mercoledì 10 febbraio 2010

Il Papa all'udienza generale parla di Sant'Antonio di Padova: un maestro che insegna a pregare, a essere sensibili ai poveri, ad amare il Crocifisso


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Il Papa: "Antonio, alla scuola di Francesco, mette sempre Cristo al centro della vita e del pensiero, dell’azione e della predicazione. È questo un altro tratto tipico della teologia francescana: il cristocentrismo. Volentieri essa contempla, e invita a contemplare, i misteri dell’umanità del Signore, in modo particolare, quello della Natività, che gli suscitano sentimenti di amore e di gratitudine verso la bontà divina" (Catechesi)

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Il Papa all'udienza generale parla di Sant'Antonio di Padova: un maestro che insegna a pregare, a essere sensibili ai poveri, ad amare il Crocifisso

La catechesi di Benedetto XVI all’udienza generale di questa mattina, in Aula Paolo VI, ha avuto per protagonista Antonio di Padova, contemporaneo di San Francesco e definito dal Papa “uno dei Santi più popolari in tutta la Chiesa cattolica”. Il Pontefice ne ha messo in risalto le straordinarie doti di predicatore, che gli valsero da Pio XII, nel 1946, il titolo di Dottore della Chiesa. Sull’esempio del Santo, Benedetto XVI ha invitato tra l’altro credenti e non credenti a vedere nel Crocifisso lo “specchio” della dignità umana e ad accogliere i poveri in terra perché saranno loro ad accoglierci in cielo. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Lisbona gli diede i natali in terra, Padova quelli in cielo. Tra questi poli geografici – divenuti nei secoli l’universale segno di distinzione del Santo – si racchiude la storia umana e spirituale di Antonio di Padova, uomo di tale “scienza” ed “eloquenza” cristiana da ricevere come incarico dai suoi superiori quello di dedicarsi in modo prevalente alla predicazione. Dai suoi scritti, ha osservato Benedetto XVI, emerge in modo così efficace “la freschezza e la bellezza del Vangelo” al punto che “ancora oggi”, a distanza di 800 anni, “li possiamo leggere con grande profitto spirituale”. Non solo. Antonio di Padova, che aveva voluto diventare Frate minore e che nel 1221 aveva personalmente conosciuto San Francesco nel celebre “Capitolo delle stuoie”, fu colui che – ha riconosciuto il Papa – “con le sue spiccate doti di intelligenza, di equilibrio, di zelo apostolico” contribuì “in modo significativo allo sviluppo della spiritualità francescana”. Ma anche un altro tratto fondamentale spicca nei suoi sermoni, quello di un grande “fervore mistico”:

“In questi Sermoni sant’Antonio parla della preghiera come di un rapporto di amore, che spinge l’uomo a colloquiare dolcemente con il Signore, creando una gioia ineffabile, che soavemente avvolge l’anima in orazione. Antonio ci ricorda che la preghiera ha bisogno di un’atmosfera di silenzio che non coincide con il distacco dal rumore esterno, ma è esperienza interiore, che mira a rimuovere le distrazioni provocate dalle preoccupazioni dell’anima, creando il silenzio nell’anima stessa”.

In questo “vero e proprio itinerario di vita cristiana”, che il futuro Santo propone con i suoi insegnamenti, la preghiera permette a Dio di “entrare nella sfera degli affetti, della volontà, del cuore” con i suoi “quattro indispensabili atteggiamenti”, che il Papa ha voluto sottolineare per i credenti di oggi:

“Aprire fiduciosamente il proprio cuore a Dio; questo è il primo passo del pregare, non semplicemente cogliere una parola, ma aprire il cuore alla presenza di Dio; poi colloquiare affettuosamente con Lui, vedendolo presente con me; e poi – cosa molto naturale - presentargli i nostri bisogni; infine lodarlo e ringraziarlo”.
Le ricadute concrete della preghiera si constatano nella vita sociale. Le città e i commerci che rifioriscono all’inizio del 13.mo secolo mostrano anche un aumento di persone che, ha ricordato Benedetto XVI, “erano insensibili alle necessità dei poveri”:

“Antonio più volte invita i fedeli a pensare alla vera ricchezza, quella del cuore, che rendendo buoni e misericordiosi, fa accumulare tesori per il Cielo (...) Non è forse questo, cari amici, un insegnamento molto importante anche oggi, quando la crisi finanziaria e i gravi squilibri economici impoveriscono non poche persone, e creano condizioni di miseria? Nella mia Enciclica Caritas in veritate ricordo: ‘L’economia ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento, non di un’etica qualsiasi, bensì di un’etica amica della persona’”.

Discepolo di San Francesco, Antonio fa di Cristo il centro della sua vocazione e del suo apostolato. Accanto a ciò, ha soggiunto Benedetto XVI, per Antonio è basilare la contemplazione del Crocifisso, così importante, ha sottolineato il Pontefice, anche per la nostra cultura contemporanea:

“La visione del Crocifisso ispira ad Antonio pensieri di riconoscenza verso Dio e di stima per la dignità della persona umana, così che tutti, credenti e non credenti, possano trovare nel Crocifisso e nella sua immagine un significato che arricchisce la vita (...). Così tutta la dignità umana appare nello specchio del Crocifisso e lo sguardo verso di Lui è sempre fonte del riconoscimento della dignità umana”.

Da un predicatore di eccellenza come Antonio di Padova a coloro che hanno oggi il compito di rendere “incisiva la comunicazione” dei capisaldi della fede. Benedetto XVI ha concluso la catechesi esortando il clero, nell’Anno Sacerdotale in corso, ad essere sollecito nel suo “ministero di annuncio e attualizzazione della Parola di Dio ai fedeli, soprattutto – ha detto – attraverso le omelie liturgiche”:
“Siano esse una presentazione efficace dell’eterna bellezza di Cristo, proprio come Antonio raccomandava: ‘Se predichi Gesù, egli scioglie i cuori duri; se lo invochi, addolcisci le amare tentazioni; se lo pensi, ti illumina il cuore; se lo leggi, egli ti sazia la mente’”.

Tra i saluti speciali rivolti ai gruppi in Aula Paolo VI – fra i quali quelli ai giovani dell’arcidiocesi di Brindisi-Ostuni, meta di una visita pastorale nel 2008, e ai rappresentanti del Comitato Regionale Lazio della Federazione Italiana Gioco Calcio, invitati “a vivere l’attività sportiva con serenità e gioia” e a promuovere “un sano agonismo – il Papa si è soffermato con i pellegrini croati su un anniversario caro al loro Paese e a tutta la Chiesa:

“Ujedno danas slavimo i spomendan...

Oggi celebriamo la memoria del Beato Luigi cardinale Stepinac, vescovo e martire, che ha sacrificato la sua vita cinquanta anni fa in testimonianza della fede. Custodite la memoria dei vostri martiri, e sul loro eroico esempio nell oggi della Chiesa siate ‘il sale della terra e la luce del mondo’”.

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2 commenti:

Don Paolo ha detto...

Bellissime le parole che il nostro amato Padre Santo ha dedicato oggi a sant'Antonio. Mi permetto di ricordare che dal 15 al 20, nella basilica di Padova, ci sarà la straordinaria ostensione del suo corpo (l'ultima è stata 29 anni fa)! A questo proposito vorrei offrirvi un articolo/riflessione di Bartoletti che ho trovato appropriata, misurata e interessante. Saluti a tutti.
Di Léon Bertoletti
L'ostensione delle spoglie di sant'Antonio, programmata a Padova dal 15 al 20 febbraio, rappresenta un'opportunità e al tempo stesso un rischio. Finora, comprensibilmente, si è riservato spazio soltanto alla prima. Ecco, dunque, alcune riflessioni sul secondo aspetto. Certo il cristianesimo è il divino che si è fatto umano, l'esaltazione della concretezza, l'affermazione del carnale: infatti il teologo Romano Guardini scriveva che non esiste religione più materialista. Non deve dunque stupire, tantomeno "schifare", l'esposizione di reliquie, la loro venerazione da parte dei fedeli, la pietà popolare. Anche coloro che appartengono (per formazione o carattere) maggiormente alla categoria degli spiritualisti e degli iconoclasti riconoscono il valore indubbio e profondo di questi gesti, la religiosità concreta di usanze e atteggiamenti che si tramandano nei secoli e colorano la storia della Chiesa. Ma sarebbe un errore accontentarsi di queste considerazioni. Sarebbe uno sbaglio perché – di fronte alla collocazione pubblica di cadaveri, ossa, resti venerandi – il credente prova anche sensazioni che urtano la sua sensibilità e avverte gravi pericoli. Il primo è quello della commercializzazione di un'occasione che dovrebbe concentrarsi soprattutto sul rinnovamento dei cuori. In questo contesto, l'insistenza di qualche addetto ai lavori riguardo ai numeri della partecipazione prevista, alla quantità delle affluenze, alimenta il dubbio che interessi più il successo dell'iniziativa, inteso come consenso delle folle, che la conversione delle anime. La prospettiva teologica cristiana (teologia di morte e di risurrezione) pone inoltre diversi e fondamentali interrogativi sul bisogno assoluto, avvertito da alcuni, di una venerazione fisica. Il problema è quello di scivolare in sconvenienti e inopportune forme di idolatria dei corpi; quindi, sul piano pastorale, di trasformare il cristianesimo in un sistema di riti magici o di pratiche superstiziose, in una specie di neopaganesimo popolato da divinità invece che in un avvenimento legato alla presenza di Cristo nella storia, in un incontro significativo con persone (come i santi) e fatti che rendono presente e attuale il mistero di Dio. La speranza devota è che l’ostensione antoniana si riveli prima e soprattutto evento di fede. Insomma, concretamente, che proponga file di pellegrini raccolti in preghiera più che orde di turisti stipati in basilica con il telefonino in mano, bramosi di immortalare un particolare macabro suggestivo per inviarlo agli amici o postarlo su Facebook.

euge ha detto...

Spero di sentirle questa sera, nella replica di telepace!!!!!!