuni punti fondamentali che tornano alla mente e, in primo luogo, direi, l’esigenza di rinnovare tutto quello che è la capacità della Chiesa di dover essere in grado di riportare ancora il Vangelo di Gesù Cristo all’uomo di oggi. Per molti versi si è parlato anche di un deserto in cui vive il nostro uomo contemporaneo: perché? Perché allontanatosi da Dio, non ha trovato quello che cercava e, quindi, si è rinchiuso sempre di più in se stesso e non è stato in grado di poter corrispondere ai suoi "desiderata". L’uomo ha bisogno di Dio. Il Papa ancora una volta riporta in primo piano questa dimensione che è il centro della sua vita. Come poi poterlo fare è sempre Benedetto XVI che lo ha ribadito più volte: facendo comprendere nel giusto e corretto modo - in una società sempre più secolarizzata - il tema del rapporto tra fede e ragione e, quindi, in che modo una ragione coerente con se stessa può riuscire a raggiungere veramente l’obiettivo della sua ricerca che è la verità. E da questa verità non si può escludere la presenza di Dio nella propria vita. Ci sono, dunque, tanti elementi. Inevitabilmente c’è il grande tema della secolarizzazione e da qui la Chiesa non è esclusa, tutt’altro. La secolarizzazione non tocca solo la Chiesa; la secolarizzazione come fenomeno tocca la cultura, in primo luogo e, quindi, tocca tutte quelle dimensioni di cui l’uomo vive e, quindi, è tutto questo che fa della secolarizzazione un fenomeno che deve essere guardato - come è stato fatto anche nel passato - e studiato con attenzione. Adesso viene però anche il momento di dare una risposta positiva.

D. – L’annuncio di un Sinodo dei vescovi, l’istituzione di un dicastero vaticano ad hoc. Ma come i fedeli - lo chiedo al pastore - possono essere promotori di una nuova evangelizzazione nei contesti della loro vita dalla famiglia al lavoro? Come stare - per riprendere il titolo di un suo libro - nel mondo da credenti?

R. – E’ quanto emergerà anche dallo stesso Sinodo dove, appunto, i pastori saranno presenti. Ci saranno anche tanti laici e tante persone consacrate che saranno presenti e daranno il loro positivo apporto ma è inevitabile che il laicato in prima persona è coinvolto in questo. Come insegnava il Concilio Vaticano II, i laici giungono in quei luoghi dove solo loro possono arrivare e, quindi, è inevitabile che la loro capacità di trasformare il tessuto sociale, culturale, politico, è loro piena responsabilità. Dobbiamo essere capaci, però, di trovare un denominatore comune; dobbiamo essere capaci di superare quella condizione di frammentarietà di cui vive la cultura contemporanea. Penso che la grande sfida alla fine sia proprio questa: come cercare di avere un contenuto unitario e, quindi, anche dei contenuti che consentano di esprimere pur in linguaggi diversi, in tradizioni diverse, in riti diversi, in discipline diverse, l’unico centro della nostra fede, quella fede in Gesù morto e risorto.

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