venerdì 8 gennaio 2010

Il martirio dei cristiani del Medio Oriente: Minoranze più forti della paura (Eco di Bergamo)


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Minoranze più forti della paura

Il martirio dei cristiani del Medio Oriente scompagina molti dei luoghi comuni e delle semplificazioni su questa area del mondo surriscaldata e molto più complessa di come è stata rappresentata nel dopo 11 settembre. L'ultima tragedia in ordine di tempo si è consumata in Egitto, un Paese moderato secondo queste rappresentazioni. Otto cristiani copti sono stati uccisi nella notte di Natale - celebrato il 7 gennaio secondo il calendario seguito dalla minoranza - all'uscita dalla Messa in un villaggio vicino al sito archeologico di Luxor. Si tratterebbe di una vendetta per il rapimento e il presunto stupro di una dodicenne musulmana della zona per mano di un giovane cristiano. Ma il pretesto ha dato il la per un atto di sangue che ha radici più profonde.
Formalmente, nella Costituzione l'Egitto garantisce la libertà di culto delle religioni, ma nella pratica questo diritto è pesantemente limitato. Un esempio: il permesso per la costruzione di una chiesa è sottoposto al rispetto di diverse condizioni: non deve essere edificata su un terreno agricolo né vicina a una moschea o a monumenti; se viene costruita in una zona abitata anche da musulmani, occorre avere prima il loro permesso; ci deve essere in quella zona un numero sufficiente di cristiani, non devono esserci altre chiese vicine, occorre il permesso della polizia se si è vicino a ponti sul Nilo o a suoi canali o alla ferrovia. La burocrazia diventa così una museruola che costringe la minoranza a praticare il proprio credo dentro un recinto privato. È una condizione di discriminazione di fatto che i cristiani del Medio Oriente - con le rare eccezioni di alcune aree - portano come una croce, con un coraggio degno di ammirazione. Minoranze vittime anche di un paradosso: per il fondamentalismo islamico il cristianesimo è sinonimo di Occidente, quello stesso Occidente che sacrifica il destino dei cristiani orientali in nome di interessi geopolitici ed economici. L'Arabia Saudita - dove si finisce in galera se trovati in possesso di una Bibbia - è uno degli alleati del nostro mondo, oltre che custode delle più grandi riserve petrolifere del mondo.
Il fondamentalismo è una malattia delle religioni. L'islam ne è affetto più delle altre per non avere sciolto alcuni nodi decisivi: il rapporto con la modernità, la separazione fra religione e politica, la lettura critica del suo testo sacro (il Corano) e tutto ciò che ne segue riguardo al rapporto con le minoranze dei Paesi islamici e al significato della violenza. Ciò con buona pace degli irenisti per i quali tutte le religioni sono uguali. Una lettura fallace della realtà e quindi rischiosa. L'islam politico è un'ideologia che fa presa sulle frustazioni delle persone - povere o ricche che siano - ma non può essere contrastato sullo stesso piano, riducendo il cristianesimo a sua volta a ideologia (occidentalista). Gli stessi cristiani orientali chiedono di non cadere in questo tranello. Testimoniano l'avvenimento di Cristo senza cedere alla paura e alla vendetta. Per loro è stato un Natale di sangue ancora in Iraq, con le chiese prese di mira dalle autobombe dei terroristi. Dal 2003 la metà degli 800 mila iracheni seguaci di Gesù - il 2 per cento della popolazione complessiva - ha lasciato il Paese. È anche per rispondere a questo esodo che Benedetto XVI ha convocato per l'ottobre 2010 il Sinodo dei vescovi del Medio Oriente, mettendo a tema la comunione e la testimonianza.
Ma la politica deve fare la sua parte, almeno chiarendo le ambiguità di certe relazioni internazionali.

© Copyright Eco di Bergamo, 8 gennaio 2010

1 commento:

Anonimo ha detto...

Grazie per questa bellissima immagine che accompagna il post.