domenica 10 ottobre 2010

L’ambasciatore d’Israele Lewy: il Sinodo, occasione d’incontro e di dialogo (Mazza)

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Un grande evento spirituale e di speranza: le aspettative sul Sinodo del vescovo William Shomali e del nunzio Antonio Franco (Radio Vaticana)

Le Chiese mediorientali a Roma: voce che va ascoltata (Geninazzi)

Sinodo, il Papa: La pace in Medio Oriente riguarda tutti e tutti sono chiamati a dare il loro contributo. E' diritto dei Cristiani vivere dignitosamente in Terra Santa (Izzo)

Secondo Avvenire ieri è andato in onda su Raidue un "acuto dossier" su Londra ed il Papa

All’Angelus, il Papa esorta la Chiesa del Medio Oriente ad essere strumento di riconciliazione (Radio Vaticana)

Il Papa: "I Cristiani del Medio Oriente si trovano spesso a sopportare condizioni di vita difficili, sia a livello personale che familiare e di comunità. Ma ciò non deve scoraggiare: è proprio in quel contesto che risuona ancora più necessario e urgente il perenne messaggio di Cristo: "Convertitevi e credete nel Vangelo"" (Angelus)

Il Papa: Il Sinodo per sostenere le Chiese del Medio Oriente e la missione universale (AsiaNews)

Pace e giustizia indispensabili per il Medio Oriente: così, il Papa nella Messa di apertura del Sinodo per la regione. L’invito al dialogo con ebrei e musulmani

Il Papa: I cristiani che vivono in Terra Santa sono "pietre vive della Chiesa" ma hanno diritto di "vivere dignitosamente". Per la pace in Medio Oriente deve esserci il contributo di tutti (Apcom)

Al via il sinodo sul Medio Oriente. Il Papa: "Creare condizioni di pace" (La Stampa)

Il Papa apre il Sinodo per il Medio Oriente: "Nonostante le difficoltà, i cristiani di Terra Santa sono chiamati a ravvivare la coscienza di essere pietre vive della Chiesa in Medio Oriente, presso i Luoghi santi della nostra salvezza. Ma quello di vivere dignitosamente nella propria patria è anzitutto un diritto umano fondamentale: perciò occorre favorire condizioni di pace e di giustizia, indispensabili per uno sviluppo armonioso di tutti gli abitanti della regione" (Omelia)

Il Papa ha fatto incontrare capitalismo e dottrina sociale della Chiesa (Gaetano Quagliariello)

«Ubicumque et semper», cioè «sempre e dovunque»: è questo il titolo del motu proprio di Benedetto XVI che istituisce il Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione (Tornielli)

La speranza oltre il muro. Alla vigilia del sinodo sul Medio Oriente, due libri sul dramma dei cristiani (Valli)

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Etica e innovazioni. Lo slittamento morale (Lucetta Scaraffia)

Libro-intervista al Papa, interpretazioni sul detto e non detto da Seewald alla Fiera di Francoforte

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"Il coraggio di un vero testimone". Il rinnovamento liturgico in un testo del card. Ratzinger (1992)

Due settimane di lavoro per 185 padri sinodali (Osservatore Romano)

Giornalismo, spettacolo o verità! (Michelangelo Nasca)

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Comunione e testimonianza: padre Pizzaballa e mons. Eterović sul Sinodo per il Medio Oriente (Radio Vaticana)

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Due bellissime foto del Papa con il gatto "inglese" Puskin :-)
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L’ambasciatore d’Israele Lewy: il Sinodo, occasione d’incontro e di dialogo

Il rappresentante di Tel Aviv in Vaticano: «Da questo incontro ecclesiale un passo avanti nel confronto anche con l’ebraismo. E un aiuto alle trattative per lo status della Chiesa in Terra Santa»

DI SALVATORE MAZZA

Un «momento di confronto impor­tante », al quale da Israele si guarda «con grandissimo interesse». Dove la dimensione ecclesiale e la volontà di dialo­go, «sicuramente» prevalgono sul significato «politico» che «forse» una «minoranza» vor­rebbe attribuirgli.

È questo il Sinodo dei ve­scovi per il Medio Oriente, come lo vede l’am­basciatore d’Israele presso la Santa Sede Mor­dechay Lewy. Che, sul negoziato con la San­ta Sede che chiuderebbe le questioni fiscali e di proprietà ancora aperte dopo la firma dell’«Accordo fondamentale» del 1993, si di­ce «fiducioso» sulla sua conclusione immi­nente.

Come guardate a questo Sinodo?

Davvero con grandissimo interesse. Perché sarà un momento di con­fronto importante. Così co­me tanti vescovi del Medio Oriente, che per il 90 per cen­to al Sinodo sono di origine araba, io non guardo al Si­nodo come un momento politico. Forse solo una mi­noranza vorrebbe che lo fos­se. Del resto, leggendo l’In­strumentum Laboris, si capi­sce bene quale sia il focus principale di questo appun­tamento: il problema di es­sere testimoni, come mino­ranza, in un contesto a mag­gioranza islamica. Al quale è certamente collegato anche quello delle vio­lenze contro i cristiani che vediamo in di­verse parti, dall’Iraq, al Pakistan, in qualche modo anche in Turchia. Ma, ripeto, mi sem­bra che la prospettiva del Sinodo sia essen­zialmente ecclesiale, con una grande aper­tura al dialogo.

Dialogo anche con l’ebraismo. Pensa che in questo senso si possa segnare un ulteriore passo in avanti?

Ne sono convinto. E mi sembra davvero in­teressante, in proposito, il rifiuto radicale del­l’antisemitismo riaffermato nell’Instrumen­tum Laboris, così come è affermato da un la­to il superamento dell’antigiudaismo e, dal­­l’altro, che l’antisionismo sia da considerare una posizione politica estranea a ogni di­scorso ecclesiale.

Sul tappeto dei problemi ce ne sono tutta­via alcuni che toccano da vicino anche I­sraele, come l’esodo dei cristiani dalla Ter­ra Santa.

In Israele questo fenomeno, questo esodo, non c’è stato, così come non ci sono state persecuzioni. Anzi, è l’unico Paese, insieme alla Giordania, dove il numero dei cristiani è aumentato, sia per l’ingresso di molti lavo­ratori che per l’immigrazione; i cattolici so­no probabilmente raddoppiati e vivono in u­na condizione di tranquillità e di sicurezza. Nei territori sotto l’Autorità palestinese la si­tuazione è diversa. A Betlemme l’esodo si è verificato: il problema però, qui, è che la città si sta islamizzando per la pressione di Ha­mas.

A questo riguardo, la ripresa dei negoziati per la creazione di uno Stato palestinese sarà sicuramente sullo sfondo dell’Assemblea, anche per la misura in cui un accordo po­trebbe contribuire ad abbassare la tensione in tutta l’area. Lei che pro­spettive vede?

Per prima cosa bisogna dire che sì, certamente il rag­giungimento di un accordo potrebbe sicuramente aiuta­re un processo di distensio­ne generale, ma non è «la chiave» di tutto. È importan­te, ovviamente. Ma, appun­to, non è la chiave. Quanto alle prospettive del negozia­to, è molto difficile da dire: non so che tipo di condizio­ni potranno determinarsi, quali crisi potrebbero insor­gere. La cosa, come penso sia chiaro, è piuttosto complicata.

A proposito di negoziati. Sono ormai quasi diciassette anni, dalla firma dell’«Accordo fondamentale», che la commissione bilate­rale tra Israele e Santa Sede sta trattando sulle questioni riguardanti lo status della Chiesa nel vostro Paese. Pensa che si sia fi­nalmente vicini a una firma?

Sono veramente fiducioso che si arrivi pre­sto a una conclusione. In effetti, anche se la trattativa non è stata continua ma ha avuto diverse interruzioni, mi sembra che l’atteg­giamento di entrambe le parti nella dinami­ca attuale sia di arrivare a chiudere. Per noi era una questione del tutto nuova, e qui si tratta quasi di un Concordato, quindi abbia­mo avuto bisogno di studiare, per così dire, molto. Sul «quando» è difficile fare una pre­visione, ci incontreremo di nuovo a Gerusa­lemme il 6 dicembre, ma non mi sembra che siano rimasti problemi insormontabili.

© Copyright Avvenire, 10 ottobre 2010

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