lunedì 8 marzo 2010
Corso della Penitenzieria Apostolica per i giovani sacerdoti: intervista con mons. Girotti (Radio Vaticana)
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Corso della Penitenzieria Apostolica per i giovani sacerdoti: intervista con mons. Girotti
Inizia oggi pomeriggio a Roma, presso il Palazzo della Cancelleria, il Corso sul “Foro interno” promosso annualmente dal Tribunale della Penitenzieria Apostolica per i giovani sacerdoti. Partecipano circa 700 presbiteri. Introduce i lavori il penitenziere maggiore, l’arcivescovo Fortunato Baldelli. Tra le relazioni pomeridiane, quella del reggente, il vescovo Gianfranco Girotti: tra i temi che saranno affrontati, oltre a quello della crisi del Sacramento della Riconciliazione, situazioni di particolare delicatezza, come quella dei divorziati risposati. Quale deve essere l’atteggiamento dei confessori in questi casi? Sergio Centofanti lo ha chiesto allo stesso mons. Girotti:
R. – La dottrina e la prassi ufficiale della Chiesa, tutt’ora in atto, cerca di percorrere una via fedele al mandato rivoltole dal suo Signore, che è quello di amministrare il perdono e la misericordia. La Chiesa, anche di fronte a situazioni talvolta delicatissime – i casi dei divorziati risposati – e il Santo Padre ce lo ricorda molto spesso, agisce sempre secondo lo spirito di Gesù che ha compassione dei peccatori, e ricordiamo sempre che “non spezza la canna incrinata e non spegne neanche il lucignolo fumigante”.
D. – Come si deve comportare il confessore quando i divorziati risposati desiderano accedere alla Comunione?
R. – Il confessore è l’amministratore, non è il padrone. E’ l’amministratore di questo ministero. Il confessore, quando non può dare l’assoluzione, dà comunque delle indicazioni, offre dei mezzi per poter rimanere sempre all’interno della Chiesa. La Chiesa non può venir meno al suo mandato, non può nascondere i suoi principi, ma ciò nonostante la Chiesa tiene care queste persone che sono persone che non può abbandonare.
D. – La Chiesa, però, viene accusata in questi casi di essere “priva di misericordia”…
R. – La Chiesa in tutti i suoi interventi, anche recenti, ha assolutamente sempre mostrato quell’attenzione, quella premura, quell’impegno di venire incontro anche a situazioni che umanamente sono così difficili, che sembrerebbero non risolversi. La Chiesa, però, ha sempre un particolare occhio di riguardo, di predilezione e di attenzione verso costoro. La premura che è riservata loro è una premura veramente senza confini.
D. – C’è da ribadire che i divorziati risposati continuano ad appartenere sempre alla Chiesa…
R. – Certo. Anzi, vengono coinvolti nell’impegno ed anche nel servizio della Chiesa. Talvolta ci sono alcune situazioni di persone che hanno subito il divorzio e si trovano poi in una situazione nuova ma loro, personalmente, sono delle persone che hanno la volontà di essere dentro la Chiesa e sono dentro la Chiesa e la Chiesa non le ha mai considerate persone ai margini, anzi, persone da tenere costantemente presenti nella sua pastoralità.
D. – Persone che poi vanno accompagnate dalla Chiesa anche al di là del Sacramento della penitenza…
R. – Indubbiamente. Qui la Chiesa ha una strategia pastorale veramente attenta. La premura che vuole riservare a costoro è veramente una premura degna di ogni attenzione.
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