venerdì 8 gennaio 2010

Turchia, per i cattolici libertà limitata. Ecco i nodi da sciogliere (Ottaviani)


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Per i cattolici libertà limitata. Ecco i nodi da sciogliere

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DI MARTA OTTAVIANI

Si potrebbe quasi parlare di minoranza nella minoranza.
I cristiani cattolici infatti non solo come tutte le altre con­fessioni non hanno riconosci­mento giuridico: non rientrano nemmeno nelle minoranze reli­giose non musulmane previste dal Trattato di Losanna, che fu firmato nel 1923 e con il quale la Turchia si impegnava a garantire a tutti i suoi abitanti, indipen­dentemente dalla loro provenien­za e dalla loro fede, uguaglianza e libertà. Nel testo del Trattato fu­rono considerate minoranze non musulmane le comunità armene, bulgare, ortodosse ed ebraiche, più o meno le stesse dell’epoca ottomana. Rimasero clamorosa­mente fuori la comunità cristiane arabofone, uniati, siro-ortodosse, caldee e cattolico-latine.
Il mancato riconoscimento giuri­dico da parte dello Stato turco ha immediate conseguenze che in­fluiscono sulla vita quotidiana delle varie comunità, soprattutto per quanto riguarda aspetti prati­ci e anche nell’organizzazione della missione pastorale.

Lo status dei vescovi

Per prima cosa i vescovi, senza u­na parola chiara sulla loro perso­nalità giuridica, davanti alla legge non sono riconosciuti come i ca­pi delle loro comunità religiose.
Nonostante questo grosso limite formale, per fortuna la autorità locali o centrali turche li conside­rano un punto di riferimento im­prescindibile nel confronto inter­religioso e anche nel dialogo per trovare soluzioni che portino al miglioramento delle condizioni dei cristiani. Le persone di fede non musulmana non possono di fatto intraprendere la carriera mi­litare.

Impossibile possedere beni

La seconda conseguenza del mancato riconoscimento giuridi­co è l’impossibilità per i cattolici di possedere, acquistare o aliena­re beni. Si tratta di un limite e­norme, che viene parzialmente colmato solo in un caso. Si tratta dei beni, solitamente immobili, in possesso di ordini o chiese che esistevano in Turchia quando il Trattato di Losanna è stato firma­to. La condizione necessaria suf­ficiente è che siano intestati a singoli o fondazioni private.
Un’eccezione che nasconde con­seguenze negative. Se infatti que­sti singoli muoiono o le fondazio­ni cessano la loro attività oppure anche se la destinazione di questi beni viene cambiata, questi pos­sono essere confiscati dallo Stato.

Il Seminario resta chiuso

La mancanza del riconoscimento giuridico per i cristiani ha una di­retta conseguenza anche sull’i­struzione. Visto che per la legge turca le minoranze religiose non musulmane non esistono, è im­possibile costruire luoghi di cul­to, che pure in Turchia non man­cano, ma soprattutto non è con­sentito aprire scuole confessio­nali o Seminari per formare sa­cerdoti. L’esempio più famoso è dato dal Seminario di Halki, sul­l’Isola di Heybeliada, chiuso nel 1971 e mai più riaperto, oggetto di costante trattativa fra il gover­no turco di Ankara e il Patriarcato ortodosso di Costantinopoli. La fine della disputa sembra quanto mai lontana e l’esecutivo islami­co- moderato guidato da Recep Tayyip Erdogan sta cercando so­luzioni di mediazione, come l’in­segnamento della teologia orto­dossa all’interno della facoltà teologica (musulmana) dell’Uni­versità di Istanbul. Ipotesi che però il Patriarca Bartolomeo non sembra minimamente disposto ad accettare. Il tema è particolar­mente critico per gli ortodossi.
Solo i vescovi e i sacerdoti di rito latino possono essere stranieri. Il patriarca di Costantinopoli deve essere obbligatoriamente un cit­tadino turco e se la normativa non cambierà e la scuola rimarrà chiusa, alla morte di Bartolomeo I potrebbero esserci dei seri pro­blemi.

L’ingresso dei sacerdoti

In ultimo, il mancato riconosci­mento della personalità giuridica ha un serio impatto sulla capa­cità di fare andare avanti le par­rocchie. Le chiese infatti per la legge turca non esistono e così per il diritto del lavoro turco non esiste il loro personale, incluso quello ecclesiastico. La conse­guenza più immediata è la gran­dissima difficoltà che le diocesi devono fare per fare entrare sul territorio turco sacerdoti, che ot­tengono permessi di soggiorno di appena un anno, mentre quelli di altre categorie professionali arri­vano fino a cinque.

Proselitismo e violenze

Queste limitazioni sono in parte anche dovute al tentativo di limi­tare l’azione di proselitismo di cui i cristiani vengono da sempre accusati e a causa della quale in passato hanno subito più di una violenza.
L’esclusione dal Trattato di Losanna del 1923 comporta pesanti effetti nella vita quotidiana dei fedeli e per l’organizzazione del servizio pastorale

© Copyright Avvenire, 8 gennaio 2010

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