venerdì 18 giugno 2010

Dopo le rivelazioni sulla casa gratis a Bertolaso indagine interna di Propaganda Fide. Il card. Sepe: "Sono tranquillo non ho niente da nascondere"


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di ORAZIO LA ROCCA

ROMA - "Sentiremo anche il cardinale Crescenzio Sepe". È quanto si è appreso ieri tra i magistrati di Perugia che stanno indagando sugli appalti dei Grandi Eventi. Nel suo genere, una notizia shock appena 24 ore dopo il coinvolgimento del porporato nelle stesse indagini in seguito alle dichiarazioni del sottosegretario Guido Bertolaso, il quale ha assicurato che sarebbe stato "aiutato" da Sepe per avere in affitto gratis una casa in via Giulia. Una dichiarazione, quella del responsabile della Protezione Civile, che non sembra abbia convinto i giudici di Perugia, i quali però a questo punto per tentare di fare completamente luce su tutta la vicenda sembrano seriamente intenzionati a "sentire" il cardinale ed il suo collaboratore Francesco Silvano, l'economo della diocesi napoletana, che - stando a quanto dichiarato da Bertolaso - sarebbe stato l'uomo che gli avrebbe trovato l'alloggio in via Giulia su indicazione di Sepe. "Io sono completamente tranquillo, non ho nulla da nascondere e tantomeno da replicare per un caso infondato", si è limitato a far sapere il cardinale ieri in risposta alle affermazioni del sottosegretario.

In Vaticano, però, l'inchiesta dei giudici di Perugia da un po' di tempo incomincia a preoccupare non pochi alti prelati. Specialmente da quando nelle indagini - oltre alle vicende legate agli affitti e alle compravendite degli immobili di Propaganda Fide - sono incappati personaggi come Angelo Balducci, gentiluomo di Sua Santità, o monsignor Francesco Camaldo, cerimoniere
della basilica vaticana. E forse proprio per questo, ieri autorevoli fonti pontificie citate dalle agenzie di stampa e non smentite dalle autorità vaticane, a proposito del coinvolgimento di Propaganda Fine nella indagini hanno invitato alla "prudenza" e ad avere "fiducia nella giustizia". Precisando, però, che "se ci sono state responsabilità vanno attribuite alla precedente gestione della congregazione che va dal 2001 al 2006, non a quella attuale".

Detto in parole povere, senza proclami ufficiali, dal Vaticano si fa filtrare riservatamente che nei piani alti della Curia c'è qualcuno che ha tanta voglia di "scaricare" non l'attuale prefetto di Propaganda Fine, il cardinale Ivan Dias, ma il suo predecessore, vale a dire il cardinale Sepe. Se non è una "guerra" annunciata, tutta all'interno delle gerarchie ecclesiali, poco ci manca. Una sfida senza esclusioni di colpi in un momento in cui i vertici pontifici, papa Ratzinger in testa, sono fortemente impegnati a raddrizzare la rotta della Chiesa cattolica incagliata nelle bufere dello scandalo della pedofilia ed ora anche nelle inchieste giudiziarie sugli appalti del G8. "Finora a Propaganda Fide tutto è risultato in ordine, non ci sono problemi di gestione", assicura l'arcivescovo Velasio De Paolis, presidente della Prefettura degli affari economici della Santa Sede, facendo però capire che sulla Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli, pur essendo un dicastero dotato di totale autonomia gestionale tanto che il suo prefetto viene tradizionalmente chiamato con l'appellativo di "Papa rosso", Ratzinger intende "vederci chiaro". Inutile, però, chiedere a monsignor De Paolis se Benedetto XVI o il suo cardinal segretario di Stato Tarcisio Bertone hanno scritto o ordinato una inchiesta interna. "Sono cose riservate su cui non si può rispondere", taglia corto De Paolis, precisando però che "finora non è emerso niente".

© Copyright Repubblica, 18 giugno 2010 consultabile online anche qui.

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