martedì 29 dicembre 2009

Chi era Schillebeeckx, il teologo che sfidò Ratzinger ispirando il progressismo conciliare (Rodari)


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Su segnalazione di Alessia leggiamo:

Chi era Schillebeeckx, il teologo che sfidò Ratzinger ispirando il progressismo conciliare

di Paolo Rodari

La vita del teologo domenicano Edward Schillebeeckx, nato ad Anversa, in Belgio, formatosi a Lovanio, a Le Saulchoir e alla Sorbona, e morto a Nimega, in Olanda, alla vigilia di questo Natale all’età di 95 anni, è stata caratterizzata da un prima e un dopo. Il prima sono gli anni precedenti il Concilio Vaticano II. Il dopo quelli successivi. Prima egli fa suo una sorta di “tomismo aperto” caratterizzato dall’assunzione di un metodo storico in grado di ricostruire l’evoluzione storica delle affermazioni dogmatiche. Dopo si muove in un altro senso, ovvero nella convinzione che nella teologia cattolica sia assente una chiara dottrina ermeneutica che consenta di superare definitivamente le diverse posizioni inerenti all’evoluzione del dogma cristiano. E’ qui, in questa seconda fase, che Schillebeeckx scatena vivaci polemiche per l’arditezza delle sue posizioni teologiche tanto che viene accusato di negare la risurrezione di Cristo come un fatto oggettivo della fede.
Ma andiamo con ordine. E raccontiamo come un suo amico, Joseph Ratzinger, visse questa svolta. E, in qualche modo, fu costretto a distanziarsi dal pensiero del teologo domenicano. E’ spiegando, infatti, come e perché Ratzinger si distanziò da Edward Schillebeeckx che si capisce e si comprende un po’ meglio chi fu lo stesso Schillebeeckx. Si era negli anni del Concilio. E’ noto che Papa Giovanni voleva un’assise che durasse pochi mesi. Un Concilio nel quale sostanzialmente si dovevano approvare i testi scritti e redatti dall’allora Sant’Uffizio guidato dal cardinale Alfredo Ottaviani, soprannominato “il carabiniere della fede” in quanto rigoroso difensore della tradizione. Ma le cose andarono diversamente. In molti fecero capire a Giovanni XXIII che la chiesa necessitava di un rinnovamento più ampio che implicasse anche una riforma radicale, in senso liberale, dell’ormai antico Sant’Uffizio. Tra gli altri, promotore di questa necessità era il cardinale tedesco Josef Frings il quale, è cosa nota, si faceva aiutare nella stesura dei suoi testi dal giovane teologo bavarese Joseph Ratzinger. E’ per questo motivo, per la spinta che inconfutabilmente diede al Concilio lo stesso Ratzinger, che in molti successivamente si sono domandati perché il teologo bavarese prese le distanze da altri fautori del cosiddetto rinnovamento conciliare. Perché Ratzinger, che pur collaborò a far sì che il Concilio fosse un qualcosa di più ampio di quanto Ottaviani voleva e sperava, si è poi distanziato da molti colleghi che come lui spinsero per un Concilio di vera riforma della chiesa e, tra questi, da coloro che insieme a lui in quegli anni fondarono la rivista Concilium? Perché fino all’inizio del Vaticano II teologi come Antonie van den Boogaard, Paul Brand, Yves Congar, Hans Küng, Johann Baptist Metz, Karl Rahner e Edward Schillebeeckx erano in sostanziale sintonia con Ratzinger e successivamente meno? E’ rispondendo a questa domanda che si comprende la vita del grande teologo domenicano scomparso in questi giorni.
Dice al Foglio Vittorio Messori che mentre scriveva con Ratzinger “Rapporto sulla fede” fu lo stesso teologo tedesco a spiegargli il perché della presa di distanza da Schillebeeckx e dagli altri della rivista Concilium: “Ratzinger mi disse che non fu lui a cambiare, ma cambiarono loro. Ratzinger voleva un Concilio in continuità con la tradizione passata. Gli altri si misero a promuovere una linea di rottura col passato. Ma non nel nome di questa rottura l’allora teologo bavarese aveva spinto perché il Concilio lavorasse più diffusamente di quanto lo stesso Giovanni XXIII all’inizio aveva pensato dovesse lavorare”.
Probabilmente non si capisce Schillebeeckx se non si parte da qui. Dalla svolta che lo portò a interpretare i lavori conciliari secondo la cosiddetta ermeneutica della rottura e della discontinuità.
E’ a motivo di questa svolta che Schillebeeckx è oggi ricordato anche e soprattutto per queste cose: entrò presto in conflitto con il Vaticano per i suoi libri su Gesù e fu convocato a Roma dalla congregazione per la Dottrina della fede per spiegare le sue teorie che negavano la resurrezione di Cristo in quanto fatto oggettivo. Fu Schillebeeckx, precedentemente, a introdurre i teologi olandesi alla Nouvelle Theologie. Negli anni Sessanta ispirò il “Nuovo catechismo olandese” nel quale vi sono affermazioni ambigue sul peccato, la redenzione, l’eucarestia, la verginità della Madonna, il ruolo della chiesa e del Papa.

Pubblicato sul Foglio martedì 29 dicembre 2009

© Copyright Il Foglio, 28 dicembre 2009 consultabile online anche qui, sul blog di Rodari.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Su Schillebeecks in Italia è uscito poco (Melloni, Brambilla sull'Osservatore di ieri, ripreso anche da Magister, e una precisazioni di Lupus Gennari). In Germania, il Mfthk riporta vari commenti, ma per fortuna il teologo domenicano non amava le luci della ribalta.Eufemia

DANTE PASTORELLI ha detto...

Ma fu Ratzinger che esclamò: Finalmente abbiamo il controsillabo!
Altro che continuità. Fu artefice anche lui della rottura, salvo, poi, a ricredersi.