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Benedetto XVI in visita a Lamezia Terme il 9 ottobre 2011 (Radio Vaticana e Osservatore Romano)
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Un grande evento spirituale e di speranza: le aspettative sul Sinodo del vescovo William Shomali e del nunzio Antonio Franco (Radio Vaticana)
Le Chiese mediorientali a Roma: voce che va ascoltata (Geninazzi)
Sinodo, il Papa: La pace in Medio Oriente riguarda tutti e tutti sono chiamati a dare il loro contributo. E' diritto dei Cristiani vivere dignitosamente in Terra Santa (Izzo)
Secondo Avvenire ieri è andato in onda su Raidue un "acuto dossier" su Londra ed il Papa
All’Angelus, il Papa esorta la Chiesa del Medio Oriente ad essere strumento di riconciliazione (Radio Vaticana)
Il Papa: "I Cristiani del Medio Oriente si trovano spesso a sopportare condizioni di vita difficili, sia a livello personale che familiare e di comunità. Ma ciò non deve scoraggiare: è proprio in quel contesto che risuona ancora più necessario e urgente il perenne messaggio di Cristo: "Convertitevi e credete nel Vangelo"" (Angelus)
Il Papa: Il Sinodo per sostenere le Chiese del Medio Oriente e la missione universale (AsiaNews)
Pace e giustizia indispensabili per il Medio Oriente: così, il Papa nella Messa di apertura del Sinodo per la regione. L’invito al dialogo con ebrei e musulmani
Il Papa: I cristiani che vivono in Terra Santa sono "pietre vive della Chiesa" ma hanno diritto di "vivere dignitosamente". Per la pace in Medio Oriente deve esserci il contributo di tutti (Apcom)
Al via il sinodo sul Medio Oriente. Il Papa: "Creare condizioni di pace" (La Stampa)
Il Papa apre il Sinodo per il Medio Oriente: "Nonostante le difficoltà, i cristiani di Terra Santa sono chiamati a ravvivare la coscienza di essere pietre vive della Chiesa in Medio Oriente, presso i Luoghi santi della nostra salvezza. Ma quello di vivere dignitosamente nella propria patria è anzitutto un diritto umano fondamentale: perciò occorre favorire condizioni di pace e di giustizia, indispensabili per uno sviluppo armonioso di tutti gli abitanti della regione" (Omelia)
Il Papa ha fatto incontrare capitalismo e dottrina sociale della Chiesa (Gaetano Quagliariello)
«Ubicumque et semper», cioè «sempre e dovunque»: è questo il titolo del motu proprio di Benedetto XVI che istituisce il Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione (Tornielli)
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Etica e innovazioni. Lo slittamento morale (Lucetta Scaraffia)
Libro-intervista al Papa, interpretazioni sul detto e non detto da Seewald alla Fiera di Francoforte
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Tempo d'Oriente (Angela Ambrogetti)
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Due bellissime foto del Papa con il gatto "inglese" Puskin :-)
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L’invitato musulmano
Al-Sammak: la nostra terra ha bisogno dei fedeli di Cristo
Il consigliere del Gran Mufti del Libano: «I battezzati abitano questi Paesi da prima di noi, la loro presenza è un dovere. Fanatismi e mancanza di libertà: le sfide che ci uniscono in un destino comune»
DI LORENZO FAZZINI
Muhammad al-Sammak non è un volto nuovo nei Sinodi cattolici: è stato il primo musulmano (è sunnita) a prendere parte a uno di essi. Era il 1995, Giovanni Paolo II convocò l’Assemblea speciale per il Libano e al-Sammak vi prese parte come consigliere del Gran Mufti del Paese dei cedri.
Giornalista, un tempo consigliere del defunto presidente libanese Rafik Hariri, oggi, rivestendo anche la carica di segretario del Comitato per il dialogo islamo-cristiano libanese e dell’Islam Spiritual Summit, è uno dei tre invitati speciali (non cristiani) all’assise sul Medio oriente che si apre oggi, assieme all’ayatollah iraniano Seyed Mostafa Mohaghegh Ahmadabadi e al rabbino israeliano David Rosen.
Dottor al-Sammak, quali sono le sue aspettative sul Sinodo del Medio Oriente?
Non voglio considerare il Sinodo un grido di dolore. Voglio che esso getti le basi per una sana presenza e un ruolo costruttivo per i cristiani del Medio Oriente. La mia speranza è vedere che tale evento diventi un nuovo punto di partenza per il radicamento dei cristiani nella terra di Gesù Cristo, non per il loro sradicamento. Così le relazioni tra cristiani e musulmani saranno salvaguardate e migliorate.
Tema del Sinodo è la testimonianza. A suo giudizio, qual è l’apporto più importante che i cristiani danno al Vicino Oriente?
I cristiani «in» Medio Oriente sono cristiani «del» Medio oriente. Essi sono qui da prima di noi musulmani. Sono persone indigene di questa regione. Sono arabi e non arabi che hanno contributo all’eredità araba e alla civilizzazione islamica. Il loro è per tutti noi un ruolo essenziale. Questo è il motivo per cui la loro presenza è un dovere. E incoraggiare questa presenza è un obbligo per musulmani e cristiani.
Da musulmano, cosa domanda ai cristiani del Medio Oriente?
Di non emigrare. Chiedo loro di restare testimoni del cristianesimo in Medio Oriente. In quanto musulmano ho bisogno della loro presenza per vivere una parte importante della dottrina islamica che si basa sul credere nel cristianesimo come messaggio di Dio, in Gesù Cristo e nella verginità di Maria come sua Madre, donna che Dio ha preferito tra tutte fino alla fine dei tempi, come afferma il Corano. In quanto arabo, non posso vivere la mia identità senza i miei connazionali cristiani arabi.
Nel documento preparatorio del Sinodo si analizzano due questioni che attanagliano la presenza cristiana: l’estremismo islamico e la mancanza di libertà religiosa. Come affrontare questi nodi?
L’estremismo e il fanatismo costituiscono un fenomeno distruttivo non solo per i cristiani ma anzitutto per i musulmani. I cristiani stanno soffrendo, insieme ai musulmani, anche per la mancanza di democrazia, di sviluppo sociale e di libertà, soprattutto per le conseguenze del conflitto arabo-israeliano. Musulmani e cristiani sono sulla stessa barca: saranno gettati nelle acque profonde del fanatismo o si salveranno insieme ricostruendo un futuro comune e un destino comune.
È noto che in alcuni contesti nazionali (Egitto, Arabia Saudita, per citare esempi) non vi sia una garanzia legislativa sulla libertà religiosa, come nel caso della conversione dall’islam. Come affrontare questo problema?
Nell’islam vige un principio, affermato dal Corano, che dice: «Non vi è costrizione nella religione». Questo significa che nessuno deve essere costretto a credere o a non credere. Il Corano afferma anche che «Dio giudicherà tra i popoli nel giorno del giudizio». Noi uomini non abbiamo titolo per giudicare. Un tempo cambiare religione significava passare con il nemico e ciò veniva considerato un atto di tradimento. Questo concetto è ancora purtroppo in vigore. La libertà religiosa è un pilastro pure dell’islam. È un problema di coscienza e nessuno, solo Dio, conosce quel che c’è nella nostra coscienza. La questione vera non è il credere in sé ma l’espressione aperta della fede. Questo diritto dovrebbe essere rispettato e garantito.
© Copyright Avvenire, 10 ottobre 2010
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1 commento:
Raffa, ti segnalo questo video di Rainews24 sul Sinodo
http://www.rainews24.rai.it/it/canale-tv.php?id=20696
Alessia
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