mercoledì 10 marzo 2010

Il Papa: Nigeria, la violenza non risolve i conflitti, ma ne accresce le tragiche conseguenze (AsiaNews)


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VATICANO

Papa: Nigeria, la violenza non risolve i conflitti, ma ne accresce le tragiche conseguenze

Benedetto XVI ha commentato con un appello alla “pacifica convivenza” la strage di cristiani nel Paese africano. Dopo il Vaticano II nella Chiesa si era diffuso un “utopismo anarchico”, figlio di certo spiritualismo, per il quale la Chiesa preconciliare, gerarchica, era morta e ne sarebbe nata una completamente nuova, ma Paolo VI e Giovanni Paolo II hanno difeso la novità del Concilio e, nello stesso tempo, l’unicità e la continuità della Chiesa.

Città del Vaticano (AsiaNews)

“La violenza non risolve i conflitti, ma soltanto ne accresce le tragiche conseguenze”. Il Papa ha rievocato così, oggi, la strage avvenuta in Nigeria, ove forse 500 cristiani sono stati uccisi, “anche bambini indifesi”.
“Faccio appello - ha aggiunto - a quanti nel Paese hanno responsabilità civili e religiose, affinché si adoperino per la sicurezza e la pacifica convivenza di tutta la popolazione. Esprimo, infine, la mia vicinanza ai Pastori e ai fedeli nigeriani e prego perché, forti e saldi nella speranza, siano autentici testimoni di riconciliazione”.
Il pensiero alle uccisioni avvenute nel Paese africano è giunto al termine dell’udienza generale di oggi, nel corso della quale Benedetto XVI ha ricordato che dopo il Concilio in “alcuni” si era diffuso un “utopismo anarchico”, figlio di certo spiritualismo, per il quale la Chiesa preconciliare, gerarchica, era morta e ne sarebbe nata una completamente nuova, ma “grazie a Dio i timonieri saggi della barca di Pietro - papa Paolo VI, papa Giovanni Paolo II - hanno da una parte difeso la novità del Concilio e, nello stesso tempo, l’unicità e la continuità della Chiesa, che è sempre Chiesa di peccatori e sempre luogo di grazia”. Perché “le opere di Cristo non vanno indietro ma progrediscono”. Questa frase di san Bonaventura è stata ripetuta oggi da Benedetto XVI che, proprio illustrando la figura del santo di Bagnoregio, ha ricordato l’evento post-conciliare alle quasi diecimila persone presenti all’udienza generale.
Il settimanale incontro di Benedetto XVI con i fedeli è stato oggi diviso in due momenti, il primo nella basilica di san Pietro e il secondo nell’aula Paolo VI, per poter accogliere il gran numero di fedeli partecipanti all’udienza.
Il discorso loro rivolto è stato dunque dedicato, come già la settimana scorsa, a san Bonaventura, il “dottore serafico” che “tra i vari meriti, ha avuto quello di interpretare autenticamente e fedelmente la figura di san Francesco d’Assisi, da lui venerato e studiato con grande amore. In particolar modo - ha proseguito - ai tempi di san Bonaventura una corrente di Frati minori, detti ‘spirituali’, sosteneva che con san Francesco era stata inaugurata una fase totalmente nuova della storia, sarebbe apparso il ‘Vangelo eterno’ del quale parla l’Apocalisse, che sostituiva il Nuovo Testamento. Questo gruppo affermava che la Chiesa aveva ormai esaurito il proprio ruolo storico, e al suo posto subentrava una comunità carismatica di uomini liberi guidati interiormente dallo Spirito, cioè i ‘Francescani spirituali’. Alla base delle idee di tale gruppo vi erano gli scritti di un abate cistercense, Gioacchino da Fiore, morto nel 1202”.
Egli sosteneva “un ritmo trinitario della storia. Considerava l’Antico Testamento come età del Padre, seguita dal tempo del Figlio, il tempo della Chiesa. Vi sarebbe stata ancora da aspettare la terza età, quella dello Spirito Santo. Questa storia andava interpretata come una storia di progresso: dalla severità dell’Antico Testamento alla relativa libertà del tempo del Figlio nella Chiesa, fino alla piena libertà dei Figli di Dio nel periodo dello Spirito Santo, che sarebbe stato anche, finalmente, il periodo della pace tra gli uomini, della riconciliazione dei popoli e delle religioni”.
Seguendo il pensiero dell’abate, i “francescani spirituali” si erano convinti che san Francesco fosse “l’iniziatore del tempo nuovo”, del “tempo dello Spirito Santo, che lasciava dietro di sé la Chiesa gerarchica, per iniziare la nuova Chiesa dello Spirito, non più legata alle vecchie strutture”. “Vi era dunque il rischio di un gravissimo fraintendimento del messaggio di san Francesco, della sua umile fedeltà al Vangelo e alla Chiesa, e tale equivoco comportava una visione erronea del Cristianesimo nel suo insieme”.
San Bonaventura respinse le teorie di Gioacchino da Fiore, affermando, tra l’altro, che “Opera Christi non deficiunt, sed proficiunt” (Le opere di Cristo non vanno indietro, non vengono meno, ma progrediscono). “San Bonaventura - ha commentato Benedetto XVI - ci insegna l’insieme del necessario discernimento, anche severo, del realismo sobrio e dell’apertura a nuovi carismi donati da Cristo, nello Spirito Santo, alla sua Chiesa. E mentre si ripete questa idea del declino c’è anche l’altra, questo utopismo spiritualistico che si ripete”, come accaduto dopo il Vaticano II, quando riprese vigore “l’utopismo anarchico”, fermato da Paolo VI e Giovanni Paolo II.

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