giovedì 4 febbraio 2010

Caso Boffo, «Ma quali laicisti...Qui il complotto è ecclesiale». La visione profetica di Papa Benedetto. Lucida analisi di Paolo D’Andrea


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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo questa interessantissima analisi di Paolo D’Andrea per "Il Secolo":

«Ma quali laicisti...Qui il complotto è ecclesiale»

Paolo D’Andrea

Hanno riaperto un’altra volta il vaso di Pandora del caso-Boffo, e il fiume di fango contaminato che ne è uscito tracima in altissimis, fino a inondare le stanze più protette del Palazzo apostolico.
A rovistare nella maionese impazzita di questi giorni si trova di tutto. C’è Ruini che sarebbe andato dal Papa a dirgli che i siluri contro Boffo erano partiti da direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian: c’è il Foglio che sulla base di quest’indiscrezione apre la caccia e punta in alto, un gradino sotto il Papa, suggerendo con codici neanche troppo criptati che il mandante «istituzionale» dell’operazione è il segretario di Stato Tarcisio Bertone; c’è il pranzo ostentato tra Feltri, Boffo e Renato Farina dal quale vengono fatte filtrare le domande insistenti che il direttore bergamasco ha allusivamente rivolto alla vittima dei suoi scoop avvelenati, quasi a indicare chi fosse il suo suggeritore («ma perché Bertone ce l’ha tanto con te? Ma perché Vian ce l’ha tanto con te?»); c’è il Corriere, un tempo sacrario del giornalismo laico-liberale, che si muove in asse inedito e paradossale col quotidiano d’Oltretevere, facendo filtrare in forma anonima gli argomenti dei bertoniani che chiamano in causa addirittura la «lotta per la supremazia in vista del prossimo Conclave» e minacciano «conseguenze durissime» contro gli autori del vero complotto, ossia la «vecchia guardia» accecata dalla «gelosia» per i «pieni poteri» che il Papa avrebbe di nuovo consegnato a Bertone, nella lettera con cui lo a riconfermato nel suo incarico (virgolettati ripresi dal Corriere di ieri); c’è Repubblica che la butta in politica, e scomoda D’Avanzo per dimostrare che sulla scena del “delitto Boffo” ci sono «anche le impronte del Cavaliere».
Ma poi anche il giornale fondato da Scalfari finisce per trovarsi sullo stesso fronte di Feltri e Ferrara, mettendo in pagina i boatos di marca boffiana circolanti da qualche giorno nelle redazioni, secondo cui il segretario di Stato avrebbe addirittura telefonato a Feltri per ringraziarlo di «aver reso un servizio alla Chiesa e al Papa» col siluramento dell’ex direttore di Avvenire; c’è anche chi in preda alla vertigine del caos si getta nella mischia per buttarla ancor più in caciara, come Dagospia che per tutta la vicenda-Boffo propone un’alternativa pista “ciellina”, beccandosi la querela del vescovo di San Marino, Luigi Negri.
La nitidezza stenografica con cui esondano sui giornali i particolari del nuovo tourbillon ecclesial-mediatico (comprese le frasi di conversazioni private, presumibilmente messe in circolo dall’uno o dall’altro dei conversatori) finisce per provocare stordimento.
A inseguire i dettagli, si perde di vista l’orizzonte.
E si appanna la prospettiva storica che consentirebbe almeno di sottrarsi alle interpretazioni fuorvianti e interessate escogitate per nobilitare la lotta per bande in atto ai piani alti della Chiesa.
Quella che va per la maggiore, esposta col tono consuetamente sostenuto dal Foglio e dal vaticanista ruiniano Sandro Magister, legge la penosa vicenda come uno scontro tra due concezioni ecclesiali contrapposte. La linea “istituzionale” del realismo politico, sostenuta da Bertone e Vian, avrebbe tentato di far fuori la linea ruiniana che per più di tre lustri aveva puntato sulla rilevanza sociale della compagine ecclesiale, realizzata anche dall’Avvenire di Boffo come strumento del “progetto culturale” di marca ruiniana.
Ma basta sfogliare le annate del Foglio e gli interventi di Magister a cavallo tra la fine dell’era wojtyliana e i primi anni del pontificato ratzingeriano per accorgersi che i conti non tornano, che la versione proposta è in realtà un’operazione di riscrittura della memoria.
La parabola del professor Vian, da questo punto di vista, è più che eloquente. Il suo passaggio dall’accademia al giornalismo avviene proprio sulle pagine dell’Avvenire boffiano e del Foglio ferrariano, negli anni in cui tra le due testate si consolida una sorprendente sinergia sul terreno delle comuni «battaglie culturali». Anche Vian partecipa alle scorribande foglianti contro i presunti epigoni della teologia conciliar-progressista.
I suoi volumi ricevono recensioni entusiaste sul sito di Magister, che riserva stroncature pesanti ai lavori prodotti dalla dossettiana “officina bolognese”. Quando Vian viene chiamato da Bertone a dirigere l’Osservatore Romano, anche i redattori vengono avvertiti: basta coi toni compassati e paternalisti dominanti ai tempi della direzione di Agnes: il nuovo modello da seguire è Il Foglio di Ferrara.
Articoli intellettualmente vivaci, polemiche, interventi appuntiti, una gran voglia di “contare” nella mischia mediatica quotidiana.
In quei mesi, sul blog di Magister e sul Foglio, gli elogi tributati al “nuovo” Osservatore targato Vian sono all’ordine del giorno. La progressiva estraniazione tra gli antichi sodali (passata anche per frizioni personal politiche, come quelle covate dopo che Vian prese le distanze dalla lista anti-aborto di Ferrara) spiega forse in parte la virulenza dello scontro in atto. Ma non basta a far credere che la guerra per bande sia davvero alimentata da posizioni ideologiche alternative e divergenti.
In realtà, a farsi la guerra sono due “progetti” entrambi cresciuti e coltivati all’ombra del comune orizzonte “ratzingeriano”.
Sia Ruini che Bertone, stando alle ricostruzioni più accreditate del Conclave, hanno giocato la parte di grandi elettori di Benedetto XVI. Per i “ruiniani”, e per i loro partner del Foglio, il pontificato ratzingeriano doveva essere il volano di un grande progetto cultural-ideologico. Quella «rivoluzione papale» lucidamente descritta da Magister nei suoi articoli d’inizio pontificato, pensata come vaste programma per rilanciare il protagonismo sociale e culturale della Chiesa, a partire dall’Occidente, in netto antagonismo con le presunte remissività “secolarizzanti” del cattolicesimo postconciliare.
Anche Bertone, a modo suo, quando è diventato Papa il suo “ex capo” alla Congregazione per la dottrina della fede, ha elaborato per il nuovo pontificato un piano sui generis, che replicasse ai vertici della Chiesa le modalità di collaborazione collaudate tra i due nella gestione dell’ex sant’Uffizio: al Papa i contenuti, i libri, le encicliche, i discorsi; e al segretario si Stato la gestione delle “cose pratiche”, a cominciare dalle nomine e dagli organigrammi, fino al rapporto con la politica e con la stampa.
Una strategia portata avanti con la logica dell’asso pigliatutto, che ha dilapidato i consensi e fatto crescere inevitabili malesseri verso il segretario di Stato, dentro e fuori i Palazzi. Sono questi due progetti a essere entrati in rotta di collisione. E si stenta a immaginare una via d’uscita.
Oltretevere, c’è chi parla di un sacrificio di Vian come una sorta di «fusibile laico» per evitare il black out generale.
Ma l’incognita, ancora una volta, è sapere con certezza quale sia il pensiero del Papa su tutta la questione.
Il sociologo cattolico Giuseppe De Rita, qualche tempo fa, disse in un’intervista che Benedetto XVI «scrive libri e dà l’idea di aver deciso di non comandare».
Più passa il tempo, e più l’apparente indecisionismo di papa Ratzinger acquista uno spessore che i teologi del post-Concilio avrebbero definito profetico.
Mentre nella Chiesa «ci si morde e ci si divora» (lo disse una volta lo stesso Papa, parlando ai seminaristi di Roma), lui non se ne occupa.
Parla d’altro. Nelle sue catechesi commoventi, il Papa antidivo racconta di san Francesco, di santa Teresina, di santa Giuseppina Bakhita, con parole che sono spunto di conforto per milioni e milioni di poveri cristi.
Senza nemmeno dirlo, suggerisce a tutti che è il Signore stesso a guidare la Sua Chiesa, e questo le permette di attraversare anche i disastri combinati dagli uomini di Chiesa, dalle loro battaglie culturali e dalle loro superbie da plenipotenziari, ben più nefasti dei presunti complotti laicisti.
Che Dio salvi Ratzinger dai ratzingeriani.

© Copyright Il Secolo d'Italia, 4 febbraio 2010

6 commenti:

mariateresa ha detto...

mi piace molto.Questo come eravamo applicato al Foglio e a Magister è reale. Devo dire che Vian sta sui zanetti anche dei conservatori americani, come Weigel ,perchè l'Osservatore Romano non ha tosato Obama.Ne hanno anche chiesto le dimissioni.Sì, mi sembra un articolo acuto.

Anonimo ha detto...

Che poi i ratzingheriani siano anche e soprattutto antifiniani può fornire una chiave di lettura a questo articolo. Mentre Vian ha avuto uno zio eroe della Resistenza, ormai ai nuovi eroi non si chiede più il pedigree. Basta vedere come Fini è stato accolto dalla Pelosi. Come si diceva una volta: timeo Danaos ....Eufemia

Anonimo ha detto...

a me pare che Paolo D'Andrea, pur dando l'idea di voler salvare il Papa, in realtà sia molto più velenoso di quello che sembri.

Anonimo ha detto...

Occorre ricostruire com'è nato il caso Boffo.La scorsa estate quando ormai Berlusconi sembrava spacciato, al Giornale è arrivato Feltri. Questi si è messo subito a fare il suo mestiere e insieme a Boffo aveva anche beccato Mauro per elusione fiscale e Fini per storie di sesso. Però solo Boffo ci ha rimesso le penne e con lui tutto il castello ruinianio è franato e di conseguenza la credibilità della Chiesa stessa. E una Chiesa meno autorevole non può che far comodo a tutta la classe politica, mentre i giornalisti hanno i compitini già svolti. Eufemia

luigic ha detto...

Ricordiamoci però tutte le cattiverie e nefandezze che scrive ogni gg il Secolo d'Italia e Fini sul cattolicesimo e sul S. Padre.
Timeo Danae dona ferentes.
AMDG
Luigi C

stefania db ha detto...

Non un commento, ma la preghiera di Teresa di Gesù (capitolo 13 della Vita)che sembra fatta apposta per il nostro Papa:
"Siate benedetto, o Signore, che mi avete fatta così inutile e incapace! Siate soprattutto benedetto perché suscitate tante anime che ci illuminano! Dovremmo pregare continuamente per chi ci illumina. Che faremmo noi senza di essi fra le grandi tempeste che oggi sconvolgono la Chiesa? Se alcuni si sono mostrati infedeli, non mancano i buoni che brillano di più viva luce. Si degni il Signore di sostenerli con la sua mano e di aiutarli affinché ci siano di aiuto! Amen"